Garantire la qualità con il Made in Italy - QdS

Garantire la qualità con il Made in Italy

Garantire la qualità con il Made in Italy

sabato 16 Maggio 2009

Forum con Mario Boselli, presidente Camera nazionale della Moda

Quale è la vostra funzione e a chi vi rivolgete?
“Camera Nazionale della Moda Italiana significa 50 anni di Storia della Moda Italiana e di successo nel mondo. Ricordiamo che l’avventura della  Moda Italiana inizia a Firenze negli anni ‘50 con le prime sfilate di creatori di alta Moda e nel 1953, su iniziativa di Giorgini, la Moda Italiana sfila per la prima volta nella Sala Bianca di Palazzo Pitti. L’evento segna l’ufficializzazione del passaggio dalla fase artigianale a quella industriale della Moda Italiana, che poi successivamente darà vita al prêt-à-porter che farà la fortuna del Made in Italy. Nel 1958 a Roma viene fondata la Camera Sindacale della Moda Italiana che nel 1962 viene ribattezzata Camera Nazionale della Moda Italiana. Il prêt-à-porter alto, quello degli stilisti, è nato poco prima della Cnmi, il 12 febbraio 1951. L’Istituzione rappresenta i più alti valori della Moda e dello stile italiano e si propone di tutelarne, coordinarne, diffonderne, controllarne, potenziarne l’eccellenza e l’immagine sia in Italia sia all’estero. Cnmi è un’associazione senza scopo di lucro, con sede a Milano, che rappresenta oltre 200 aziende moda italiane top nei diversi ambiti: pret-à-porter, alta moda, tessile, accessori, pelletteria, calzature, servizi e distribuzione. Rappresentiamo il triangolo alto della Moda e siamo riusciti a dare nel tempo maggiore credibilità al mondo della moda italiana soprattutto a livello Internazionale. Tra gli Associati ci sono brands come Missoni, Gucci, Salvatore Ferragamo, Prada, Versace, Valentino, Ferrè, Emilio Pucci, Fendi, Roberto Cavalli, Laura Biagiotti, Trussardi, John Richmond. L’appartenenza a Cnmi oltre a essere sinonimo di prestigio e a potenziare la visibilità del brand, permette di usufruire di servizi a condizioni vantaggiose e consente di essere coinvolti in tutti gli eventi e le attività istituzionali.
“Sono tre i punti principali del nostro intervento: rappresentanza Istituzionale importante a livello internazionale, iniziata nel 1990 con l’accordo con la camera della moda Francese e da ultimo a Marzo 2009 con l’accordo con la camera della moda spagnola; forte  presidio nelle attività della gestione ordinaria con ben nove eventi distribuiti nel corso dell’anno; progetti speciali nell’ambito del Fashion Incubator e New Upcoming designers per agevolare i giovani stilisti. Usiamo le risorse degli associati e li mettiamo a disposizione del sistema dei marchi giovani che hanno bisogno di crescere”.

Come valuta cambierà il mercato della moda dopo questa crisi e da dove inizierà la ripresa?
“Prima di tutto è difficile capire come possa essere così grave e repentina e di conseguenza è di difficile interpretazione. Non siamo in grado di pronunciarci in modo preciso sull’andamento ulteriore della crisi perchè stiamo ancora vivendo un momento di grande incertezza, ma possiamo tentare di immaginare il suo decorso. Non sarà a “V” (rapida caduta e rapida ripresa) né a “L” (rapida discesa e una lunga fase di stagnazione sui livelli ai quali siamo caduti). La più probabile soluzione della crisi sarà quella caratterizzata da una “U” asimmetrica nel senso che la caduta dovrebbe potersi attestare sulle attuali basi e vedere qualche modesto segnale di ripresa già a cavallo delle ferie estive che potrebbe poi consolidarsi lentamente per tornare in tempi medi (2/3 anni?) ai livelli pre-crisi. La situazione che stiamo vivendo, come macro settore, è sicuramente negativa, ma meno di altri comparti dell’economia. All’interno del sistema vi sono grandi differenze soprattutto tra il tessile a monte (in particolare per i filati ove si manifesta la maggior sofferenza per passare ai tessuti e alla nobilitazione) ed il prodotto finito a valle (abiti ed accessori) che soffre in misura minore”.

Il “Made in Italy” è attaccato da più parti, come pensa si dovrebbe rispondere?
“Bisogna tornare alle origini. è necessario avere una nuova diversa etica verso il consumatore per ristabilire un rapporto di fiducia e tornare a basarsi su valori che hanno fatto crescere e portato al successo il Made in Italy.
Certe produzioni, realizzate in paesi extra europei (soprattutto in Cina) poco dichiarate come “origine”, ma poi vendute a prezzi europei come se fossero vero ‘Made in Italy’, non vengono più accettate da un consumatore sempre più attento, che non ammette più certe “furbe” scorciatoie e che reagisce finendo così per acquistare dalle grandi superfici specializzate. Tale reazione si motiva con un ‘Cinese per cinese…tanto vale!!!’
Mi riferisco alla inderogabile esigenza di declinare concretamente quel ‘Bello e ben fatto’ che è stato ed è il nostro vanto. Il “Bello”, grazie al tessile di eccellenza e alla bravura degli stilisti, non è facile da ottenere ma è ancora a portata di mano ed il ‘Ben Fatto’ per essere tale, oltre all’aspetto materiale, deve essere realizzato qui in Italia o vicino, nella zona pan-euro-mediterranea per certe produzioni più competitive.In questo modo saremo anche più vicini al mercato in grado di servire e stimolare di più i nostri consumatori. Negli accordi internazionali, con le altre camere della Moda, questo tema vuole raggiungere  una visione comune sul futuro dell’attività dei rispettivi sistemi tessile-abbigliamento moda ma soprattutto vuole sostenere in sede comunitaria l’adozione delle norme sulla obbligatorietà del marchio di origine per tutte le provenienze extra CEE (opzione 2 CEE) ed operare congiuntamente nella lotta alla contraffazione e per la difesa della proprietà intellettuale ed industriale”

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