Il Tar ha respinto la richiesta di Saitta in quanto l’assenza per lavoro dal Consiglio di Maletto era “motivata in modo generico”. Accolte invece le ragioni di Foti incentrate sull’opposizione politica
MALETTO – “La giurisprudenza ha ritenuto che le assenze per lavoro, se motivate in modo generico che non lasci emergere l’eccezionalità delle esigenze lavorative del caso, non possono ritenersi sufficienti”. È con queste parole che la quinta sezione del Tar di Catania, presieduta dalla giudice Agnese Anna Barone, ha rigettato il ricorso di Luigi Saitta, uno dei consiglieri comunali di Maletto dichiarati decaduti a maggio. La sentenza è stata pronunciata la scorsa settimana, lo stesso giorno in cui i giudici hanno accolto il ricorso di Maria Foti, altra consigliera espulsa – in totale sono stati quattro, ma solo Saitta e Foti si sono rivolti al tribunale amministrativo – dal senato cittadino.
Il caso, che ha di fatto azzerato la presenza di opposizione nel Consiglio comunale del piccolo centro alle pendici dell’Etna, è scoppiato a maggio, poche settimane dopo l’annuncio da parte della minoranza di uno sciopero dai lavori d’aula contro le mancate dimissioni del sindaco Giuseppe Capizzi. All’origine della richiesta del passo indietro c’è stato il coinvolgimento di Capizzi nell’inchiesta per corruzione all’interno della struttura commissariale per il contrasto al rischio idrogeologico. Capizzi, che è un imprenditore edile, ha ammesso di avere pagato tangenti al commissario Maurizio Croce e per questo è stato rinviato a giudizio, dopo che il giudice per l’udienza preliminare non ha accolto la richiesta di patteggiamento della pena. Una vicenda che secondo i consiglieri d’opposizione ha gettato discredito sul Comune, ma che per il primo cittadino ha a che fare con la propria vita privata. Motivo per cui Capizzi ha ribadito la volontà di andare avanti con la propria amministrazione.
Dopo alcune settimane di attrito, con i consiglieri di minoranza volutamente assenti in aula, è arrivata la doccia gelata: la presidenza del Consiglio ha avviato l’iter di decadenza, votato all’unanimità puntando il dito contro le troppe assenze. Lo statuto comunale di Maletto prevede infatti che, in assenza di validi motivi, i consiglieri possano perdere il seggio in caso di tre assenze nell’arco dell’anno solare o consecutive ma in due anni. I provvedimenti hanno innalzato ancor di più il livello della tensione tra le parti: se per la maggioranza si è trattato soltanto dell’applicazione del regolamento, per gli espulsi, che si sono rivolti alla prefettura e alla Regione chiedendo un intervento, si è trattato di un sopruso. Il dazio da pagare per essersi contrapposti a Capizzi.
Finora a pronunciarsi sulla questione è stato soltanto il Tar. Per i giudici amministrativi, il Consiglio comunale di Maletto ha valutato le proposte di decadenza senza “estremo rigore”, come invece previsto dalla normativa nel momento in cui in ballo c’erano funzioni di pubblico interesse. Tale lettura ha interessato sia il caso di Foti che di Saitta, per i quali è stata riconosciuta la validità della protesta politica all’origine delle assenze seguite alle notizie sull’inchiesta giudiziaria che ha interessato il sindaco Capizzi.
“Le circostanze da cui consegue la decadenza vanno interpretate restrittivamente e con estremo rigore, data la limitazione che essa comporta all’esercizio di un munus publicum”, ha ricordato il Tar. Un approccio che, prima del voto del Consiglio comunale che ha portato all’espulsione della minoranza, era stato sollecitato anche dall’assessorato regionale agli Enti locali.
Nel caso di Saitta, tuttavia, a pesare sono state le motivazioni date dal consigliere per tre assenze compiute nel 2023: il 28 giugno, il 28 settembre e il 23 dicembre. Per ognuna di essere Saitta ha presentato come giustificazione gli impegni di lavoro. Anche nel suo caso si tratta di lavoro imprenditoriale nel settore edile: Saitta è infatti l’amministratore di una società a responsabilità limitata e come tale ha di fatto spiegato le assenze. Autogiustificazioni che però non sono state considerate sufficienti dal Tar che, in questo caso specifico, ha ritenuto “non irragionevole” la valutazione fatta dal Consiglio comunale e, di conseguenza, l’epilogo della decadenza.
Adesso mentre per Foti, le cui giustificazioni sono state tutte accolte dal Tar, si attende la reintegrazione nel senato cittadino, a Saitta toccherà decidere se appellare la sentenza di primo grado e rivolgersi al Consiglio di giustizia amministrativa.