Mancano i controlli in aziende e cantieri a causa della carenza di ispettori del lavoro. Sicilia tra le regioni peggiori
Brandizzo, Firenze, Suviana. Sono i tre luoghi simbolo delle stragi sul lavoro in questo 2024 che rischia di essere un anno record per le “morti bianche”. A Brandizzo morirono cinque operai, travolti da un treno mentre stavano effettuando lavori di manutenzione sulla linea. A Firenze, a causa del crollo di una trave in un cantiere per la realizzazione di un supermercato, perirono cinque manovali. A Subiana i morti sono stati sette mentre facevano il collaudo di una turbina.
Quest’anno sarà un Primo Maggio rosso sangue e in tono dimesso. Non solo per un lavoro che spesso non c’è soprattutto per centinaia di migliaia di giovani che aspirano a trovare un’occupazione stabile, ma soprattutto perché quando il posto si presenta talvolta può arrivare ad uccidere per dinamiche che prediligono il risparmio delle aziende sulla pelle della gente.
In tutta Italia le “morti bianche” nel solo 2023 sono state 1.500. Anche in Sicilia sono i numeri che parlano. Secondo dati Inail, nell’isola, dal 2019 al 2023 ci sono stati 406 morti sul lavoro. Uno ogni quattro giorni. Si tratta di un numero pesante che pone la nostra regione tra le prime per il primato negativo. Addirittura nel 2023 la Sicilia è finita sul podio delle peggiori, con una pessima medaglia di bronzo. Sono stati 65 i lavoratori che non hanno fatto più rientro a casa dalle loro famiglie.
Crollate le denunce di infortuni
Ma c’è ancora un altro dato negativo che contraddistingue la nostra isola. Sono crollate le denunce di infortuni. In tutto il Sud, l’anno scorso, il numero di lavoratori che ha denunciato infortuni è stato del 27%. In Sicilia si è passati da un numero di 32.500 denunce di infortuni a 25.914 dell’anno scorso. E in questo contesto la provincia dove ci sono stati più infortuni è stata quella di Catania con 7 mila casi. In questo enorme calderone ci sono anche i minori. Tra gli infortunati del 2023 risultano anche quasi 2.400 minori, numerosi al di sotto dei 14 anni. È in questo scenario che l’Italia e la Sicilia si accingono a festeggiare la festa del Primo Maggio, parafrasando lo slogan di Festa del lavoro con festa del lavoro che uccide e smentendo contemporaneamente il motto sancito dalla Costituzione di “Repubblica fondata sul lavoro”.
I sindacati si preparano a manifestare
Quest’anno, come ogni anniversario passato sin dal dopoguerra, i sindacati si preparano a manifestare nel tradizionale appuntamento per un diritto sancito dalla Costituzione che spesso e volentieri è purtroppo inquinato da corruzione, sottomissione, subappalti, sfruttamento, sopraffazione oltre a buste paga spesso da fame e anche da carenza di controlli che vengono effettuati in tutta l’Isola da poco più di 60 ispettori.
La Sicilia non fa differenza con le altre regioni, ma solo in linea di principio perché in effetti nel Mezzogiorno persiste un gap di arretratezza economica e industriale che continua a galoppare rispetto alle aree di un nord in pressing (per certi versi egoisticamente) per ottenre un’autonomia differenziata che rischia di aumentare il divario tra le regioni. In Sicilia, ma anche in Calabria, Puglia, Campania, Basilicata e Sardegna il mondo del lavoro è sempre più in affanno e a poco o niente sono servite le leggi che nel corso degli ultimi decenni sono state varate per ridurre questa piaga che vede in Sicilia un universo giovanile che sfiora il 20% dei senza lavoro. Un capitolo a parte riguarda l’industrializzazione.
In passato le popolazioni dell’isola hanno accolto a braccia aperte, come una manna dal cielo, quegli insediamenti industriali che alla fine, dopo decenni e decenni di sfruttamento, hanno fatto solo il male di questa terra, a cominciare dalla Fiat a Termini Imerese per concludere con i Poli chimici industriali di Priolo, Milazzo e Gela, all’inizio degli Anni sessanta dispensatori di speranza e di lavoro in una terra affamata e arretrata, ma oggi ridotti a agglomerati che arrancano tra difficoltà e forte inquinamento che nessuno sembra voglia affrontare con piani di bonifica dai costi stratosferici.
La piaga del lavoro nero
In questo contesto di grandi difficoltà e contraddizioni si inseriscono le continue morti sul lavoro che dopo il Covid sembrano aver messo l’acceleratore. Non passa giorno senza che il bollettino dei giornali informi di una, due o più morti sul lavoro principalmente in settori e professioni che sono dediti alla manovalanza, sia in campo edile che in quello agricolo. Con in più, soprattutto al sud e in Sicilia, la piaga del lavoro nero e dello sfruttamento di moltitudini di giovani irregolari che arrivano in Sicilia dalle più remote e povere zone del mondo col miraggio di trovare un Eldorado che somiglia più a un inferno dantesco.
È proprio da questi temi che bisogna ricominciare – insistono i sindacati – partendo dalle modifiche normative che consentano di ridurre le morti sul lavoro, spesso frutto di aziende dedite al subappalto, che per accaparrarsi la commessa sono pronte a ridurre l’offerta poi risparmiando proprio sulla sicurezza. Le stesse aziende altrettanto pronte, quando capita una tragedia, a mettere subito le mani avanti asserendo che loro hanno solo assegnato quel lavoro col criterio del subappalto previsto dalla legge.
Questi i temi sui quali verterà la Festa del lavoro che la Cgil celebrerà come da anni a questa parte a Portella della ginestra. Il sindacato più rappresentativo del Paese punta tra l’altro su alcuni referendum, dove il punto della responsabilità delle aziende committenti in fatto di incidenti deve diventare legge. Stavolta il governo deciderà di intervenire?
Carmelo De Caudo, segretario generale della Cgil Catania
“Urge legge su responsabilità delle aziende committenti”
“Il Primo Maggio di quest’anno, che celebreremo come ogni anniversario a Portella della Ginestra, verterà su una linea ben precisa del nostro sindacato per contrastare le morti sul lavoro, che è quella di pressare sul governo nazionale affinché emani una legge che preveda la responsabilità delle aziende committenti quando si verifica una tragedia che vede coinvolta una azienda in subappalto”. Lo dice il segretario generale della Cgil Catania, Carmelo De Caudo che ricorda principalmente come quasi sempre dietro una morte bianca si celino dinamiche che vertono sul risparmio sulla sicurezza. “E’ chiaro – ha proseguito De Caudo – che per contrastare la piaga delle morti sul lavoro bisognerebbe principalmente partire dalla vigilanza affinché un controllo capillare nei luoghi di lavoro e nei cantieri consenta di individuare quali sono le problematiche che vanno immediatamente corrette per evitare che poi si materializzino in tragedie”.
Qual è secondo la Cgil la situazione dei controlli nella provincia catanese, la più industrializzata dell’isola?
“Nella nostra provincia ci sono soltanto operativi nove ispettori del lavoro e non è mai stato applicato il protocollo regionale che prevede il potenziamento dell’organico degli addetti. Sulla base del numero di lavoratori impiegati su tutto il territorio etneo secondo noi gli ispettori dovrebbero essere almeno quaranta. Siamo davanti a una delle problematiche più serie per contrastare gli incidenti sul lavoro. Se ci fossero più controlli soprattutto nelle aziende che hanno affidamenti in appalto e subappalto forse la situazione alla fine dell’anno sarebbe meno grave di quella attuale. Fatta questa importante premessa – continua il segretario Cgil -, il nodo è la legge che il governo ha emanato per affidare in appalto e subappalto le commesse o addirittura in affidamento senza base di gara una parte dei lavori purché non superino i 150 mila euro. In questo modo è evidente che le aziende che vogliono aggiudicarsi la commessa in subappalto alla fine rivedono anche le spese per la sicurezza e si rivolgono a manovalanza anche straniera, che talvolta non ha le professionalità per agire in sicurezza, come nel caso della realizzazione del centro commerciale di Firenze che ha provocato cinque morti”.
Per questo voi in campo nazionale chiedete una riforma…
“Esatto. Noi chiediamo che venga fatta la riforma e che ovviamente ci siano non solo più controlli, ma anche più formazione, partendo dal principio che deve essere istituita una materia di studio ad hoc che verta sulla sicurezza sul lavoro che deve essere insegnata sin da bambini ai futuri lavoratori che devono avere chiaro sin da piccoli il concetto che prima di tutto è fondamentale il rispetto della persona e della sua salvaguardia sul posto di lavoro”.
Senta recentemente un ascensorista è morto in un paese dell’hinterland catanese nel corso di un intervento di manutenzione. Sembra che siano emerse anche presunte irregolarità.
“Ancora non sappiamo con dovizia di particolari cosa sia accaduto e c’é in corso una indagine della magistratura. Ma quel che appare chiaro è che quando si fa un intervento di una certa delicatezza le aziende dovrebbero evitare di mandare un solo operatore sul posto. Forse se l’intervento fosse stato effettuato da due addetti e non da uno solo oggi la vicenda forse avrebbe avuto una dinamica differente”.
Tornando agli altri temi del Primo Maggio non vanno dimenticati quelli della carenza di lavoro e quella dello sfruttamento di poveri extracomunitari…
“Sono altre facce della stessa medaglia. La piaga del lavoro nero c’è sempre, soprattutto in edilizia e agricoltura. E anche in questo contesto la causa è anche da addebitare ai pochi controlli. Ma non perché l’ispettorato del lavoro non fa equamente il proprio lavoro, ma perché mancano gli adetti. Detto questo è evidente che la piaga dello sfruttamento nelle campagne di molti giovani extracomunitari pone sul tavolo una questione grande quanto una casa. Recentemente a Paternò un giovane bracciante africano è stato ucciso da un connazionale perché aveva chiesto il pagamento del lavoro. Purtroppo anche queste sono morti sul lavoro…”.
Maurizio Attanasio, segretario generale della Cisl Catania
“Cultura della prevenzione deve partire dalle scuole”
“C’è poco da festeggiare quest’anno, perché il Primo maggio 2024 è macchiato da una lunga scia di sangue delle morti sul lavoro, piaga che non si ferma. C’è una condizione lavorativa di forte disagio, con una velata contrapposizione anche in campo sindacale che non giova certo a nessuno”. Lo dice Maurizio Attanasio, segretario generale della Cisl di Catania, territorio dove da anni si registra il più alto numero di infortuni sul lavoro. “Il governo ha in qualche modo legiferato in alcune materie che entreranno in vigore alla fine di quest’anno, ma non basta. Nella nostra provincia abbiamo un numero molto esiguo di ispettori. Sono complessivamente 9. Poi ci sono i carabinieri del Nil (Nucleo ispettivo lavoro) che sono soltanto 15. Si tratta di un numero ridottissimo per controllare oltre 97mila aziende che operano nel Catanese. I temi che noi abbiamo posto al tavolo con i governi nazionale e regionale – ha aggiunto Attanasio -partono dalla chiarezza che serve soprattutto nel settore dell’edilizia, partendo da come vengono assegnati gli appalti e a cascata i subappalti. Noi riteniamo che proprio tra il passaggio da appalto e subappalto si consuma il danno contrattuale”.
Cosa intende?
“Che proprio in quel passaggio viene ridotto il costo del lavoro e molto spesso viene modificato il contratto collettivo nazionale di riferimento. E in questo contesto si riducono le spese per la sicurezza e si genera una riduzione degli ausili individuali della sicurezza. Poi c’è un secondo passaggio legato al problema retributivo-contributivo che genera il cosiddetto ‘lavoro grigio’ a danno del lavoratore”.
Quali le priorità del vostro sindacato per affrontare questo allarme sociale?
“Vede, delle morti sul lavoro si parla soltanto per qualche giorno, poi finiscono nel dimenticatoio. Noi invece vorremmo che il tema diventi prioritario, partendo dalle scuole affinché i futuri lavoratori comincino dalla giovane età ad avere una cultura della prevenzione e della tutela delle vita sul posto di lavoro. Per noi non basta un veloce corso di formazione per specializzare un tecnico, un operaio. Servono forme di aggiornamento e formazione costanti che non devono essere visti come un costo aggiuntivo dall’imprenditore, ma come una occasione per evitare tragedie che poi possono abbattersi anche sul prosieguo della attività lavorativa. E in questo contesto il governo dovrebbe in qualche modo sostenere le aziende nei costi per questa formazione”.
Sul lavoro nero la Cisl cosa pensa?
“Oggi purtroppo non abbiamo una banca dati aggiornata sul lavoro nero. Le notizie che abbiamo arrivano dai tentativi di conciliazione che ci fanno presupporre che tra le parti non c’è stato un rapporto totalmente chiaro. Il tema è che non vengono controllate queste conciliazioni che spesso penalizzano i lavoratori che firmano conciliazioni stragiudiziali che non tengono conto dei diritti dei lavoratori. Noi su questo fronte chiederemo al nuovo presidente di Confindustria Catania di starci a fianco perché si combatta tutto il mercato del sommerso che esiste nella nostra provincia. Sarebbe opportuno che ci fosse l’obbligo della consegna certificata e una verifica a campione di queste conciliazioni. Se i contenuti dovessero risultare non consoni allora bisogna applicare sanzioni severe”.
Recentemente a Catania si è tenuto un convegno Cisl su questi nodi…
“Un convegno incentrato soprattutto sulla grave piaga della carenza di abitazioni. E in quel contesto abbiamo affrontato la piaga del ghetto di Paternò di Ciappe bianche, dover c’è scappato il morto, un bracciante extracomunitario. Ma nessuna autorità, finora, ha fatto qualcosa per eliminare questa situazione costellata da caporalato, fitti illeciti, condizioni di vita assurde e sfruttamento senza confini”.