Quando il popolo italiano votò per il primo referendum nel 1946 per scegliere tra Monarchia e Repubblica indicò chiaramente la via utilizzando uno strumento di democrazia partecipativa di grande incisività e valore.
Molte altre volte, per l’esattezza ventuno, gli italiani l’hanno utilizzato per temi che ne hanno di conseguenza modificato la vita: dall’aborto del 1981, ai tagli alla scala mobile del 1985, alla responsabilità civile dei giudici e al blocco nella realizzazione delle centrali nucleari del 1987. E così via, solo per citarne alcuni fino al 2020 con cui è stata confermata la riduzione dei parlamentari.
Domenica saremo chiamati a votare ancora una volta per il referendum sui cinque quesiti sulla Giustizia, di cui si è detto e scritto sempre troppo poco e soltanto negli ultimi giorni. Come se fosse poco rilevante votare di fronte a temi quali pandemia e guerra, come se i problemi economici e sociali del Paese fossero l’unica cosa che conta davvero. Ed è così, conta davvero, ma conta altrettanto ricordare che il Referendum è lo strumento attraverso cui direttamente il popolo italiano può esprimersi senza mediazioni, semplicemente, con un sì oppure con un no, purché si raggiunga il quorum, cioè 25.766.598 elettori su oltre 51 milioni di elettori compresi i residenti all’estero. Ci auguriamo quindi che i quasi 26 milioni di italiani trovino un quarto d’ora per andare alle urne domenica.
In fondo basta poco della propria giornata per esercitare un diritto che se non ci fosse si dovrebbe inventare per la lungimiranza e la modernità della natura.
E’ un gesto che non costa niente, mentre invece al Paese, quindi agli italiani, costa milioni di euro indire un referendum.
Scelgo di non entrare nel merito dei quesiti poiché ne abbiamo ampiamente scritto sulle pagine del QdS, dunque rinvio ad esse.
Pur comprendendo le ragioni dei più che non si sentono rappresentati dalla Politica qualunque sia il partito, pur conoscendo lo scollamento graduale costante e continuo che sta determinando una frattura irreversibile tra il Parlamento e gli elettori, pur consapevole che tanto più si avvicina la scadenza elettorale tanto più l’elettorato si trasforma magicamente nell’elemento centrale dei talk show e dei confronti politici diventando interessante ed importante per ogni politico che sia tale, ciononostante ognuno deve contribuire al cambiamento anche fosse con un voto di protesta.
Ammetto che anche il mio sarà un voto di protesta perché l’Italia merita di meglio, il Meridione e la Sicilia meritano di avere le stesse opportunità del Nord, Alta velocità, Ponte sullo stretto, autostrade, porti, solo per citarne alcune. “L’Italia vista da Sud” è la nuova iniziativa editoriale che il QdS ha lanciato. E se la Sicilia, fosse, capovolgendo il Paese, la Lombardia? Diverso punto di vista, diversa prospettiva.
Votiamo domenica, un gesto che costa poco, ma può dire tanto.