Regione, basta debiti, produrre ricchezza - QdS

Regione, basta debiti, produrre ricchezza

Carlo Alberto Tregua

Regione, basta debiti, produrre ricchezza

venerdì 10 Gennaio 2020

Il decreto legislativo dello scorso 27 dicembre, n. 158, oltre ad occuparsi dell’armonizzazione dei sistemi contabili, ha statuito che la Regione siciliana, qualora adempia agli impegni cogenti di rispettare gli specifici parametri di virtuosità, quale la riduzione della spesa corrente, a cominciare dall’esercizio finanziario 2020, potrà diluire in dieci anni, anziché in tre, l’enorme debito che grava su di essa.
Il predetto Dlgs ha inserito un’altra norma che prevede l’istituzione del Collegio dei Revisori dei Conti, i cui componenti verranno scelti a sorte fra i revisori legali di cui al Dlgs n. 39/10.
Tali revisori avranno il compito di vigilare sulla corretta osservanza dei principi dell’equilibrio e della sana gestione del bilancio, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo (…).Inoltre, il Collegio esercita la sue funzioni nell’ambito delle necessarie forme di coordinamento e di collaborazione con le Sezioni regionali della Corte dei Conti. Dunque, una sorta di trait-d’union.

Nella norma vi è un difetto: l’istituzione dell’elenco regionale dei revisori dei conti dovrà essere eseguita con apposita legge regionale da approvarsi entro il 31 dicembre 2020, cioè tra un anno.
Campa cavallo, perché in tal modo, per un anno, tali revisori non vi saranno, con quello che ne consegue.
Tutti sanno che l’enorme gravame debitorio della Regione siciliana non è di responsabilità del Presidente Musumeci, ma di tutti i governi che l’hanno preceduto. Tuttavia, chi governa oggi deve in qualche modo pianificare il rientro dal debito, razionalizzando la spesa e, soprattutto, tagliando quella cattiva.
È ora di smetterla di continuare a fare debiti su debiti. Piuttosto, è venuto il momento di recuperare risorse eliminando le inefficienze della macchina regionale, tagliando i privilegi e destinando tutte le risorse così risparmiate agli investimenti in infrastrutture, al finanziamento di nuovi cantieri e al sostegno, vero e non teorico, delle imprese siciliane dei diversi settori merceologici.
È ora di smetterla con l’assistenzialismo al sottosviluppo, occorre ribaltare il criterio passivo in uno attivo.
Sappiamo che in Assemblea regionale vi è una scadente rappresentatività dei cittadini, perché non vengono eletti i deputati più bravi, bensì quelli più capaci di raccogliere i voti basati sul favoritismo e sul clientelismo e non su progetti di lungo respiro.
Però, fra i settanta deputati regionali, vi è una cospicua minoranza di persone capaci e perbene. Sono loro che devono riuscire a ribaltare l’inazione e l’incapacità di fare ripartire l’Isola, mediante leggi efficienti, semplici e chiare che perseguano l’interesse generale.
Ripetiamo da sempre, noiosamente, gli enormi tesori della Sicilia, di cui vi risparmiamo l’elenco. Ed è proprio su questi tesori che la Regione, insieme al tessuto imprenditoriale, può costruire una forte economia basata sul valore della bellezza che è quasi sempre dimenticato qui.
Ricordiamo che, contrariamente a quanto afferma qualche ignorante, con la cultura si mangia, ma solo se essa viene messa a reddito con la conseguenza che può produrre ricchezza, occupazione e imposte.

La Regione siciliana non solo deve uscire dall’emergenza, deve anche perseguire alcuni importanti obiettivi di medio periodo.
Il primo riguarda la costruzione del Ponte sullo Stretto, un’opera che costerebbe meno del Mose e che darebbe un impulso formidabile alle economie di Sicilia e del Sud.
Il secondo riguarda la continuità territoriale, da sempre promessa e mai accordata. C’è da mettersi d’accordo se la Sicilia debba essere considerata un’Isola oppure no. Nel primo caso vanno applicati i relativi benefici, anche europei. Se invece fa semplicemente parte del territorio nazionale deve ottenere di conseguenza le stesse risorse pubbliche che sono destinate, per esempio, a Lombardia, Veneto o Piemonte.
La Regione deve tornare ad essere, come cinquant’anni fa, il motore della sostenibilità ambientale e sociale, spendendo tutti, ma proprio tutti, i fondi Ue ed Fsc, mediante una macchina burocratica che funzioni come una Ferrari e non come una Cinquecento.

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