Mons. Renna: “La battaglia che i siciliani devono combattere è quella contro il gattopardo” - QdS

Mons. Renna: “La battaglia che i siciliani devono combattere è quella contro il gattopardo”

Mons. Renna: “La battaglia che i siciliani devono combattere è quella contro il gattopardo”

venerdì 29 Novembre 2024

Il bilancio a mille giorni dall’insediamento: “Ho conosciuto una città che è capace di guardare al futuro e di morderlo. Non facciamoci affossare dalle stanchezze del passato e dalla rassegnazione”

Mille giorni di Luigi Renna e di Catania. L’arcivescovo metropolita, in occasione del traguardo, è stato ospite del Quotidiano di Sicilia nel Forum con il direttore, Carlo Alberto Tregua, e il direttore del sito QdS.it, Raffaella Tregua. Monsignor Renna, che è anche presidente della commissione episcopale per i Problemi sociali e lavoro, giustizia e pace della Conferenza episcopale italiana, ha tracciato un bilancio del suo lavoro fin qui in una città difficile come quella etnea.

“Inizio a parlare del popolo e ci tengo a precisare che non parlo solo di Catania ma di tutte le altre grandi città della provincia: Paternò, Biancavilla, Adrano, Maletto e Maniace, solo per ricordarne alcune. Ho imparato a conoscere sempre meglio la complessità di questo territorio e le contraddizioni che si trovano. Il popolo catanese e siciliano è estremamente vivace dal punto di vista della sua intelligenza e sensibilità, però si possono leggere tutti i tratti che descrive il Gattopardo: il fatto di sottostimarsi. Questo, tante volte, porta a bloccarsi. Ho conosciuto una Catania che è capace di guardare al futuro e di ‘morderlo’, prendiamoci l’impegno di essere fedeli al futuro e di non farci affossare dalle stanchezze del passato. Bisogna fare continue iniezioni di speranza soprattutto in quelle persone adulte che non l’hanno più, forse perché ne hanno viste troppe. Catania trent’anni fa viveva una situazione molto peggiore dell’attuale, basti pensare al numero di omicidi. Adesso la città è cresciuta e bisogna dire ai catanesi: ‘Avete un grande tesoro che siete voi stessi’. Catania è una risorsa per sé stessa e per tutta la Sicilia. La battaglia che i siciliani devono condurre è contro il Gattopardo come simbolo dell’immobilismo e della rassegnazione”.

I cattolici e la politica, è l’ora dell’expedit

Lei ha lanciato un appello ai fedeli: “Impegnatevi in politica”. Cosa intendeva dire?
“La politica a Catania è molto vivace, ci sono tante persone che amministrano e militano in politica però io credo che tante altre non entrino in politica perché sono un po’ rassegnate e credono non si possa cambiare granché. La presenza di maggioranza e di minoranza con una minoranza che si faccia sentire aiuta la maggioranza, aiuta ad essere migliori.
Tante volte nella nostra Sicilia manca un po’ questa dialettica, una dialettica che permette di coniugare democrazia e libertà. Il Presidente della Repubblica lo ha ribadito a Trieste nella settimana sociale dei cattolici: ‘Democrazia va sempre coniugata con libertà’. Perché le democrazie illiberali sono una contraddizione in termini. Faceva riferimento alla ‘Carta del lavoro del Fascismo italiano’ che diceva: ‘Tutto dentro lo Stato, tutto per lo Stato e tutto dallo Stato’. Ecco, questa non è democrazia.
La mancata partecipazione alle elezioni, il fatto che si getti la spugna nell’impegno politico, il fatto che ci sia anche poca dialettica, può portare le maggioranze a cullarsi; ma io ho grande stima di coloro che stanno governando Catania e la Sicilia. Dico, però, che le minoranze devono far sentire le loro voci e devono essere ascoltate; questo porta a vivere in un clima democratico”.

A Catania il primo seminario interdiocesano della Sicilia

Quali iniziative ci sono da segnalare in seno alla formazione del clero?
“L’anno scorso abbiamo fatto un percorso sulla questione del gender, quest’anno ci formiamo sull’indifferenza religiosa e il mondo giovanile. Abbiamo cominciato con una docente dell’Università di Catania, Arianna Rotondo, e continueremo con l’Istituto Toniolo di Milano perché noi dobbiamo ‘passare lo Stretto’, non per fuggire ma per dialogare. I siciliani sono in grado di lasciare il segno e di esportare cose di grande valore: basti pensare alla letteratura siciliana tra fine ‘800 e inizi ‘900 che è la più importante d’Italia. La prima volta che ho sentito parlare della Madonna di Ognina è stato grazie a Verga e ai Malavoglia. Bisogna passare lo Stretto con dignità e prendere il meglio, senza campanilismi.
Il campanilismo uccide il Sud. La Puglia si è sottratta a ciò e siamo stati in grado di confrontarci con Vendola, Fitto, Emiliano. Non bisogna cercare il privilegio, ma essere se stessi, guardare ai governi e misurarsi con le proprie forze.
Il nostro seminario è il primo seminario interdiocesano della Sicilia e significa che educatori e seminaristi fanno lo stesso percorso per volontà di tre vescovi: Catania, Nicosia e Ragusa. Formatori, dunque, di tre realtà col valore aggiunto di crescere con persone che vengono da altre sensibilità. Si formeranno in 27; la Sicilia e la Campania sono le regioni col maggior numero di vocazioni. Ce ne vorrebbe qualcuna in più perché ci sono stati degli anni ‘vuoti’, si pensi agli anni del Covid. Naturalmente la questione non è quantitativa ma di modo di essere”.

Monsignor Renna, arcivescovo di Catania

Incoraggiare l’impegno dei sacerdoti

Il Papa è estremamente concreto e si getta nelle cose concrete, il clero ha recepito questa necessità?
“Credo che il clero abbia bisogno di essere guidato. Ho sempre presente un vecchio adagio che dice: ‘Se tu corri gli altri camminano, se tu cammini gli altri muovono qualche passo, se tu muovi qualche passo gli altri stanno fermi’.
In queste cose bisogna correre, bisogna dare un input, bisogna guidare con la chiarezza delle idee, cercando di promuovere il laicato, che non è un clero di riserva, e che a Catania è stato molto ben formato da alcuni preti che hanno lavorato nel mondo della cultura e delle periferie. Si pensi a Ventorino, al mondo salesiano e tanti altri.
Il clero italiano, nel periodo che è andato fra la fine degli anni ‘90 e il pontificato di Papa Francesco, è stato segnato da forme tradizionaliste che provengono dal fatto che l’indifferentismo religioso, il laicismo portano i preti a sentirsi più sicuri in alcune forme che sono quelle della piccola comunità e dei piccoli gruppi. Papa Francesco ha trovato il clero e parte della chiesa Occidentale in questa situazione e sta cercando di dare un indirizzo. E quindi ecco l’importanza del seminario e della formazione permanente del clero”.

Caritas sempre più punto di riferimento

La Caritas sta funzionando molto bene e ci sono passi in avanti sotto il profilo della comunicazione…
“Don Nuccio Puglisi sta lavorando molto bene e in rete. La Caritas non è semplicemente un ufficio ma è un coordinamento. Penso al lavoro che fanno alla Locanda del Samaritano o al lavoro in altre zone della diocesi. Ci sono zone con una grande concentrazione di migranti e la Caritas lavora tantissimo.
La mensa a Catania è vicino alla stazione e si sta lavorando su tanti altri servizi: centro di ascolto, luogo per le docce e la barba, c’è un piccolo ambulatorio, ci sono i medici che fanno volontariato. La nostra Caritas funziona, i bisogni sono tanti e sta aumentando il numero di persone che si rivolgono alla Caritas.
C’è un grande lavoro del commissario, Valeria Pisasale, che si occupa della gestione economica. Stiamo lavorando sulla comunicazione. Abbiamo un giornalista professionista, Di Fazio e Catania è l’unica città che ha una pagina su Avvenire due volte al mese, abbiamo le pagine Facebook, il corso per i giovani giornalisti che ci collaborano; l’anno scorso due di loro sono stati assunti per uno stage ad Avvenire a Milano. Il giornalismo è democrazia”.

Gap tra centro e periferia. Le iniziative premiano

Come si può far aumentare il numero di presenze nelle chiese?
“Non so se ritorneremo ai trend del passato, 20-30 anni fa la famiglia la domenica si fermava, oggi è la famiglia stessa che fa altre scelte. Dove ci sono sacerdoti che lavorano e annunciano ci sono delle risposte, però in alcuni quartieri è molto difficile. Abbiamo, però, un pulpito particolare che sono le chiese del centro nelle quali si riversa la città e la provincia.
L’anno scorso si è riaperta la chiesa di Santa Teresa su via San Giuliano in cui si celebra alle 20.00 di sera e che è aperta per ‘i cani sciolti senza collare’, un posto accogliente per tutti e che ospita spesso universitari che non sono battezzati e cresimati. La Collegiata il venerdì alla 20.00 ha la lectio divina, la domenica alle 11.00 a San Benedetto c’è la messa in inglese e ci sono tante altre chiese del centro che offrono un servizio aperto a tutti.
Le iniziative della Pastorale Universitaria di Catania sono di grande valore, tenute da Padre Narciso Sunda dei gesuiti e Arianna Rotondo che fanno un percorso sulle emozioni per i giovani che studiano ma hanno bisogno di recuperare una dimensione umana. Penso poi alla pastorale carceraria di Alfio Pennisi, all’iniziativa creata da un gruppo che è nato a Catania che si chiama ‘Gli amici di Rosso Malpelo’ con cento ragazzi volontari che fanno doposcuola gratuito in città”.

Un patrimonio culturale che si sta valorizzando

Quali iniziative state mettendo in campo per la tutela dei Beni culturali?
“I beni culturali vanno valorizzati, conosciuti e continuamente studiati. C’è un convegno che investe i restauri 2023 e 2024. È bene che i restauri che si fanno siano pubblicizzati e fatti conoscere. Noi dedichiamo una giornata a quelli che ha restaurato la Diocesi, penso allo Spadino, al Re Ludovico che è stato trovato in una tomba, ed è stato in mostra al Louvre, ritorna e sarà ripresentato a giorni. Ci sono i Portali del Mazzola e cinque, sei facciate che abbiamo restaurato in questi tre anni. I beni culturali in questione sono stati restaurati con i fondi dell’8×1000, della Regione e una piccola compartecipazione della Diocesi. Studiare la nostra storia è altrettanto importante. Il 17 e 18 dicembre faremo un convegno sulla storia civile e religiosa di Catania. C’è un’interpretazione ideologica su alcuni momenti della storia: si pensi all’accostamento di Sant’Agata al culto di Iside. Chi dice questo non conosce la severità dei primi autori cristiani che non andavano nemmeno a teatro, alle rappresentazioni perché si rappresentavano i miti pagani o alle corse dei cavalli. Come si può pensare ad una commistione del genere nei primi secoli? Il culto della Dea Madre lo troviamo sin dalla Preistoria ma il cristianesimo ha costituito una cesura. Abbiamo un convegno storico con grandi autori: “Agata, Lucia ed Euplio” e dunque il culto del martirio nei Primi secoli”.

Monsignor Renna, arcivescovo di Catania

“Il Papa a Catania? Voglio tentare, ma non è semplice”

Riuscirà a “portare” il Papa a Catania?
“Voglio tentare ma capisco che in questo momento il Papa sta scegliendo di andare all’estero. Un tentativo però bisogna farlo. C’è una sensibilità del Pontefice per quei luoghi dove vede un bisogno particolare. Non dimentichiamoci, però, che l’anno prossimo compirà 89 anni”.

Papa Wojtyla venne in Sicilia e fu una grande scossa…
“Anche se venisse Papa Francesco sarebbe una grande scossa, ma se non dovesse riuscire a farlo, andiamo noi. C’è il Pellegrinaggio dell’anno Santo diocesano dal 23 al 26 di aprile. I costi sono alti ma le occasioni tante. Rispetto ai tempi di Papa Wojtyla abbiamo più mezzi per ascoltare il Papa. Ogni giorno con internet possiamo restare in collegamento. Il Papa ha speso delle parole sulle mafie quando è stato in Calabria e quando ha scritto l’anno scorso la lettera su Padre Puglisi. Papa Wojtyla riuscì a viaggiare in tante località italiane e all’estero portando la propria presenza e le proprie parole”.

La festa di Agata nel segno della speranza

La Festa di Sant’Agata è alle porte, quali novità ci sono in campo?
Le novità le stiamo discutendo, giorno 2 ci sarà la conferenza stampa sulla festa di Sant’Agata, io cerco di scegliere sempre un tema che accompagni i lavori e quest’anno è “Sant’Agata segno di speranza e segno di libertà”. La speranza per tante persone che hanno bisogno, ma voglio insistere sulla libertà da tutto ciò che condiziona, le dipendenze, la condizione delle donne.

Tanti cittadini, però, si ricordano di essere devoti solo durante la festa…
É una risorsa, non è un problema perché se non ce lo avessimo, la gente venererebbe le teste di cavallo! Almeno abbiamo l’opportunità di avvicinare tante persone. Quello che accade nel cuore di tante persone, a volte, è lontano dal vero spirito di quelle giornate. É importante che ci sia questo grande legame popolare anche se a volte ha dei tratti quasi di paganesimo. I miei predecessori nell’800 hanno dovuto vietare, in maniera severa, le ‘ntuppatedde che erano diventate un mercimonio, ragazze che andavano in giro con vestiti eleganti, volto coperto e fare disinibito. Non è un richiamo al culto di Iside.

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