Italia dipende dal gas
Come è noto ad alcuni, la Brics è l’associazione internazionale fra Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, che vengono definiti come i Paesi “in via di sviluppo”’ o paesi del Sud, non in senso geografico, ma economico. È questa l’evoluzione o la rivoluzione che sta avvenendo in questa fase del ventunesimo secolo: non si parla più di Nord/Sud secondo la latitudine, bensì secondo l’economia.
I Paesi del citato acronimo sono uniti e alleati, quindi Brasile, Cina, India e Sud Africa appoggiano, apertamente, o meno, la Russia di Putin loro associata. Cosicché, quella che una volta era la Guerra fredda, poi trasformatasi in paura della terza guerra mondiale totalmente distruttiva, ora è diventata una competizione serrata fatta di concorrenza sul piano economico per la fabbricazione di prodotti e servizi e per la loro esportazione al fine di contrastare l’importazione.
La Cina è cresciuta fortemente in questi ultimi decenni sotto la ferma guida di Xi Jinping – un ingegnere che parla sette lingue – per la sua capacità di assorbire il know-how dal mondo occidentale e per avere indirizzato i propri giovani verso le migliori università del mondo, a cominciare da Harvard, il Mit e altri prestigiosi atenei.
Gli europei soprattutto hanno trovato la Mecca in Cina: le nostre imprese del lusso hanno aumentato fortemente il loro fatturato vendendo i loro prodotti in quel Paese. Ovviamente il regime impone una sorta di affiliazione fra imprese italiane e cinesi, per cui via via il sistema creativo, produttivo e distributivo del nostro Paese si trasferisce colà. All’inverso, i prodotti cinesi invadono il mondo perché sono di alta qualità e venduti a prezzi fortemente competitivi.
In questo quadro, il presidente del Consiglio dell’epoca, Giuseppe Conte, ha firmato a Pechino l’accordo detto “via della seta”, suggellato dalla presenza del nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al momento della firma. Ma gli Stati Uniti pressano la presidente Meloni perché esca dall’accordo e quest’ultima prudentemente prende tempo perché sarebbe un errore farlo.
Come è noto, il nostro Paese ha sostituito le forniture di gas russo con le forniture di gas algerino, pagandole tre volte di più. È notizia di questi giorni che l’Algeria ha fatto richiesta di entrare nella Brics. Se essa dovesse essere accettata, cosa farà il nostro Paese? Cercherà un altro fornitore per sostituire il gas algerino con qualche altro gas?
Nell’iniziativa di adottare sanzioni nei confronti della Russia, non è stato calcolato questo allargamento in Africa della Brics.
C’è di più. Sembra che anche la traballante Tunisia, con un enorme tasso di inflazione e disoccupazione, abbia fatto richiesta di entrare in quel consesso.
Non dobbiamo dimenticare che il Paese nord-africano è il lido da dove partono migliaia e migliaia di persone per approdare sulle coste italiane. Fino ad oggi il Governo si è reso impotente di dare supporto a quel Paese, chiedendo in cambio una ferrea sorveglianza dei lidi di partenza. Tutto ciò per un calcolo meschino che ora vi scriviamo.
L’economia tunisina va male come andava male quella greca quindici anni fa. Le sue risorse finanziare diminuiscono continuamente, mentre l’inflazione sale ed avrebbe urgente bisogno di uno/due miliardi. Ma l’Unione europea è rimasta sorda a tali richieste perché se ne infischia della vita di milioni di persone che cercano di raggiungere le sue coste e se ne infischia che l’Italia subisca tali ondate di immigrazione, che quest’anno supereranno forse le centomila unità.
Non si capisce la discriminazione secondo la quale l’Unione europea paga tre miliardi l’anno alla Turchia per blindare le loro coste in modo da evitare queste partenze e non faccia la stessa cosa nei confronti della Tunisia e della Libia.
È vero che l’Italia conta poco in Europa – anche se molti dicono che sia il terzo Paese dei Ventisette – ma secondo quanto scriviamo, sembra non conti nulla.
Eppure, la Presidente del Consiglio sta girando in tutti i paesi del mondo per cercare di risollevare le sorti di un Paese stanco e quasi rassegnato. Ma l’Italia non si deve stancare né rassegnare, bensì risvegliarsi con un colpo di reni. Ne sarà capace?