Forum con Marco Falcone, assessore regionale all’Economia
Intervistato dal direttore Carlo Alberto Tregua e dal vice presidente Filippo Anastasi, l’assessore regionale all’Economia, Marco Falcone, risponde alle domande del QdS.
La Giunta ha dato l’ok al Defr 2024-2026: lei ha parlato di prudenza ma anche di conti in miglioramento. Sulla base di quali elementi possiamo guardare alla situazione economica siciliana con cauto ottimismo?
“Rispetto al 2020, 2021 e 2022, nel 2023 abbiamo fatto una performance di maggiori pagamenti per un miliardo e duecento milioni di euro, ed è quello che Roma ci chiede. La Regione Siciliana deve fare più investimenti e immettere nel mercato maggiori denari. Noi pensiamo di poter arrivare quest’anno a fare una maggiore spesa rispetto al 2022 del 25 per cento. In questo momento siamo al 18-19, ma vogliamo arrivare a superare ampiamente il venti per cento. La liquidità non manca e voglio dare un dato: Roberto Di Mauro, assessore all’Economia del Governo Lombardo nel 2010, l’8 agosto chiuse la cassa perché non c’era più un euro. Oggi invece abbiamo in cassa liquidità per 5 miliardi, significa che in Sicilia non mancano i soldi a qualunque titolo. Per l’esattezza, abbiamo sia più liquidità che maggiore spesa. Quest’anno la Regione Siciliana ha visto impugnativi del Mef sui fondi extraregionali. Tutta la spesa extraregionale è stata impugnata e noi abbiamo aderito scegliendo di sostituire le somme extraregionali con somme regionali, perché il gettito erariale rappresentato da Irpef, Iva, Ires o Irap è aumentato di gran lunga. Il tutto grazie alle operazioni di maggiori spese, dunque spingendo il Pil”.
Restando in tema Pil, in che modo sarà supportata questa crescita?
“La Nadef nazionale, la Nota di aggiornamento di settembre, indicava per il 2023 un aumento dello 0,6 per cento del Prodotto interno lordo in Sicilia, ma noi siamo convinti che arriveremo oltre l’1,3 per cento, forse all’1,5 per cento. Attestandoci così sulla media nazionale. In Sicilia il Pil costante vale 86 miliardi di euro, un punto è 860 milioni di euro. Se nei primi sei mesi abbiamo già speso in più un miliardo e duecento milioni di euro e se questo dato lo depuriamo dalle spese corrisposte per i pagamenti alle società non siciliane, già un punto di Pil lo abbiamo realizzato con la maggiore spesa della Regione Siciliana. Per la prima volta pensiamo di superare la media nazionale. Un altro dato importante: abbiamo un gettito Irpef di otto miliardi e mezzo, significa che il 71 per cento rimane alla Sicilia e il 29 per cento va allo Stato. Su cinquecento milioni alla Sicilia ne restano 330 e siccome il Mef valuta l’irpef al 30 giugno sul penultimo anno, registriamo di avere avuto un gettito maggiore di 600 milioni di euro. Per la prima volta, dopo venti anni, la Sicilia ha potuto redigere un bilancio con numeri maturati interamente a livello regionale. In passato, se parlavamo di forestali, prospettavamo l’accesso per i pagamenti a fondi comunitari. Per pagare altro, erano necessari i soldi dello Stato. Oggi non è più così: abbiamo un bilancio che è interamente composto da fondi regionali. Le entrate sono aumentate. C’è stata maggiore lotta all’evasione, oltre che maggior investimenti. Voglio considerare altri due aspetti: l’indebitamento, ovvero i debiti con le banche o Cassa depositi e prestiti, e il disavanzo. L’indebitamento negli ultimi cinque anni si è ridotto e stiamo riducendo le rate con le banche, mentre il disavanzo è passato da sette miliardi e quattrocento milioni circa nel 2018 a cinque miliardi e mezzo nel 2022. Nel giro di quattro anni abbiamo eliminato due miliardi di euro di debiti. La Regione ha comunque un disavanzo, ci mancano cinque miliardi e mezzo che possiamo coprire. Nei prossimi dieci anni puntiamo al riequilibrio accantonando 450 milioni. Riguardo i mutui, sono in fase di estinzione e non ne abbiamo accesi altri”.
Nel Defr la spesa di fondi extraregionali, Pnrr compreso, entro il 2026 è stata calcolata in circa 30 miliardi. In uno degli ultimi Defr firmata da Armao, però, la dotazione prevista entro il 2027 era pari a 50 miliardi. Come si giustifica questa forbice?
“Armao ha fatto un’ottima operazione facendo risparmiare soltanto lo scorso anno 45 milioni di euro di interessi. Come ha detto il presidente Renato Schifani, il nostro è un Governo di continuità. In merito al Defr, sono numeri virtuali. Partiamo da un principio: più stanziamenti mettono Stato e Comunità europea più sono i fondi che avrà la Sicilia. Consideriamo i Fondi di sviluppo e coesione (Fsc), che lo Stato mette anche per una quota regionale, i Po Fesr, Po Fse e Po Sviluppo rurale e Feamp, insieme valgono 8 miliardi e sono dati dall’Ue. Contiamo poi dodici miliardi che ci vengono dall’Fsc nazionale, alla Sicilia spettano 12 miliardi, a seguire c’è il Pnrr, che vale venti miliardi e la maggior parte non lo gestisce la regione, ma lo Stato e i Comuni, che sono protagonisti della spesa a cui è stata data questa titolarità importante. Sommando questi numeri otteniamo 30 miliardi di disponibilità. Gaetano Armao ne ha considerati di più, perché nel 2022 avevamo le economie del Piano 2014-2020 e si consideravano anche i sette miliardi e mezzo di euro del Piano sviluppo e coesione. Arriviamo così a sfiorare i cinquanta miliardi”.
Avviare un processo di semplificazione per una svolta alla burocrazia isolana
Accordo Stato-Regione: l’interlocuzione avviata da Armao aveva aperto spiragli incoraggianti nella scorsa legislatura (si vedevano cento milioni per l’insularità, poi ridotti a cinque nell’attuale Legge di bilancio): a che punto siamo?
“Devo dire la verità: il Governo nell’ultima Finanziaria avrebbe potuto fare molto di più. Nel 2021-2022 erano stati stanziati cento milioni di euro, nella Finanziaria 2022-2023 ne sono stati stanziati dieci. Abbiamo fatto evidentemente un passo indietro. Un passaggio importante sarà la costituzione della Commissione bilaterale dell’Insularità. Auspichiamo un presidente siciliano, poiché questo potrebbe aiutarci a rivendicare non soltanto gli aspetti economici della questione, ma i servizi. A differenza di quanto si immagina anche la Sardegna ha le sue grane. Ribadisco inoltre che il presidente Schifani ha fatto un suo cavallo di battaglia la lotta al caro voli. Dobbiamo considerare nella riuscita di Aeroitalia, spinta dalla fiducia degli utenti”.
Riforma della macchina burocratica: due leggi nella scorsa legislatura ma nessuna svolta. Come rendere la Pa regionale più efficiente e finalmente all’altezza di rispondere alle esigenze di cittadini e di imprese?
“La trasformazione della burocrazia in ‘buropatologia’ dipende dall’applicazione delle norme. Certamente il legislatore non ha sempre aiutato, si crea spesso un sospetto verso la figura dell’esecutore, perché possa utilizzare la Pubblica amministrazione non in linea con principi di collaborazione e onestà. Da qui la nascita di diversi livelli di controllo, che finiscono per creare un cortocircuito. La semplificazione dell’apparato burocratico arriva con norme snelle e non devono aggravare le procedure, e bisogna anche dire che chi è chiamato alla gestione della Cosa pubblica, i dirigenti, devono attenersi alle norme secondo un’interpretazione che sia altrettanto snella. Detto questo, ritengo che per quanto ci siano dei segmenti non particolarmente performanti, comunque dei passi avanti sono stati fatti. Cosa manca oggi? Ci sono cinquemila persone di categoria molto bassa, A e B, che aspettano la riqualificazione o riclassificazione, perché hanno mansioni importanti ma una categoria contrattuale inferiore. Abbiamo sicuramente bisogno di funzionari direttivi, laureati. Servirebbero almeno un migliaio di persone. Non sono sufficienti i novecento laureati di oggi. Negli ultimi cinque anni sono andati in pensione cinquemila dipendenti”.
Digitalizzazione della Pa tra gli obiettivi di Governo
Digitalizzazione della Pa siciliana. Il venti per cento delle attività è davvero già in rete?
“La Regione Siciliana ha seicento uffici tra centrali e periferici e oggi tutti gli uffici in larga parte sono toccati dal processo di digitalizzazione. Entro due, massimo tre anni, l’atto deliberativo sarà condiviso con un click, automaticamente con dirigente, presidente, assessore, segretario della Giunta e gli uffici di Presidenza. Un altro obiettivo del Governo Schifani è digitalizzare tutta la macchina amministrativa siciliana”.
In definitiva, possiamo dire che il bilancio della Regione Siciliana è solido?
“Il bilancio della regione oggi è robusto e vivace, abbiamo certezze, le stesse che ci permettono di progettare di portare in aula a settembre il Bilancio 2024-2026 con la Legge di stabilità. Ho questo mandato dal presidente Schifani. La Sicilia ha cassa e capacità di spesa, due cose che prima non c’erano. Anni fa i soldi che la Regione aveva disponibili venivano dalla Commissione europea o dallo Stato, oggi parliamo di nostri denari. A metà di questo mese di luglio abbiamo iniziato a trattare il Defr, contiamo di approvarlo in aula entro fine mese ed entro agosto portare in Giunta il Bilancio 2024-2026, per discutere la Legge di stabilità in aula entro settembre. Con i conti in ordine è una cosa fattibile. L’economia in Sicilia tiene e cresce. Senza aumentare la tassazione, abbiamo registrato un maggiore gettito erariale. Un esempio: grazie alla sanatoria sul bollo auto c’è stato un aumento del gettito di 30 milioni di euro lo scorso anno. Nel primo semestre 2023 abbiamo incassato 262 milioni di euro contro i 185 milioni dello stesso periodo del 2022. I cittadini si stanno abituando a pagare, per questo in futuro non escludiamo di abbassare la tassa a chi si dimostrerà virtuoso negli anni”.