Confidi. Un sistema che non decolla.
Immobilismo. La Regione ha praticamente ignorato la legge 11 del 2005 che stabiliva una copertura finanziaria per gli interessi stabiliti dalle banche nell’effettuare prestiti alle imprese.
Marginalità. I Confidi non sono dislocati omogeneamente sul territorio: solo a Palermo, Ragusa e Catania le imprese possono contare su questo strumento in maniera adeguata.
PALERMO – Confidi, sulla carta strumenti di appoggio alle imprese, concretamente della scatole vuote o quasi.
In Sicilia trovano riscontro in tre sole province, per il resto questo sistema davvero non riesce decollare. Le colpe? Sono un po’ da spartire. Soprattutto il dito è da puntare sulla Regione che non riesce ancora oggi a garantire supporti legislativi validi. Ha ignorato la legge 11 del 2005, che stabiliva una copertura finanziaria per le varie pratiche per l’abbattimento degli interessi stabiliti dalle banche nell’effettuare i prestiti alle imprese.
Questo “vuoto” ha creato una voragine che proprio in questi giorni è stata stimata dalla Regione che ha deciso di sbloccare i primi pagamenti per gli anni che vanno dal 2003 al 2006: “Sono state accumulate grosso modo – dice Bartolino Virruso, dirigente generale ad interim del Servizio credito dell’assessorato regionale alla Cooperazione – 260 mila pratiche per un ammontare di 36 milioni di euro”.
Circa 5.000 per ogni Confidi (sono 13 in tutta la Sicilia quelli che ricevono contributi dalla Regione). Numeri stratosferici che evidenziano ancora una volta l’inefficienza della pubblica amministrazione siciliana nel garantire in tempi rapidi e certi gli stanziamenti economici alle imprese.
“I Confidi non funzionano? Siamo sempre alla solita storia – denuncia il presidente regionale di Unifidi, Vito D’Amico – che è legata alla macchina burocratica. La Regione deve ancora stanziare i soldi con arretrati anche di 8 anni. Gli imprenditori quindi sono stati costretti a sborsare tutti i soldi dei tassi di interesse e, a distanza di tanto tempo, non hanno visto il becco di un quattrino”.
Accanto a questa inefficienza della Pa si accosta anche l’operatività degli stessi Confidi che non sono omogeneamente dislocati sul territorio: succede così che si provoca un vero e proprio scompenso tra territori in cui discretamente si può contare su queste strutture, ed altri dove invece non si vede per niente, o quasi, l’ombra di un solo finanziamento agevolato erogato. Almeno questo dicono i numeri che sono stati resi noti da Srm, la società di Studi e ricerche del Mezzogiorno, che hanno messo in evidenza la marginalità di azione di moltissimi Confidi nell’Isola. Emerge che solo in tre province, Palermo, Ragusa e Catania, le imprese in difficoltà possono contare su questo strumento in numero discreto. In pratica stiamo parlando di un bacino di 2 milioni e mezzo di abitanti. Il problema è che altrettanti restano invece quasi totalmente fuori dai giochi: le province di Trapani, Enna, Messina, Siracusa, Agrigento e Caltanissetta in pratica contano soltanto su garanzie di prestiti alle imprese che rappresentano il 14 per cento del totale regionale. Il restante (si fa per dire!) 86 per cento è spartito tra le province di Palermo, Catania e Ragusa. Un’evidente sperequazione che mette in risalto come oggi in Sicilia il sistema non funzioni.
Il fatto che poi questo strumento funzioni in alcuni territori mette ancora di più in evidenza la lacuna siciliana perché c’è la consapevolezza che probabilmente, con un servizio più capillare e diffuso, la crisi si potrebbe anche contrastare. I numeri però parlano chiaro: si va da una Palermo che scoppia di salute e che conta ben il 18 per cento di Confidi presenti sul territorio ed eroga il 44 per cento del totale delle garanzie su base regionale. Si sprofonda però ben presto nel più totale pessimismo quando invece si vedono ben 6 province che oscillano tra il 5 ed appena l’1 per cento. Messina il “picco” tra le povere, Trapani e Siracusa fanalino di coda con appena l’1 per cento di garanzie erogate sul totale siciliano. In pratica come se non esistessero. Lo strumento c’è ma deve essere sfruttato e reso capillare in tutto il territorio.
“La recente crisi finanziaria, la conseguente stretta creditizia e il mutato contesto normativo in materia garantistica, – dice Toti Sacco, che ha curato la ricerca di Srm – stanno sempre più mettendo in risalto il ruolo che i confidi possono giocare all’interno del processo di accesso al credito specie in quei sistemi economici, come la Sicilia, in cui c’è una forte asimmetria informativa tra i soggetti che erogano crediti ed i relativi utilizzatori”.