Fondazione Consulenti del Lavoro: focus sul Decreto legge n. 34/2023, convertito dalla Legge n. 56/2023. Possibile chiudere il contenzioso, il contribuente ha tempo fino al 2 ottobre
ROMA – Abbiamo già parlato, dalle pagine di questo Quotidiano, delle novità introdotte nel Dlgs n. 546 del 31 dicembre 1992 con l’articolo 6 della legge n. 130 del 31 agosto 2022, ossia le norme che costituiscono nuovi ed importanti principi, alcune già entrate in vigore, in materia di contenzioso tributario e, più in particolare, le nuove denominazioni delle Commissioni Tributarie, oggi diventate Corte di Giustizia Tributaria di primo e di secondo grado, ed altre disposizioni tra le quali quelle volte a professionalizzare il giudice tributario, a ridurre la durata del processo tributario, ad introdurre una forma di prova testimoniale, tentando nel contempo di limitare anche il contenzioso pendente presso la Corte di Cassazione.
In quella occasione, abbiamo anche parlato di alcune norme che, per la verità, erano sembrate anche superflue, ritenendo il principio enunciato già abbondantemente scontato sia nella fase dell’emissione dell’atto amministrativo, sia nella successiva eventuale fase del contenzioso, riferendoci in questo caso all’articolo 6 della legge n. 130 del 31 agosto 2022, con il quale è stato introdotto, dopo il quinto comma dell’articolo 7 del Dlgs n. 546 del 31 dicembre 1992, il comma 5 bis, secondo il quale “L’Amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati”.
Ma in precedenza, avevamo anche parlato della legge n.197 del 2022 (la cosiddetta “tregua fiscale”, contenuta nella legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2013), che aveva previsto numerose disposizioni volte a regolarizzare diverse forme di irregolarità commesse, a stralciare le cartelle di pagamento d’importo inferiore a 1.000 euro ed a ridurre il magazzino del contenzioso esistente attraverso diverse modalità che consentivano la definizione agevolata delle controversie fiscali, comprese quelle giacenti in Corte di Cassazione.
Per quel che riguarda la definizione delle liti pendenti, argomento sul quale si è abbondantemente parlato nell’edizione del 21 settembre scorso, sono i commi da 186 a 205 dell’articolo 1 della citata legge 197/22 che prevedono le modalità con cui accedere alla chiusura agevolata delle liti fiscali pendenti alla data del 1 gennaio 2023 nelle quali è parte l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Va ricordato, comunque, che numerose norme intervenute nel frattempo, tra cui il D.L. 30/3/2023 n.34, hanno postergato i termini entro i quali andava presentata la dichiarazione telematica di definizione, e, proprio qualche giorni fa, sempre dalle pagine di questo Quotidiano, abbiamo ricordato che il termine ultimo per la presentazione, prima fissato al 30 giugno è stato portato alla data del 30 settembre 2023.
Intanto, si prende atto, con piacere, di un importante approfondimento delle norme prima citate, da parte della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro (Consiglio Nazionale dell’Ordine).
Un approfondimento che sarà certamente da guida nel momento in cui, presentata la domanda di definizione, dovessero sorgere dubbi interpretativi riguardanti le modalità di definizione previste dalla legge o la procedura seguita dagli uffici fiscali o dalla Corti di Giustizia. Il documento sottolinea i nuovi termini e la metodologia da seguire al fine di accedere a questo tipo di definizione agevolata della lite tributaria.
Importante è quanto evidenziato in ordine alla sospensione del processo di cui al comma 197, sospensione la quale, originariamente fissata al 10 luglio scorso, è slittata al 10 ottobre 2023. Fino a questa data, pertanto, in presenza dell’istanza del contribuente la controversia resta sospesa, fermo l’obbligo della parte contribuente di depositare la domanda di definizione e la prova del relativo pagamento.
Nonché, per la durata di undici mesi, la sospensione dei termini di impugnazione, compresi i termini per la “riassunzione” e quelli per il controricorso in Cassazione, che scadono tra il 1 gennaio ed il 31 ottobre 2023.
La Fondazione Consulenti del Lavoro sottolinea inoltre che, in base a quanto disposto dal citato D.L. 34/23, la possibilità di aderire alla “conciliazione agevolata” della controversia, estendendone l’applicabilità alla liti pendenti fino al 15 febbraio 2023 col termine di sottoscrizione dell’accordo prorogato fino al 30 settembre 2023. Ne consegue che per le controversie instaurate con ricorsi notificati tra il 2 gennaio 2023 ed il 15 febbraio 2023, l’unico modo di definizione è quella prevista attraverso la suddetta “conciliazione agevolata”.
L’ultimo capitolo del lavoro della Fondazione dei Consulenti del Lavoro, il terzo, riguarda la rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione (sempre liti nelle quali è parte l’Agenzia delle Entrate) alla data del 1 gennaio 2023. In questo caso si ricorda che il più volte citato D.L. 34/23, all’articolo 20, comma 1, lettera g) l’originario termine del 30 giugno è stato prorogato al 30 settembre 2023 (praticamente il 2 ottobre stante che il 30 settembre cade di sabato).