Senza diploma quasi tre giovani siciliani su dieci - QdS

Senza diploma quasi tre giovani siciliani su dieci

Gaia Perniciaro

Senza diploma quasi tre giovani siciliani su dieci

giovedì 31 Maggio 2012

Più di un ragazzo su tre di età compresa tra 15 e 29 anni non studia, non lavorà né fa formazione. 2.879.145euro per un progetto biennale volto a contrastare la dispersione scolastica

PALERMO – Il 26% dei giovani siciliani tra i 18 e i 24 non ha conseguito il diploma e può considerarsi fuori da qualunque circuito educativo, in quanto non frequenta né un percorso scolastico, né un percorso di formazione professionale. Si tratta del dato più alto registrato a livello nazionale, dove la media dei giovani drop out è pari al 18,8%.
Il bilancio del sistema d’istruzione siciliano è stato tracciato dal Censis nell’ambito di Di.Sco.Bull: un progetto promosso dal Ministero dell’Interno, in accordo con il Ministero dell’Istruzione, con i fondi europei del Pon Sicurezza per lo Sviluppo nelle quattro regioni dell’Obiettivo convergenza (Puglia, Campania, Calabria e Sicilia).
L’abbandono scolastico in Sicilia costituisce un’emergenza non solo educativa, ma anche sociale. Gli interventi realizzati nella regione sono riusciti a contenere il fenomeno, ma non a ridurlo in modo drastico. Oggi ancora un giovane siciliano su quattro si ferma a livelli di scolarità medio-bassi, non trovando nel contesto socio-economico e culturale in cui vive gli stimoli necessari per proseguire gli studi.
Il dato siciliano è preoccupante, perché si inserisce in un contesto economico e occupazionale tra i più deboli del Paese. La Sicilia condivide con la Campania il triste primato della presenza di giovani Neet (not in education, employment or training), cioè di giovani che non studiano e non lavorano. Si tratta del 35,7% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni (in Campania si arriva al 35,2%). E il dato supera il 36% se si considera la sola componente femminile.
Oltre al problema dell’abbandono scolastico e delle basse competenze, c’è anche il bullismo. Una recente ricerca sugli studenti delle scuole superiori della provincia di Palermo evidenzia che quasi il 25% dei ragazzi è stato coinvolto in uno scontro fisico e che nel 35,4% dei casi lo scontro è avvenuto a scuola, mentre un altro 15,5% degli studenti ha subito danneggiamenti e furti di oggetti dentro la scuola.
All’interno di questo scenario si collocano le attività del progetto Di.Sco.Bull., grazie al quale nel corso dell’anno scolastico 2011-2012 sono stati allestiti, presso l’Istituto tecnico commerciale, geometri e turismo «Duca Abruzzi» di Palermo e l’Istituto comprensivo «Enrico Fermi» di San Giovanni La Punta (Ct), due centri che erogano servizi di ascolto e sostegno, recupero e aiuto allo studio, rivolti a studenti, famiglie, docenti, attraverso l’impiego di una équipe territoriale con competenze socio-psico-pedagogiche. Queste strutture, aperte al territorio, intendono operare in rete con enti e servizi esistenti, al fine di garantire la circolarità delle informazioni e l’ottimizzazione di risorse e opportunità.
“Il Budget complessivo del progetto – spiega Claudia Orlando (Viceprefetto, Direzione per i Diritti Civili, la Cittadinanza e le Minoranze, del Ministero dell’Interno) – è di € 2.879.145,60 per avviare una campagna di prevenzione e contrasto della durata di 2 anni (1 Aprile 2011 – 31 Marzo 2013) in 9 territori del Sud Italia”.
 


L’approfondimento. Progetto Di.Sco.Bull facciamo il punto
 
Attualmente i protagonisti del progetto Di.Sco.Bull hanno da poco effettuato il “giro di boa”. Effettuata una prima fase di analisi della dispersione scolastica e del bullismo e di ricerca pratica, adesso sono in fase di realizzazione gli interventi di prevenzione primaria e di recupero nelle scuole e nel territorio. Questa seconda fase prevede, tra l’altro, l’istituzione, presso ciascun centro scolastico, di un Centro d’Ascolto e sostegno e di un Centro di Aiuto allo studio e di recupero scolastico. All’interno dei Centri si svolgono attività di varia natura rivolte ai giovani, alle famiglie, ai doventi, agli operatori impegnati nel sociale. “La scelta di estendere il progetto alle Scuole Medie – dichiara Giuseppe Roma (Direttore Generale del Censis) – è stata fatta sulla base di dati abbastanza allarmanti che spesso denunciano un pessimo orientamento alla scelta degli studi superiori. Spesso il pregiudizio porta lo studente a scegliere un Liceo piuttosto che un Istituto Tecnico e ciò comporta al primo anno di liceo un alta media di bocciature o abbandono scolastico, per non parlare dell’inutile affollamento delle Università".

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