Start up innovative, la Sicilia mette il turbo ma ancora non attrae gli investitori stranieri - QdS

Start up innovative, la Sicilia mette il turbo ma ancora non attrae gli investitori stranieri

Start up innovative, la Sicilia mette il turbo ma ancora non attrae gli investitori stranieri

martedì 06 Agosto 2019

Unioncamere e Mise: nell’Isola +857% di queste imprese negli ultimi sei anni, ma in termini relativi siamo indietro. Oltre la metà delle startup innovative siciliane si colloca in due province Palermo e Catania, con 303 imprese di questo tipo. Parla Gero La Rocca, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria

PALERMO – Un vero e proprio boom di startup innovative: in poco più di cinque anni il numero in Sicilia è cresciuto dell’857%. Infatti, secondo i dati contenuti all’interno del “Cruscotto di indicatori statistici – Startup innovative”, elaborato congiuntamente da Unioncamere e ministero dello Sviluppo economico, al primo semestre dell’anno in corso il numero di startup innovative iscritte alla sezione speciale del registro delle imprese (ai sensi del decreto legge 179/2012) nell’Isola è stato pari a 517, quasi dieci volte tanto rispetto alle 54 rilevate a fine 2013.

In termini percentuali, rispetto al periodo considerato, si tratta della terza crescita più consistente a livello nazionale: infatti, una crescita superiore si rileva solo in Calabria (+1.055%, dalle 20 di fine 2013 alle 231 dello scorso 30 giugno) e Basilicata (+1.133%, da 9 a 111).

In generale, tutte le regioni italiane hanno assistito ad un notevole incremento del numero di startup innovative: basti pensare che Sardegna (+177,8%, da 54 a 150) e Trentino Alto Adige (+226%, da 83 a 271) sono le regioni in cui è stata registrata la crescita percentuale più modesta e si supera ampiamente il 100%. A livello nazionale, si è passati dalle 1.729 del 31 dicembre 2013 alle 10.426 del primo semestre in corso (+503%), valore in aumento di 351 unità rispetto a marzo 2019.

Se in termini percentuali la Sicilia se la cava così bene, lo stesso, purtroppo, non può dirsi anche in termini relativi. Infatti, sebbene ci collochiamo nella prima metà della classifica (settimo posto in Italia), siamo ancora lontanissimi da regioni come la Lombardia, in cui il numero di startup innovative è quintuplo rispetto al valore siciliano (2.656), o il Lazio che ne detiene un numero più che doppio (1.156). A seguire, al terzo e quarto posto, troviamo rispettivamente Emilia Romagna (903) e Veneto (890). Abbastanza bene anche la Campania (818), realtà meridionale che si colloca al quinto posto in Italia e riesce a scalzare un’eccellenza settentrionale come il Piemonte (sesto, con 552 startup innovative registrate al primo semestre dell’anno in corso).

Oltre la metà delle startup innovative siciliane si colloca unicamente in due province: infatti, Palermo e Catania, con 303 startup totali, assorbono complessivamente il 58,6% del totale siciliano (rispettivamente 167 e 136 startup innovative). Non a caso, queste due province si trovano tra le prime venti città italiane per numerosità (rispettivamente tredicesimo e ventesimo posto). Milano apre la classifica con quota 1.860: praticamente, quasi una startup innovativa su cinque si trova nel capoluogo meneghino (18%), città che concentra circa il 70% del totale lombardo. A seguire troviamo Roma (1.037), che da sola assorbe l’89,7% delle startup innovative registrate in tutto il Lazio, Napoli (380), Torino (338) e Bologna (322).

Mentre, tra le ultime venti province, troviamo ben tre siciliane: Ragusa (ottantaseiesima con 19), Agrigento (novantunesima con 12) e Enna (novantasettesima con 10). Chiudono la classifica Vibo Valentia (centoquattresimo posto in Italia con appena cinque startup innovative registrate) e Oristano (centocinquesima con tre). Proprio Ragusa ed Agrigento si trovano anche tra le ultime dieci province per minore densità: infatti, in queste due città, il numero di startup innovative rappresenta rispettivamente lo 0,93% e 0,76% delle nuove società di capitali nelle due province.

Nonostante gli evidenti segni di crescita, sta di fatto che la Sicilia non rappresenta affatto una meta attrattiva: infatti, stando al rapporto “Italia startup Visa&Hub” del ministero dello Sviluppo economico, aggiornato al primo trimestre dell’anno in corso, nessun imprenditore extra Ue ha inteso avviare una startup innovativa nella nostra regione. Tutto ciò mentre in Lombardia si concentrano 87 investitori esteri, il numero più alto a livello nazionale.

Gero La Rocca, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, fa il punto della situazione in Sicilia, evidenziando le principali criticità
L’Isola tra le ultime in Europa per Indice di competitività regionale
Un ambiente poco attraente e sostenibile per insediare start up
Disponibili le risorse dell’Asse 1 del Po Fesr 2014/2020 ma la Regione dovrebbe premere il piede sull’acceleratore.
Dunque, la nostra regione potrebbe sfruttare meglio le risorse disponibili e puntare su sviluppo ed efficientamento. Abbiamo chiesto a Gero La Rocca, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Sicilia, di fare per il QdS il punto sulla situazione isolana.

Cosa manca alla nostra regione per raggiungere migliori risultati? Su cosa si dovrebbe puntare per permettere che ciò accada?
“La risposta alla sua domanda è contenuta in tre lettere: Rci, ossia Indice di competitività regionale, che misura la capacità di una regione di offrire un ambiente attraente e sostenibile alle aziende e ai cittadini che vi vivono e lavorano ed è in grado di fornire una prospettiva europea sulla competitività delle regioni dell’Ue. Anche nell’ultima analisi la Commissione europea ha relegato la Sicilia agli ultimi posti a livello europeo. Un dato che non trova giustificazione alcuna se consideriamo le risorse che la Sicilia riceve da oltre un quarto di secolo. Bisogna puntare in modo serio e trasversale sulla competitività del territorio per cercare di intervenire sul gap rispetto al contesto nazionale e globale. Oggi non siamo ‘business friendly’, non c’è un clima favorevole alle imprese, anzi troppo spesso le opportunità derivanti da investimenti vengono avversate se non letteralmente aggredite. E io dico sempre che se un contesto del genere mette in seria difficoltà un’azienda strutturata, si figuri cosa significa per una azienda giovane o addirittura una start-up. Chi volete scelga per i propri investimenti un territorio dove la cultura del servizio ai cittadini e alle imprese è troppo poco diffusa e i diritti vengono, più o meno colpevolmente, scambiati per favori?”

Secondo il rapporto trimestrale Italia Startup Visa, aggiornato al primo trimestre dell’anno in corso, nessun imprenditore extra Ue intende trasferirsi in Sicilia per avviare una startup innovativa. Come sarebbe possibile rendere lo scenario siciliano più appetibile? Su cosa si dovrebbe puntare per aumentare l’attrattività? Di quali effetti positivi beneficerebbe il territorio da una maggiore presenza di investitori esteri?
“Occorre valorizzare il recupero del territorio in una prospettiva più istituzionale e sfidante in cui le imprese e le politiche, a tutti i livelli, comprese quelle pubbliche da cui dipende anche la certezza normativa e la qualità dei servizi essenziali per le imprese e per i cittadini, rendano perseguibile un modello di crescita e di sviluppo competitivo in grado di assicurare il più possibile la resilienza del sistema locale a vantaggio del capitale qualificato rappresentato dai giovani e dalla classe dirigente. La qualità amministrativa è una condizione primaria di competitività dei territori e una pubblica amministrazione efficiente ed efficace avrebbe il merito di rendere la Sicilia credibile e attrattiva.
Abbiamo tutti gli strumenti per potere dare una svolta del genere. Si tratta di operare un cambiamento di tipo strutturale, creando un nuovo modello di crescita sociale, in cui i fattori dell’innovazione istituzionale, tecnologica ed economica siano strettamente interdipendenti. Tra l’altro ci sono anche le risorse: l’Asse 1 del Po Fesr 2014/2020 prevede infatti il sostegno alla creazione e al consolidamento di start-up innovative e alle iniziative di spin-off della ricerca. La Regione però dovrebbe premere il piede sull’acceleratore per recuperare un ritardo che in un settore come quello dell’innovazione rischia di azzerare ogni effetto positivo sul mercato”.

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