Da diverse ore circola la notizia di un’operazione violenta della polizia di Catania nel quartiere di San Berillo ai danni delle sex workers. Alcune lavoratrici del sesso sarebbero state duramente percosse da più militari che avrebbero perquisito – senza alcun mandato – delle abitazioni private e sequestrato dei telefoni cellulari. Secondo quanto diffuso sul web, si tratterebbe di una delle tante incursioni gratuite e violente delle forze dell’ordine. Ma una fonte autorevole informata sui fatti racconta una verità diversa sul pomeriggio dello scorso 18 marzo.
LA DENUNCIA DELLO SPORTELLO SOCIALE SAN BERILLO
“Abbiamo assistito a una dimostrazione di spropositata e gratuita violenza poliziesca. E questo nonostante da mesi, oramai, il quartiere, colpevole di ospitare comunità di migranti e lavoratrici sessuali, è soggetto a quotidiane incursioni delle forze dell’ordine. Ma se di solito questo accanimento viene esercitato con l’intimidazione che chi veste una divisa può agevolmente esercitare nei confronti di soggettività e individui che la nostra società spinge ai margini, stavolta le forze dell’ordine hanno voluto mostrare i muscoli – si legge in un comunicato dello Sportello Sociale San Berillo -. Sono stati violentemente picchiati gli abitanti del quartiere, colpevoli di avere osato riprendere col cellulare l’operato delle forze dell’ordine. In particolare, si è assistito a tre poliziotti sul corpo di una donna trans e la madre che disperata tentava di filmare quello che vedeva non potendo fare altro. Alcune lavoratrici del quartiere sono state buttate a terra e percosse coi manganelli da numerosi poliziotti contemporaneamente. È solo un miracolo che nessuna sia rimasta gravemente ferita.
Ma questo, evidentemente, non è bastato alle squadre di polizia che, per cancellare le prove di quanto appena fatto, hanno cominciato a fare irruzione e a perquisire, senza alcun mandato, la casa di una lavoratrice sessuale, all’interno della quale hanno continuato a picchiare chiudendo le imposte che davano sul balcone di fronte da cui si sarebbe potuto vedere. Inoltre venivano tradotti in questura anche i semplici passanti sequestrandogli i cellulari. Abbiamo assistito a una sospensione dei diritti gravissima che in realtà nei quartieri dove sono presenti soggettività poste ai margini per provenienza, genere, classe, accade più spesso di quanto noi possiamo immaginare”.
LA VERITÀ DI UNA FONTE INFORMATA SUI FATTI
Secondo la nostra fonte le ragioni della colluttazione sarebbero diverse. Dei poliziotti sarebbero soliti recarsi sul posto per colloquiare con una prostituta. Ed è quello che avrebbero fatto pure nel pomeriggio del 18 marzo.
Una seconda prostituta si sarebbe mostrata infastidita dal fatto e avrebbe ripreso con il suo cellulare il colloquio in corso. I militari l’avrebbero più volte invitata – senza successo – a cancellare dal suo telefonino il video registrato senza autorizzazione e probabilmente già condiviso con terzi soggetti. Da ciò ne sarebbe nato un diverbio presto sfociato in atroce violenza.
“Se l’aggressività è comunque da condannare – continua la persona informata sui fatti – la polizia non può diventare il capro espiatorio del male. È bene sottolineare come la stessa non abbia avuto alcun atteggiamento violento nei confronti delle sex workers da molti anni a questa parte e che, anche nel passato recente, sia intervenuta soltanto nei confronti di alcuni gambiani che spacciano, rubano ed esercitano violenze a danno delle stesse prostitute. Quanto accaduto è da circoscriversi unicamente al caso specifico e non generalizzato all’intero comparto dei lavoratori/lavoratrici del sesso di San Berillo”.
SAN BERILLO, SANGUE SULL’ASFALTO DOPO LE RISSE NOTTURNE
Nel quartiere di San Berillo, da sempre identificato come “zona a luci rosse”, il problema non sarebbe la prostituzione. Quanto piuttosto l’aggressività di alcuni abitanti che – inclini all’alcol, allo spaccio e al consumo di droghe – disturberebbero in primis le lavoratrici del sesso e i passanti. Tanto che non sarebbe raro, al mattino, trovare del sangue sull’asfalto che possa raccontare le risse notturne.
LA DENUNCIA DELLE LAVORATRICI DEL SESSO
Esisterebbe addirittura una lettera/denuncia al sindaco protocollata da cinque diverse istituzioni – risalente alla primavera dello scorso anno – in cui i sex workers avrebbero chiesto di essere difesi e aiutati in un contesto di invivibile inciviltà. E da allora, ancor più di prima, le forze dell’ordine si sarebbero recate più volte sul posto per difendere le operatrici del sesso dagli incidenti di sorta, comportandosi più da “assistenti sociali” che da militari.
Un profilo differente dunque da quello filtrato, in queste ultime ore, da associazioni e diversi account su Facebook. Quanto accaduto non sarebbe frutto di una “violenza gratuita e immotivata” – o addirittura omofoba, nel caso della trans percossa – dei militari nei confronti delle operatrici sessuali, bensì una reazione – più o meno ammissibile, e questo andrà chiarito – davanti a uno scenario inaspettato. Almeno secondo la testimonianza da noi raccolta.
Certo è che dell’esigenza di riqualificazione di San Berillo si parla ormai dagli anni ’50, quando 30 mila sanberilloti furono “deportati” nel quartiere di San Leone per consentire all’amministrazione di realizzare il suo “piano di risanamento”, un progetto mai realizzato. E ancora oggi resta il problema del suo dregado a cui nessuna amministrazione riesce a porre rimedio, facendo sì che nemmeno “gli ultimi” possano trovarvi dignitoso rifugio.

