Tetto al contante e tracciabilità. L’intervista a Claudio Clemente, Direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria collocata presso la Banca d’Italia
Contante, assist agli evasori? La domanda è di quelle importanti, di quelle che dividono l’opinione pubblica e che ci impongono una riflessione seria sull’opportunità di contrastare o meno l’evasione fiscale, di lasciare più o meno libera la circolazione di denaro cash sacrificando quella tracciabilità da sempre garanzia di trasparenza.
Il QdS ha intervistato Claudio Clemente, direttore Uif (Unità di Informazione Finanziaria collocata presso la Banca d’Italia).
Direttore Clemente, in base alla sua esperienza ai vertici dell’Uif, l’uso del cash favorisce in qualche maniera “il malaffare”?
“È necessario fare una doverosa premessa: una certa quantità di contante in circolazione è necessaria per il corretto funzionamento dell’economia. Il denaro contante, infatti, incorpora, conserva e trasferisce valore con modalità semplici, attraverso la mera detenzione o la consegna fisica di banconote o monete, rappresenta il mezzo di pagamento di più facile e diretto utilizzo, favorisce l’inclusione dei cittadini socialmente vulnerabili, come gli anziani e le fasce della popolazione a più basso reddito. La semplicità nell’utilizzo del contante, quale strumento monetario di impiego universale, è garantita, in particolare, da due fattori: il ‘disancoramento’ da rapporti con istituti finanziari e la natura ‘al portatore’ dell’utilizzo, che esclude l’identificazione delle persone e la registrazione o tracciamento delle attività. Proprio per queste sue caratteristiche il contante è per sua natura anonimo nel possesso e non tracciabile nel trasferimento. Queste qualità lo rendono ideale per gli impieghi opachi, tipicamente quelli associati alla creazione, all’accumulazione e al trasferimento di riserve di valore di natura illegale o destinate ad attività illecite. La rilevanza potenziale del contante per la produzione e il riciclaggio di profitti illeciti costituisce un dato da tempo riconosciuto. In Italia, il documento di valutazione nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, nell’ultimo aggiornamento del 2019, pone in evidenza che l’uso del contante è ancora generalizzato e continua a presentare un fattore di rischio per il riciclaggio e l’evasione fiscale. Il Supra-National Risk Assessment, appena pubblicato dalla Commissione Europea, conferma che trasferimenti e pagamenti in contanti si prestano a pratiche di riciclaggio e al supporto ad organizzazioni o attività terroristiche. I flussi segnaletici ricevuti dalla Uif indicano che il contante è ancora molto presente nelle transazioni sospette; anche nell’ambito degli scambi informativi con la rete internazionale delle Fiu emergono numerosi riferimenti a schemi operativi in cui il contante viene utilizzato per ostacolare la tracciabilità degli scambi”.
Uno studio di Bankitalia del 2021 ha messo in evidenza come le restrizioni all’uso del contante possono essere efficaci nel contrasto all’evasione fiscale.
“La tesi di un nesso tra l’uso del contante e la dimensione dell’economia sommersa sembra ampiamente accettata dagli economisti, anche se le prove empiriche a sostegno di questa tesi sono molto limitate. Lo studio della Banca d’Italia mira a colmare questa lacuna, raccogliendo evidenze empiriche solide sull’esistenza di un nesso di causalità tra i due fenomeni. L’analisi e l’esperienza mostrano, d’altro canto, che l’esistenza di un vincolo all’uso del contante può essere utile ad arginare l’evasione fiscale e a colpire la corruzione, dando alla collettività un forte segnale di presidio e di attenzione da parte dell’autorità antiriciclaggio che può contribuire ad ostacolare l’accumulo di contante utilizzabile per altri illeciti. Anche la Commissione europea considera l’assenza di limiti all’uso del contante come un fattore di rischio, tanto è vero che nel nuovo regolamento Ue in corso di definizione è previsto un limite massimo (per ora stabilito in 10.000 euro e limitato alla vendita di beni e servizi), lasciando i singoli stati liberi di adottare soglie più restrittive: la scelta del limite da parte di ciascun Paese membro avrà natura politica e dovrebbe essere fondata su valutazioni e analisi dei rischi specifici del Paese interessato. In Europa, secondo i dati pubblicati dalla Commissione nel Supra-National Risk Assessment, 19 Paesi Membri hanno introdotto o sono in procinto di introdurre limiti al contante. Questi si basano su soglie variabili (attestate su una media di circa 4.500 euro), in alcuni casi modulate per categorie di soggetti (non residenti, imprese, famiglie). Oltre alla previsione di divieti e limiti di utilizzo, particolarmente utili sono anche gli strumenti complementari di monitoraggio di operazioni in contante. Nell’Unione Europea vige l’obbligo di dichiarare il trasferimento fisico di contante in entrata e in uscita dal territorio dell’Unione o di singoli Paesi Membri quando il valore raggiunge i 10.000 euro (Regolamento (Ue) 1672/2018); le informazioni vengono rese disponibili alle FIU per controlli e analisi antiriciclaggio. In Italia è inoltre prevista la comunicazione alla Uif, da parte degli intermediari, di operazioni di deposito o di prelevamento di denaro contante su base ‘oggettiva’, ovvero ogniqualvolta l’importo raggiunga, anche in modo frazionato, i 10.000 euro nel corso del mese, a prescindere da qualsiasi valutazione su eventuali sospetti o anomalie. Anche tali informazioni vengono impiegate per approfondimenti e analisi antiriciclaggio, qualora emergano segnali di anomalia e di sospetto che richiedano l’attivazione di analisi approfondite sui flussi di contanti”.
In Italia in contanti l’82% dei pagamenti contro il 73% della media dell’Eurozona
Uno standard europeo sul tetto ai pagamenti in contanti “forse può essere utile, vista la varietà di posizioni che esistono su questi tema in Europa”, ha detto qualche giorno fa Piero Cipollone, vicedirettore generale della Banca d’Italia.
“Quella di alzare il tetto ai pagamenti in contante è una scelta politica e la Banca d’Italia ha il compito di favorire i pagamenti tra i cittadini nel modo più efficiente possibile, non sta a noi definire le preferenze”, ha aggiunto Cipollone.
Anche la Banca d’Italia, dunque, ha provato a smarcarsi da un dibattito, quello sull’utilizzo del contante, che ha assunto contorni poco “scientifici” scadendo, come spesso accade, nella bagarre politica.
Ma in realtà anche gli economisti non sono tutti d’accordo su un nesso strettamente causale tra contante ed evasione fiscale. Lo rivela proprio uno studio della Banca d’Italia dall’emblematico titolo: “Pecunia olet. Cash usage and the underground economy”.
Lo studio, pur presentando limiti oggettivi e pur rifacendosi a posizioni anche tra loro contrastanti, mette in evidenza come le restrizioni all’uso del contante possono essere efficaci nel contrasto all’evasione fiscale.
“Un aumento della quota di transazioni in contanti – si legge nel rapporto della Banca d’Italia – determinerebbe, a parità di condizioni, un incremento dell’incidenza dell’economia sommersa; quest’ultima sarebbe cresciuta anche a seguito dell’innalzamento della soglia di uso del contante da 1.000 a 3.000 euro, in vigore dal 2016 con l’obiettivo di sostenere la domanda.
E in effetti gli italiani hanno una passione innata per il denaro contante: secondo uno studio (ECB) del 2019 sulle abitudini di pagamento dei consumatori nell’Eurozona, in Italia l’82% dei pagamenti avviene mediante denaro contante, rispetto al 73% della media dell’Eurozona.
Nel 2021 la lotta all’evasione fiscale e contributiva ha prodotto un “tesoretto” pari a 13,7 miliardi di euro, di cui 4 miliardi derivano dalla riscossione coattiva, 8 miliardi dai versamenti diretti (somme versate a seguito di atti emessi dall’Agenzia delle entrate o accordi per deflazionare il contenzioso) e 1,7 miliardi dalle iniziative relative all’attività di promozione della compliance.
Alfio La Rosa, presidente Federconsumatori Sicilia
“Tetto al contante danno ai poveri? Una bufala”
Presidente La Rosa, esiste una correlazione contante-evasione fiscale?
“Che contante ed evasione siano strettamente legati non lo diciamo solo noi di Federconsumatori: lo dice la Banca d’Italia in un recente paper. Ma d’altronde non servirebbe nemmeno uno studio economico per capire che se una persona preferisce girare per strada con migliaia di euro in contanti nel portafoglio, mettendo così a rischio sé stesso e il suo denaro, deve avere qualche vantaggio rispetto al farlo con una carta con codice di sicurezza (e, volendo, anche blocco della stessa tramite lo smartphone). È, chiaramente, una scelta politica: è ora che i politici scelgano di lottare, seriamente, contro l’evasione fiscale. Una politica comune europea sul tema sarebbe il massimo, ma sappiamo bene che l’Europa fa fatica a decidere su temi così spinosi. E, in ogni caso, l’evasione in Italia è tale che non possiamo certo aspettare una decisione dall’alto”.
È d’accordo con la scelta del governo di portare il limite a 5.000 euro?
“No, non siamo affatto d’accordo. E aggiungiamo anche una cosa: il fatto che un basso o bassissimo tetto al contante sia una discriminazione nei confronti di chi è più povero è una grande bugia. Da anni sono finiti i tempi in cui pagare con carta era sinonimo di ricchezza, qualcosa riservato ai più abbienti: oggi ci sono decine di carte di debito a costo zero o quasi, tecnologicamente all’avanguardia esattamente come le migliori carte ‘VIP’, ‘Gold’, ‘Platinum’. Queste carte offrono, a canone zero, ottimi livelli di sicurezza e la possibilità di depositare anche 15-20mila euro. Sono agganciate ai principali circuiti di pagamento, possono essere registrate sui cellulari per i pagamenti contactless e tramite l’app collegata si possono persino fare e ricevere bonifici. É anche possibile accreditare lo stipendio su queste carte, e dato che oggi anche il reddito di cittadinanza viene erogato su una carta elettronica PostePay, non vediamo nessuna giustificazione alla bufala che il tetto al contante sia un regalo ai ricchi e un danno per i poveri. Anzi, ad essere onesti vediamo proprio il contrario”.