Il Governo ha “bocciato” due leggi siciliane: oltre a quella che intendeva ripristinare le elezioni dirette negli enti, anche una norma sull’adeguamento del tariffario regionale della sanità
ROMA – Due leggi regionali impugnate, quelle siciliane, sulle venticinque esaminate dal Consiglio dei ministri presieduto da Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Due colpi alle iniziative legislative del governo di coalizione presieduto da Renato Schifani. Uno dei quali anche prevedibile alla luce del mancato intervento legislativo nazionale per supportare quello regionale. Si tratta della riforma delle province siciliane, tanto discusso nell’ultimo passaggio parlamentare all’Ars ma anche nei precedenti interventi.
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, ha quindi esaminato venticinque leggi regionali deliberando di impugnarne due siciliane tra le quali “la legge della Regione Siciliana n. 27 del 18/11/2024, recante ‘Disposizioni in materia di urbanistica ed edilizia. Modifiche di norme’, in quanto talune disposizioni, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa statale in materia di elezione dei Presidenti dei liberi Consorzi comunali e dei Consigli metropolitani, violano gli articoli 1, 3, 5 e 114 della Costituzione”.
La legge della Regione Siciliana 18 novembre 2024, n. 27, è inevitabilmente “censurabile relativamente ad alcune disposizioni” perché queste “eccedono dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione Siciliana…