Il proctologo palermitano è autore di un metodo risolutivo e in grado di garantire al paziente una ripresa rapida
in collaborazione con ITALPRESS
PALERMO – È un siciliano, il proctologo Antonio Longo, ad aver ideato le tecniche più diffuse al mondo per curare la malattia emorroidaria. Si tratta di tecniche – già eseguite in oltre 20 milioni di interventi – non solo mini-invasive e indolori, ma soprattutto risolutive e in grado di garantire al paziente una rapida ripresa. A riconoscerlo il Nice, un importante organismo internazionale che confronta i dati chirurgici a livello mondiale.
“Per secoli – ha spiegato Longo, chirurgo ed esperto in Colon-proctologia e Patologie pelviche e direttore del Centro europeo di Colonproctologia e Patologie pelviche di Vienna – si è pensato che le emorroidi fossero come vene varicose che fuoriescono all’esterno perché si rompono i legamenti che li sostengono. Pertanto si è ritenuto indispensabile asportarle, con varie tecniche e diversi strumenti. Il risultato è sempre stato un intervento che comporta da venticinque a trenta giorni di forte dolore. Ho dimostrato inconfutabilmente, con studi anatomici e radiologici, che le emorroidi fuoriescono all’esterno perché spinte all’esterno da un prolasso rettale”.
Le emorroidi sono tre piccoli cuscinetti soffici posti dentro il canale anale e hanno la funzione di perfezionare la continenza evitando perdita di muco e feci liquide. Distendendosi permettono all’ano di dilatarsi durante l’evacuazione: preservare le emorroidi è quindi un vantaggio funzionale importante. La malattia emorroidaria si verifica quando le emorroidi fuoriescono all’esterno, ovvero prolassano. Inizialmente rientrano spontaneamente dopo l’evacuazione, mentre nello stadio più avanzato della patologia non rientrano più. I sintomi più frequenti sono il sanguinamento, l’ano umido, dermatite e prurito. Il sanguinamento anale, però, può essere dovuto a tante altre patologie – ragade, ulcera solitaria, proctite e altre patologie molto più gravi – quindi è sempre utile una visita. Il dolore è sempre causato da episodi di trombosi.
“È il retto – ha sottolineato l’esperto – che per prima prolassa e poi spinge le emorroidi all’esterno. Il prolasso rettale è anche la causa di stitichezza. Il retto prolassando occlude il canale anale impedendo la defecazione, facendole ristagnare nell’intestino causando meteorismo e distensione addominale. Nella donna, inoltre, il prolasso rettale si dilata formando una sacca, detta rettocele, che spinge la vagina in avanti. La stipsi induce i pazienti ad aiutarsi digitalmente per evacuare, a praticare clisteri e, cosa peggiore, ad assumere lassativi costantemente, ignari che l’abuso causa seri problemi: perdita di elettroliti, disidratazione e melanosi”.
Il prolasso interno del retto è dunque la causa del prolasso emorroidario e della ostruzione fecale. Solo in una bassa percentuale di casi il prolasso rettale spinge all’esterno le emorroidi, mentre più spesso causa solo stitichezza. “Se il prolasso interno del retto è la causa del prolasso emorroidario e della stitichezza – ha sottolineato ancora Longo – basta intervenire sul primo per curare emorroidi e stitichezza”.
Per effettuare questi interventi in maniera mini-invasiva, senza perdite di sangue, senza necessità di medicazioni, Longo ha ideato due strumenti, “costruiti in America dalla Johnson & Johnson, chiamati Pph e Transtar: il primo da utilizzare per prolassi modesti, il secondo per prolassi maggiori”. Le tecniche, denominate Prolassectomia con Stapler e Starr, sono conosciute nella letteratura scientifica come “Tecniche di Longo” (illustrate sul sito www.drantoniolongo.it).
“Sono interventi indolori – ha concluso il proctologo che, in Italia, oltre a Milano e Roma, visita anche a Palermo- perché la sutura è all’interno del retto, dove non ci sono recettori per il dolore. Non richiede anestesia generale ed è sufficiente una notte di ricovero. Per queste caratteristiche l’intervento è praticato in tutto il mondo con ottimi risultati”.