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Bancarotta, cinque persone arrestate dalla Finanza a Siracusa

redazione web

Bancarotta, cinque persone arrestate dalla Finanza a Siracusa

mercoledì 03 Giugno 2020

Secondo le indagini coordinate dalla Procura aretusea, una società del settore rifiuti della famiglia Quercioli Dessena, pilotava fallimenti. Due obblighi di dimora, quattordici gli indagati, sequestri per cinquantasei milioni

Cinque persone sono finite agli arresti domiciliari e a due è stato notificato l’obbligo di dimora in un’operazione condotta dalla Guardia di finanza di Siracusa.

Altre sette persone sono state raggiunte da provvedimenti interdittivi.

Ai quattordici indagati sono stati sequestrati, per equivalente, circa undici milioni di euro e una società di raccolta e smaltimento rifiuti, la Igm, che lavora per vari Comuni, tra i quali Siracusa e che ha un valore stimato in oltre quarantacinque milioni di euro.

I debiti con lo Sato ammontano a circa centotrenta milioni di euro.

L’indagine – coordinata dal procuratore di Siracusa Sabrina Gambino e dai sostituti Salvatore Grillo e Vincenzo Nitti – ha portato alla luce reati di bancarotta fraudolenta per opera di tre società riconducibili a un gruppo imprenditoriale di carattere familiare.

Sono ai domiciliari Giulio Dessena Quercioli, Alberto Giardina, Antonio Antonuccio, Cesare Quercioli Dessena, e Pietro Luigi Galimberti.

L’obbligo di dimora riguarda Diego Quercioli Dessena e Antonio Quercioli Dessena.

Tra gli indagati ci sono Alessandro Quercioli Dessena, Caterina Quercioli Dessena, Giuseppe Cassone, Aldo Spataro, Iole Rivelli, Giuseppa Oddo e Giovanni Confalone.

Il provvedimento chiude una complessa indagine su un presunto caso di bancarotta fraudolenta commessa da alcune società riconducibili al gruppo imprenditoriale siracusano. Le frodi hanno anche portato al fallimento di 3 società, la Gestioni patrimoniali srl, la So.Si.Se. srl e la Cg Ambiente srl.

Alcune aziende subentravano negli appalti dopo che la società aggiudicataria, improvvisamente, veniva pilotata verso uno stato di fallimento.

Si scopriva così che tutte le entità costituivano un vero e proprio sistema di “scatole vuote” che, in modo programmato, ha assorbito, non onorandolo, il carico fiscale e contributivo dell’attività.

Tutto questo grazie alla compiacenza di persone con precisi ruoli e di uno staff tecnico formato da commercialist, prestanome, tra cui un avvocato, stipendiati dal gruppo.

Le società di gestione dei rifiuti mantenevano, nel corso del tempo, una stessa denominazione, al fine di far apparire che il servizio venisse svolto da un’unica impresa.

In realtà, quando l’esposizione debitoria di una delle aziende diventava insostenibile, l’impresa produttiva era trasferita (mediante contratti di affitto, cessione di azienda o scissione) a un’altra società del gruppo, sino a quel momento rimasta inattiva.

Le società svuotate, oberate di debiti e private degli asset produttivi, erano quindi avviate, con la compiacenza di prestanome, alla liquidazione e/o cancellazione, con insolvenza dei debiti erariali.

Nel corso delle indagini è stata individuata una società priva di dipendenti, finanziata con il denaro delle imprese del gruppo confluito nella realizzazione di una pregevole villa a uso esclusivo dell’esponente di spicco della famiglia.
Grazie al meccanismo di compensazione dei crediti Iva della società, per l’immobile non sono stati mai versati i tributi quali l’Imu e, tra i costi di esercizio, risultavano anche annotati acquisti di champagne e altri beni.

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