La crisi energetica globale sta interessando il mondo dei rifiuti in due modi
Chicco Testa
Presidente Assoambiente
La crisi energetica globale sta interessando il mondo dei rifiuti (urbani e speciali) in due modi. Da un lato l’incremento dei costi energetici sta mettendo in ginocchio l’industria del riciclo (per definizione energivora) e creando serie difficoltà alle aziende di gestione dei rifiuti urbani che usano veicoli e gestiscono impianti. Per i gestori di impianti (di recupero o di riciclo) l’aumento dei costi dell’energia è stato del 33% (dati 2021 su 2020) e del 220% (dato dati 2022 su 2020). Considerato che il costo dell’energia è stimato intorno al 5,5% del totale dei costi di trattamento (2,6 miliardi di euro), stiamo parlando di circa 250/300 milioni di euro in più: una cifra insostenibile per aziende che operano sul mercato internazionale dei materiali.
Più contenuto l’impatto sui gestori dei servizi stradali: l’aumento del costo dei carburanti è stato del 12,9% (2021 su 2020) e del 38,7% (2022 su 2020). Ma per questi operatori l’aumento dei costi (cui vanno sommati gli aumenti complessivi di costo derivante dalla dinamica inflattiva) non sono automaticamente coperti dai trasferimenti dei comuni o dai Pef tariffari. Da qui il grido d’allarme delle aziende e delle associazioni di categoria. Certo chi “vende energia” da rifiuti ha invece aumentato ricavi e margini. Su questo punto occorre che Arera riveda i meccanismi di indicizzazione dell’inflazione e dei costi energetici e consenta così ai gestori di sopravvivere alla crisi.
Al tempo stesso la crisi energetica ha messo in luce le potenzialità che il settore rifiuti offre per una soluzione della crisi energetica nazionale. Potenzialità fino ad adesso poco sfruttate per un pregiudizio ideologico sul settore, come attore della transizione energetica ed ecologica. Il contributo che il settore può fornire da ora a 2/5 anni, come evidenziato in un recente report elaborato da Assoambiente, è fatto di molti “pezzi” che considerati tutti insieme possono garantire circa il 5/10% del totale dei consumi energetici nazionali (fra gas ed energia elettrica).
Per prima cosa aumentare il riciclo dall’attuale 50% al 65% nei rifiuti urbani e di un altro 10% dei rifiuti speciali consentirebbe un miglioramento dell’efficienza energetica industriale nazionale riducendo i consumi italiani di circa il 2/3% . Come è noto la maggior parte dei processi industriali basati sul riciclo consumano molta meno energia di quelli basati sulle materie prime vergini (si va del 15% del vetro al 93% della plastica). Se si considerano anche i vantaggi energetici di una progettazione ecosostenibile dei materiali e dei prodotti, il risparmio energetico ottenuto sarebbe ancora maggiore. Si stima infatti che il mondo della produzione di materia contribuisca al 50% delle emissioni serra globali.
Poi c’è la sfida del biometano che può essere prodotto da digestori anaerobici alimentati dalla frazione organica raccolta in forma differenziata ma anche da scarti agricoli e fanghi. Oggi la produzione di biometano è ancora poca cosa, ma può rapidamente arrivare al 1,1 miliardi di metri cubi, facendo tutti gli impianti previsti (inclusi quelli finanziabili dal Pnrr). Un valore pari al 1,5% del totale del gas consumato in Italia (circa 75 miliardi di mc), se si considera anche il biogas prodotto dalle discariche è ragionevole arrivare al 2-2,5%. Una fonte interamente rinnovabile, che quindi contribuisce non solo a una maggiore indipendenza nazionale, ma anche a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
Infine c’è il recupero energetico da rifiuti non riciclabili (rifiuti indifferenziati, scarti del riciclo, rifiuti speciali combustibili). Già oggi gli inceneritori italiani garantiscono circa l’1,5% della domanda elettrica nazionale; completando il fabbisogno di impianti necessari si arriverebbe in pochi anni al 3,3/3,5% della domanda elettrica senza considerare l’apporto di energia termica per il teleriscaldamento. Una fonte rinnovabile al 50% e comunque sostitutiva di gas serra. Anche nel caso di un uso parziale di rifiuti non riciclabili per la produzione di biocarburanti (bioetanolo, biometanolo, idrogeno) usando impianti di riciclo chimico e gasificazione, si otterrebbe un beneficio netto energetico, con la sostituzione di carburanti fossili, con carburanti verdi.
Insomma c’è una miniera di energia nei rifiuti urbani e speciali e non solo di materiali, che oggi sprechiamo andando troppo in discarica o esportando rifiuti all’estero. Il nuovo Governo ha uno strumento concreto in mano per ridurre la dipendenza da combustibili fossili e dall’importazione di gas ed energia elettrica dall’estero. Usare l’energia dei nostri rifiuti, in una logica di “sovranità energetica”. Il Governo Meloni ha deciso subito di potenziare la estrazione nazionale di gas (bene), la stessa cosa la può fare con l’energia dei rifiuti. Le aziende sono pronte, serve fare gli impianti rapidamente e semplificare le procedure autorizzative.