C’è una storia che mi ha raccontato un Grande Vecchio, di quelli che hanno avuto ruoli di enorme influenza, di questa riarsa terra di Sicilia.
C’è una storia che mi ha raccontato un Grande Vecchio, di quelli che hanno avuto ruoli di enorme influenza, di questa riarsa terra di Sicilia. Alla fine degli anni ’80 un ingegnere tedesco venne ad occuparsi di acqua in Sicilia, realizzò gli impianti per collegare alcune dighe della Sicilia occidentale, in parti la diga Carboj, per aumentarne efficacia ed efficienza. Il territorio tra la provincia di Agrigento e quella di Trapani è uno dei punti principali dell’agroalimentare siciliano, terre predilette degli dei e coltivate fin dai tempi dei Greci di Selinunte e Akragas. Questo ingegnere non era uno da nemo profeta in patria, anzi fu per anni deputato della CSU bavarese. Tornato in Sicilia agli inizi del 2000, tramite l’ausilio del Grande Vecchio, mio narratore, voleva ristrutturare i vetusti e poco funzionali dissalatori siciliani, costati una cifra spropositata e solo parzialmente utilizzati, con la tecnologia israeliana che da decenni era già utilizzata per trasformare in giardini il deserto del Negev ed altri luoghi improduttivi della Terra Promessa. Ci furono incontri con le massime autorità, i burocrati mandarini, gestori dell’alta amministrazione, il progetto ci avrebbe restituito, a bassi costi usando l’osmosi inversa, un processo chimico semplice, enormi flussi d’acqua per uso potabile o irriguo. Il progetto dopo svariati incontri, ed i famosi tavoli tecnici, quando vuoi fare fallire qualche iniziativa in Regione si convoca un tavolo tecnico, si arena. Avevamo trovato un immenso giacimento d’acqua, come quello che si vocifera ci sia sotto i monti Iblei? La Sicilia era diventata improvvisamente piovosa? Tutte le dighe, costate centinaia di miliardi della Cassa del Mezzogiorno, erano piene, funzionanti e collaudate?
Niente di tutto questo. Il progetto venne accantonato perché c’era un notissimo, e chiacchieratissimo, imprenditore della Sicilia centrale, molto influente politicamente, che aveva la gestione dei dissalatori, e lui ci guadagnava senza altre innovazioni così, e non c’era motivo di cambiare, il fatto che l’acqua sia un bene comune, oltre a risorsa strategica, sia per lui che per i vertici regionali non aveva la necessaria rilevanza. I dissalatori siciliani sono, oltre che pochi, inutilizzati, inefficaci ed inefficienti, e non ci danno una goccia d’acqua, le bollette elettriche che generano potrebbero illuminare una metropoli, e noi siamo rimasti senz’acqua, con i cittadini di Agrigento che scrivono preci, per grazia da ricevere a Santo Mattarella. L’ingegnere, che parlava un ottimo italiano come soloni tedeschi sanno fare, tornò nella ricca Baviera, gli israeliani portano acqua e agricoltura pure nel Mar Morto e nel Sinai, noi tra poco saremo un deserto per cammelli. La Storia non siamo noi, noi siciliani non la vogliamo fare, aspettiamo la prossima invasione, sia che sia araba o ebraica, o se la Meloni si convince, cinese.
Cosi è se vi pare.