Le concessioni gratis sono anche in Valle d’Aosta, Sardegna, Puglia, Calabria e Basilicata. Rapporto di Legambiente: nell’Isola nemmeno la tassa per le pietre ornamentali
PALERMO – Passano i governi e gli uomini, ma alcune regalie non sembrano mai diventare demodé. Da diversi anni Legambiente sottolinea puntualmente l’atipica situazione del “sistema cave” siciliano, un settore d’eccellenza dell’economia isolana che frutta grandi somme ai cavatori, che continuano a scavare gratis. Il fatturato annuo dell’intera filiera, che comprende quindi produzione e lavorazione, si aggira intorno a 200 milioni di euro, con 1200 imprese e 4mila addetti, secondo i dati del Distretto Regionale dei Lapidei di Pregio.
In tutta la penisola sono appena cinque le regioni generose oltre la Sicilia, cioè la Valle d’Aosta, la Sardegna, la Calabria, la Basilicata e la Puglia. L’isola munifica permette inoltre che si estraggano gratis non solo materiali non di pregio come la sabbia, la ghiaia, la torba e l’argilla, ma persino le pietre ornamentali. Ad esempio il polo di Trapani, nota realtà del marmo italiano, rappresenta il 15,7% della produzione nazionale, il 2,7% di quella regionale, e può vantare un fatturato medio all’anno per azienda di 700 mila euro, secondo i dati dello Sportello Regionale per l’Internazionalizzazione.
In Italia complessivamente le Regioni incassano dal canone circa 53 milioni di euro, e di questi un drammatico 0 viene assegnato alla Sicilia, mentre 10 milioni di euro vanno alla Lombardia, 5 milioni alla Toscana, 6 milioni all’Emilia – Romagna, nonostante la quantità di inerti estratti non sia sempre superiore a quella dell’isola.
Secondo i calcoli di Legambiente basterebbe utilizzare il canone dell’Abruzzo per ottenere in Sicilia circa 2 milioni di euro annui. Ma se i dividendi della Regione restano a secco mentre continuano le operazioni di scavo, nonostante sia ancora assente una regolamentazione complessiva che dovrebbe essere contenuta nel Piano cave. Proprio dal punto di vista legislativo il tema cave in Sicilia ha passato a Palazzo dei Normanni un periodo alquanto burrascoso dopo l’approvazione delle legge proroga sulle cave dello scorso dicembre e la successiva impugnazione da parte del Commissario dello Stato, anche perché veniva sottratto l’esercizio dell’attività estrattiva alla procedura del Via, dando sostanzialmente via libera allo sventramento del territorio. Tuttavia la soddisfazione ambientalista per lo stop non ha potuto sottovalutare la necessità di un riordino generale del sistema, vista l’urgenza di una normativa precisa in materia che permetta alle imprese di continuare a lavorare, ma anche alla Regione di fare cassa data la beneficienza concessa negli ultimi decenni.
Intanto lo scorso 29 aprile il Corpo regionale delle miniere e il Consiglio regionale delle miniere, dopo un attesa lunga 28
anni, cioè dalla legge regionale numero 127 del 1980 che fissava l’entrata in vigore del piano per l’anno successivo, hanno elaborato la proposta per i piani regionali da materiali da cava e dei materiali lapidei di pregio da presentare all’assessorato all’industria.
In questo modo saranno definiti gli obiettivi di base della programmazione e soprattutto per le aree da escludere all’attività estrattiva, che finora in Sicilia non sono state definite perché da contemplarsi in questa sorta di piano regolatore delle miniere.