Sisto, sottosegretario alla Giustizia: “Ripristinato l’art. 27 Costituzione”. Legge 53/’21 recepisce direttiva Ue 343/’16: dal Cdm ok al Dlgs
ROMA – Sembra sia definitivamente concluso in Italia il tempo dei processi mediatici. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato il decreto legislativo “figlio” della legge n. 53/2021 che a sua volta recepisce la direttiva Ue 343/2016 sulla presunzione d’innocenza: un testo che impone pesanti restrizioni alla comunicazione delle autorità giudiziarie.
Il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (Fi) parla di una straordinaria occasione per ripristinare la vigenza dell’articolo 27 della nostra Costituzione, che prevede che il cittadino non è considerato colpevole fino alla sentenza definitiva di condanna.
Lo schema di decreto – varato lo scorso agosto da palazzo Chigi in attuazione della legge di delegazione europea – ha ricevuto ora il parere positivo delle commissioni Giustizia di Camera e Senato e, mercoledì, anche quello del Csm (con l’opposizione dei soli consiglieri Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita). “Abbiamo avuto tanti casi di processi che si sono aperti o chiusi solo in virtù di una pressione mediatica notevole – ha detto il sottosegretario Sisto -. Nel nostro Paese c’è un processo mediatico che fa malissimo, perché è senza garanzie, senza difese”. E specifica che non si tratta di non dare più le notizie, ma di darle nel modo costituzionalmente consentito. “La gogna mediatica e giudiziaria finora l’ha fatta da padrone – ha aggiunto il sottosegretario – distruggendo famiglie, persone, rapporti familiari e personali, per una sorta di ossessione di offrire alla stampa delle notizie che portano ad una condanna mediatica senza appello”.
Il provvedimento prevede che il procuratore della Repubblica può comunicare con comunicati stampa e per i casi di specifico interesse pubblico con conferenza stampa, ma in questo caso dovrà dare comunicazione del provvedimento motivato anche al procuratore generale. Questo vale anche per la polizia giudiziaria, che dovrà essere autorizzata dal procuratore della Repubblica per la conferenza stampa.
“La comunicazione per conferenza stampa anziché per comunicato stampa andrà motivata, si dovrà trattare necessariamente di una notizia di interesse pubblico. L’interesse pubblico è legato al fatto-reato – ha concluso Sisto – più che all’importanza del soggetto coinvolto”. Insomma, una parola di troppo in un’intervista darà diritto all’indagato/imputato di pretendere una pubblica ammenda del magistrato sullo stesso quotidiano.
E se il danneggiato non è soddisfatto della rettifica, lo stesso potrà rivolgersi al giudice civile per ottenere la pubblicazione con provvedimento d’urgenza. Su tutte queste norme dovrà vigilare il procuratore generale presso la Corte d’Appello, inviando una relazione “almeno annuale” alla Corte di Cassazione che potrà costituire base per procedimenti disciplinari.
Soddisfatta anche Italia Viva che da tempo sosteneva la necessità di sanzionare la fuga di notizie dalla procura. “Si tratta di norme che l’Europa ci chiedeva di adottare da cinque anni – ha detto Catello Vitiello di I.V. – i processi penali devono tornare ad essere celebrati solo nei tribunali e si scongiuri la gogna mediatica nei confronti di cittadini non ancora giudicati”.