A Racalmuto la mostra sull'amicizia tra Sciascia e Pasolini

A Racalmuto la mostra sull’amicizia tra Sciascia e Pasolini nelle carte d’archivio

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A Racalmuto la mostra sull’amicizia tra Sciascia e Pasolini nelle carte d’archivio

Redazione  |
martedì 25 Ottobre 2022

Due fra i più grandi scrittori italiani del Novecento che "avevano pensato le stesse cose, dette le stesse cose, sofferto e pagato per le stesse cose"

La Fondazione Sciascia di Racalmuto fino al 25 febbraio 2023 ospita la mostra “Sciascia e Pasolini tra i documenti in archivio”. Sono esposte lettere degli anni Cinquanta e Sessanta quando a Caltanissetta lo scrittore Leonardo Sciascia e l’editore Salvatore Sciascia avevano dato vita a un centro culturale riconosciuto in tutto il Paese fondando una rivista, “Galleria”, alla quale collaboravano molti dei più importanti letterati italiani.

In una lettera Pier Paolo Pasolini prepara la recensione al primo libro di Sciascia; in altre propone la pubblicazione di sue poesie o di un racconto di Giorgio Bassani. Esemplare ancora oggi una lettera di Sciascia del 1968 che conferma il suo voto per Pasolini al Premio Strega di quell’anno e respinge le profferte ricevute da Alberto Bevilacqua che gli chiedeva il voto.

Sono esposte anche le prime toccanti pagine del dattiloscritto de “L’affaire Moro” (1978), dedicate a Pier Paolo Pasolini: Sciascia mandò una delle due copie del dattiloscritto al traduttore francese Jean-Noel Schifano, il libro uscì contemporaneamente in Francia e in Italia. Ma in mostra ci sono anche lettere di Vincenzo Cerami, Nico Naldini, Enzo Siciliano che chiedono allo scrittore di Racamuto pareri e contributi. Inoltre è presentata l’ultima recensione di Pasolini, dedicata al romanzo “Todo modo” di Sciascia. Esposti anche articoli di Sciascia su Pasolini: la pagina commossa scritta all’indomani della morte dell’amico e un articolo sull’aborto e i cattolici.

Attraverso le carte d’archivio si può osservare, da una delle tante possibili angolazioni, il rapporto intenso che legò due fra i più grandi scrittori italiani del Novecento che “avevano pensato le stesse cose, dette le stesse cose, sofferto e pagato per le stesse cose” (così scrisse Sciascia all’indomani della morte di Pasolini).

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