L'aumento delle accise sui tabacchi lavorati previsto dalla manovra provocherà inevitabili incrementi dei prezzi per i consumatori. Le aziende sono sul piede di guerra
L’aumento del prezzo delle sigarette che dovrebbe scattare dal 2023 provoca i primi malumori. La bozza della manovra circolata nelle ultime ore viene giudicata “preoccupante per gli effetti sull’intero settore”. A intervenire è JTI Italia, secondo player sul mercato del tabacco in Italia dopo l’intenzione del governo di aumentare le accise sui tabacchi lavorati, in particolar modo sulle sigarette tradizionali. Ma non è la sola azienda che nelle ultime ore ha contestato la misura del governo italiano.
Aumenti di 40 centesimi a pacchetto
“Il comparto è conscio della grave situazione che il Paese sta attraversando ed è, come al solito, disposto a fare la sua parte – si legge in una nota -. Tuttavia la manovra, se confermata, non soltanto causerà un sensibile aumento dei prezzi a danno del consumatore finale – la stima è di oltre 40 centesimi a pacchetto, un rincaro mai avvenuto ai tabacchi lavorati in Italia – ma produrrà anche effetti distorsivi all’interno del mercato”.
La protesta contro gli aumenti delle sigarette
E ancora: “Una riforma che preoccupa, a maggior ragione, perché andrebbe ad aggravare un momento storico in cui l’inflazione è in costante crescita e migliaia di famiglie italiane vedono pesantemente ridursi il proprio potere d’acquisto. Viene inoltre sottolineato che a subire i principali effetti negativi dovuti a tale riforma sarebbero in realtà proprio le casse dello Stato italiano, che a seguito della conseguente contrazione del mercato si troverebbero a fare i conti con una diminuzione del gettito erariale”.
“Alla luce di un simile scenario, la società esprime tutta la sua fiducia verso il Governo per l’apertura di un tavolo di confronto che possa trovare una soluzione capace di garantire in modo equo e sostenibile tutti i player del mercato”, conclude la nota.
Anche Bat Italia protesta, definendo l’accisa sui tabacchi “anticoncorrenziale e quindi insostenibile e non condivisibile, nel metodo e nel merito”. Nel metodo, sostiene l’azienda “non è condivisibile il ricorso ad una manovra finanziaria quale strumento per riforme fiscali strutturali in un settore complesso come quello del tabacco e succedanei, in assenza di una delega fiscale al Governo che consenta, in base ai principi di better regulation, la trasparente audizione di tutti gli attori della filiera per valutarne in modo trasparente la neutralità concorrenziale e la sostenibilità. Nel merito, non è condivisibile l’intento di ridurre l’incremento di incidenza fiscale sul segmento del tabacco riscaldato previsto dalla norma vigente, che produrrà, a volumi costanti, un maggior gettito erariale di oltre 100 milioni di euro nel solo 2023, senza necessità di alcun ulteriore intervento normativo passando dall’attuale 35% al 40% dell’incidenza fiscale sulle sigarette a decorrere dal 1° gennaio 2023”.
Secondo Bat inoltre, il regime fiscale attualmente vigente “consente senza necessità di alcuna riforma di incrementare l’incidenza di base e l’onere fiscale minimo, rispettivamente dello 0,5% e del 2%, così da determinare su tutti i segmenti di prezzo del mercato un incremento di 13 centesimi/pacchetto. Una soluzione che produrrebbe, a volumi costanti, un maggior gettito dalle sigarette tradizionali per il solo 2023 di circa 80 milioni di euro che si andrebbero a sommare agli oltre 100 milioni di maggior gettito da tabacco riscaldato, generando un gettito incrementale complessivo di almeno 180 milioni nel solo 2023”.