Rita Atria, 30 anni fa la morte della "picciridda" dell'antimafia

Rita Atria, 30 anni fa la morte della “picciridda” dell’antimafia

Rita Atria, 30 anni fa la morte della “picciridda” dell’antimafia

Marianna Strano  |
martedì 26 Luglio 2022

Oggi è ancora il giorno del ricordo. Il coraggio, l'insegnamento e la storia di Rita Atria, morta pochi giorni dopo la strage di via d'Amelio a soli 17 anni.

Molti la definiscono la settima vittima della strage di via d’Amelio, altri non sanno nemmeno chi sia ma in realtà la sua storia occupa un posto speciale nella lotta contro la mafia: si tratta di Rita Atria. Oggi è il 30esimo anniversario della sua morte.

Era il 26 luglio 1992, pochi dopo la strage che aveva ucciso Paolo Borsellino e 5 agenti della scorta. Rita aveva solo 17 anni quando morì dopo un volo dal settimo piano di una palazzina di viale Amelia a Roma, dove viveva in segreto dopo essere diventata testimone di giustizia. Un suicidio, per gli inquirenti.

Nel 2022, 30 anni dopo, le incongruenze su quel caso non mancano e per molti ci potrebbe essere qualcosa di ancora più oscuro dietro la morte della “picciridda”. Nadia Furnari, Graziella Proto e Giovanna Cucè hanno recentemente presentato il libro “Io sono Rita, un tentativo di ricostruire una pagina importante della storia italiana. Una pagina spesso dimenticata, una storia “scomoda” per certi versi.

Chi era Rita Atria?

Nata il 4 settembre 1974 a Partanna (Trapani), Rita Atria era figlia di Vito Atria. Sin da piccola, ha conosciuto l’orrore della mafia: il padre e il fratello Nicola, infatti, erano vicini a Cosa Nostra e quella vicinanza alla criminalità organizzata è costata la vita a entrambi, rispettivamente nel 1985 e nel 1991.

Perdite dolorose, che convinsero la giovane ma determinata Rita a collaborare con la giustizia. Il suo sogno era una vita libera da quella mafia che aveva distrutto la sua infanzia felice e che uccideva, giorno dopo giorno, la sua amata Sicilia. Rita Atria non era una pentita, non aveva mai avuto a che fare con la mafia: era solo nata nel contesto peggiore e aveva deciso di fare qualcosa per cambiare le cose.

Le sue rivelazioni sulle dinamiche mafiose a Partanna vennero raccolte in prima persona da Paolo Borsellino. Per la giovane testimone di giustizia, il magistrato divenne come un padre e un confidente e il sostituto di quella parte della famiglia che l’aveva abbandonata per il suo “no” alla mafia.

Il sogno di Rita Atria, trasferitasi a Roma per vivervi in segreto dopo le sue importanti confessioni, è stato distrutto in un momento ben specifico: il giorno della strage di via d’Amelio. Negli ultimi giorni di vita, nel cuore della “picciridda” dell’antimafia c’erano il dolore, la solitudine, il disprezzo per la mafia…

“La mafia siamo noi”

Prima di abbandonare il mondo terreno, pochi giorni dopo il suo “amato” Borsellino, la 17enne ha lasciato al mondo la sua testimonianza contro la mafia. Una confessione difficile da leggere sotto ogni aspetto, ma estremamente “cruda” e vera.

La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”. Sarebbero queste alcune delle ultime parole di Rita. Parole che rivelano quello che tanti pensano e non dicono: spesso noi, in modi diversi, mandiamo avanti la mafia.

I soldi, l’omertà, il silenzio, l’abitudine alla mafia, l’assenza: queste cose hanno ucciso Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tanti altri, compresa la piccola Rita Atria. Per questo è importante, nel giorno del 30esimo anniversario della sua morte, ricordare il suo sacrificio e ammirare il coraggio di una ragazzina di lottare per sconfiggere un male estremo per la società.

Fonte immagine: Wikipedia

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