Autorità di bacino: a giugno la riserva d’acqua contenuta nelle dighe è pari a 252 mln di m3, la metà di un anno fa. Le infrastrutture regionali attualmente contengono appena il 36% del valore di riempimento autorizzato
Niente più acqua per i siciliani. In un solo anno, da giugno 2023 a giugno 2024, la riserva di acqua contenuta nelle dighe su tutto il territorio regionale si è dimezzata, passando da 529 milioni a soli 252 milioni di metri cubi d’acqua secondo l’ultimo rilevamento dell’Autorità di bacino risalente all’8 luglio scorso. Una condizione di emergenza tale che anche solo superare l’estate sarà difficile in moltissime zone della regione, per non parlare delle difficoltà evidenti per le aziende agricole e zootecniche.
Siccità in Sicilia, la riduzione degli invasi
La riduzione è netta in tutti gli invasi. Se si considera poi che quanto contenuto nelle dighe Ancipa, Castello, Lentini, Piana degli Albanesi, Pozzillo e Prizzi è utilizzato anche a fini industriali e di produzione idroelettrica, la penuria diventa ancora più rilevante. Lo stato di siccità della Sicilia è evidente: a fine giugno, le precipitazioni cumulate nell’ultimo anno sono state appena 414 millimetri, una condizione che si riscontra soltanto in alcune zone dell’Africa del Nord e in nessun altro Paese europeo.
Del totale, poi, solamente 115 milioni di metri cubi sono realmente utilizzabili, considerando quanto utile alla fauna ittica, l’interrimento e il cosiddetto “volume morto”. Il risultato di luglio non è una sorpresa, purtroppo: i dati relativi all’andamento dei singoli invasi nell’anno idrogeologico mostrano come quasi tutte le dighe sono al loro minimo storico, molto al di sotto del volume autorizzato. Al momento, infatti, gli invasi regionali contengono appena il 36,02% del volume di riempimento autorizzato.
Sicilia in zona rossa per carenza di risorse idriche
La Sicilia è l’unica regione d’Italia e tra le poche d’Europa in zona rossa per carenza di risorse idriche. Una condizione che porterà a gravi ripercussioni soprattutto per le aziende agricole e zootecniche. E non solo: sono già tante le città siciliane che stanno vivendo il razionamento. Il 22 luglio scorso è scattato anche a Palermo, una misura d’emergenza che si rende necessaria decisa dall’Amap, il servizio idrico integrato nel capoluogo e in altri 50 Comuni della provincia. Le misure di razionamento sono pensate per ridurre al minimo i disagi per i cittadini e con l’obiettivo di non coinvolgere utenze pubbliche o sensibili, come gli edifici pubblici, le case circondariali, gli ospedali. Amap sta lavorando in parallelo all’introduzione di una serie di misure strutturali per ridurre la dipendenza dei prelievi dagli invasi: nuovi pozzi e riduzione delle perdite lungo le tubature.
Proprio all’inizio del mese di febbraio, il governo guidato da Renato Schifani ha dichiarato lo stato di calamità naturale da siccità severa nell’intero territorio regionale su proposta dell’assessorato all’Agricoltura. Con l’obiettivo di supportare tali realtà che vivono una seria difficoltà, il dipartimento regionale dell’autorità di bacino del distretto idrografico Sicilia ha deciso di intervenire, adottando misure urgenti di semplificazione delle e procedure per il prelievo di acqua dai corsi d’acqua. Tali provvedimenti servono proprio a fronteggiare la carenza idrica, salvaguardare gli allevamenti zootecnici, le produzioni delle aziende agricole e garantire sufficienti volumi d’acqua per l’irrigazione delle colture.
In parallelo, si sta lavorando all’efficienza delle dighe, in modo da essere pronti nel caso in cui dovesse arrivare piogge di maggiore portata. Con questo obiettivo, l’Autorità di bacino ha chiesto con una lettera a tutti gli enti gestori degli invasi, perché procedano con maggiore celerità negli interventi di ripristino e ristrutturazione delle strutture. Tutto nella considerazione che oltre la metà degli invasi siciliani sono soggetti a limitazioni che ne riducono la capacità.