“Il teatro certamente”, tra ricordi e amicizia - QdS

“Il teatro certamente”, tra ricordi e amicizia

“Il teatro certamente”, tra ricordi e amicizia

giovedì 16 Novembre 2023

Il volume edito da Sellerio raccoglie i dialoghi tra Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale

CATANIA – Un atto d’amore nei confronti di un maestro che è stato anche, nonostante i 38 anni di differenza, non tanto un padre quanto un fratello maggiore. Così potrebbe essere definito il volume della Sellerio “Il teatro certamente”, che raccoglie i dialoghi tra Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, quest’ultimo affermato regista che con il papà di Montalbano ha scritto per il palcoscenico una decina di copioni, molti tratti dalle opere letterarie camilleriane, ma anche originali.

Il reverente omaggio – anche della Sellerio – al romanziere più amato degli ultimi decenni, dallo stile talmente unico da far coniare, ricorda la Treccani, il neo-vocabolo camillerismo, si concretizza anche nel fatto che a firmare il libro è lui soltanto. Mentre in realtà – oltre al cuore palpitante del volume, rappresentato dalle registrazioni dei dialoghi e agli scambi epistolari degli anni in i due lavorarono a progetti comuni – illuminanti sono i raccordi e gli appassionati interventi di Dipasquale.

Così, lasciando sullo sfondo il mondo teatrale italiano degli ultimi 35 anni, dal libro emerge la storia di un’amicizia profonda, nata dopo una “domanda carogna” nell’esame in Accademia. “Andrea – ricorda nel volume Dipasquale – partecipava alle nostre cene di allievi esattamente come fosse uno di noi”. Si sentiva vicino a quei giovani perché anche lui, che avrebbe “fatto carte false pur di non diventare professore di lettere in Sicilia”, aveva studiato sempre nell’Accademia fondata da Silvio d’Amico. Quest’ultimo, nel 1947 a Firenze, da presidente della giuria del Premio Faber, gli aveva assegnato il riconoscimento per Giudizio a mezzanotte, testo che, rientrando in Sicilia, Camilleri avrebbe buttato dal finestrino del treno. Poi però aveva fatto domanda per il corso di regia in Accademia e s’era convinto di non essere stato ammesso dopo un esame in cui Orazio Costa aveva mostrato di non condividere le sue idee. Invece Costa lo stimava al punto che, lasciando l’insegnamento, lo avrebbe consigliato come suo successore.

In ogni caso, narra Dipasquale, Andrea Camilleri, diventato l’insegnante di regia capace di affascinare, sedurre, rapire, era vicinissimo agli allievi. E quando, come accadde in casa di Dipasquale, Leonardo Sciascia chiamò per parlare con lui, la telefonata fu considerata uno scherzo.

Ecco, “Il teatro certamente”, è una miniera di aneddoti, dona storie, dettagli, scene e retroscena di un Camilleri, “materialista e onirico” capace di mutare fatti semplici e umanissimi in sorprendenti racconti. Narrati soltanto a quell’allievo prediletto. Come la storia del gatto maculato viaggiatore abituale sulla tratta ferroviaria Termini-Palermo. O la vicenda, autentica, di Turi Ferro che, appreso di una sua malattia alla gola, gli organizzò, a Catania, una visita notturna con un luminare della medicina.

Perché c’è sì la Roma dell’Accademia e del grande Teatro, in questo libro. Ma c’è soprattutto l’Isola a tre punte, che, sottolinea Dipasquale, grazie a Camilleri divenne “quella … del paradosso siciliano: vivere della disdetta della propria natura, e in più riderci sopra”. Perché la comicità “è sempre una questione serissima!”. In questo affascinante talk-show scritto, Camilleri, parlando degli spettacoli con Dipasquale, divaga – narra, per esempio, dei suoi inizi, con Vittorio Gassman che, in Accademia, lo aiutò a recitare Arsenico e vecchi merletti – e poi passa a descriverli: da “Il birraio di Preston”, che debuttò nel 1999 nello Stabile di Catania al meraviglioso scherzo dell’anno successivo, “Troppu trafficu ppi nenti”, grande successo scritto nella “lingua di un tale che dovrebbe chiamarsi Crollaspeare”.

Seguì, sempre al Verga nel gennaio 2001, “La cattura”: tratto dalla novella di Pirandello era stato scritto per gli ottant’anni di un mostro sacro, Turi Ferro, morto proprio durante le recite. Nel 2003, poi, quello che Camilleri definisce “il mio primo spettacolo multimediale”, “La signora Leuca”, scritta per Ida Carrara, moglie di Ferro.

Andrea e Peppe – il primo in tondo, il secondo in corsivo, nei dialoghi – tornarono a Camilleri nel 2005 con “La concessione del telefono”, che debuttò a Catania ed ebbe uno straordinario successo. L’anno dopo un altro Shakespeare, “La tempesta”, e, dopo una lunga pausa, il 25 giugno 2016, in prima mondiale per il Festival di Spoleto, “Il casellante camilleriano”.

Avevano scoperto, i due amici, “di adorare… il viaggio su rotaie … perché il treno rappresenta “un mondo antifuturista, antico e a misura d’uomo”. Così, riferisce Dipasquale, Camilleri sognava di comprare una casetta simile al casello del suo casellante dove godere “dell’assoluta bellezza della solitudine, del silenzio”.

Il penultimo progetto teatrale fu quello di una “drammaturgia irrealizzabile: “La creatura del desiderio” debuttò in prima assoluta a Catania al Must Musco Teatro nel novembre del 2018. E nello stesso anno, l’omaggio a due maschere viventi, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, con lo spin-off nato dalla “Concessione” e che, nel 2018, debuttò al Brancati di Catania, con il titolo “Filippo Mancuso e don Lollò”.

I due mattatori, rivela Dipasquale, tra le risate di Camilleri, che ne era affascinato, riuscirono a esaltare il pubblico andando a braccio e allungando a dismisura lo spettacolo, in un tripudio di applausi, in qualche caso addirittura di venticinque minuti.

Per scoprire altro su “Il teatro certamente”, occorrerà che saliate su quella navicella spaziale, metafora non soltanto della narrazione teatrale, ma anche letteraria. Una navicella lenta, però, come una carrozza ferroviaria. “Mi piace immaginare – scrive Peppe – che Andrea sia andato via prendendo… il treno dell’eternità, e che… fermandosi di stazione in stazione, dica a sé stesso: …puoi fermarti senza prescia anche dieci minuti in più”.

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