Le misure emergenziali adottate in questi mesi dal governo nazionale per il contenimento del Covid-19 hanno messo in evidenza quanto ancora sia difficile il rapporto tra le Regioni e uno Stato che lascia ben poco spazio alle scelte dei governatori. Mai come in questo periodo abbiamo sentito le Regioni chiedere a gran voce la possibilità di assumersi le responsabilità della ripartenza mediante decisioni autonome rispetto alle direttive centrali.
E soprattutto in questi ultimi giorni i governatori hanno chiesto aperture differenziate e gestioni diversificate, proprio perchè alcune Regioni sono a vocazione turistica ed altre industriale e diversi sono i numeri del contagio. Il premier Conte sembra essere rimasto irremovibile sul fronte della uniformità di comportamento, confermando in questo modo quanto temuto dai governatori: finché si tratta di gestire la cosiddetta normalità, le Regioni hanno campo libero, in caso contrario lo Stato decide al posto loro. Tant’è che alle ultime levate di scudi di alcune Regioni (Lombardia, Veneto, Friuli e Calabria, ad esempio) rispetto alle decisioni romane sulle date di riapertura degli esercizi commerciali, il presidente del Consiglio ha avvertito che le avrebbe considerate illegittime.
Su questo argomento è tornato a parlare il Presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, intervenendo in alcune trasmissioni nazionali. Il governatore ha ribadito che “Le Regioni hanno diritto di avere autonomia, nel contesto di norme nazionali arrivate all’ultimo momento, perché conoscono più di tutti le realtà del territorio”.
“Abbiamo impiegato cinque giorni di confronto con il Governo per arrivare a queste linee guida – ha sottolineato riferendosi alla seconda fase del lock down – Conte ha detto che eravamo divisi … abbiamo dimostrato che non era vero e abbiamo presentato le linee guida sottoscritte da tutti. A quel punto il Governo si è diviso tra chi voleva ascoltare le Regioni e dare loro autonomia e chi si è iscritto al partito del comitato tecnico scientifico e dell’Inail, quindi alle misure di massima ristrettezza e per certi versi misure illogiche”.
“La politica – ha proseguito Musumeci – deve assumersi la responsabilità di decidere, dopo aver ascoltato i consulenti ma non è lo scienziato che può definire una norma, questo purtroppo è accaduto ed è una manifestazione evidente della mancanza di fiducia nelle Regioni. è chiaro che noi governatori siamo i primi a dover mantenere l’equilibrio, visto che viviamo di consenso e il consenso si ottiene se determiniamo il controllo del contagio e se determiniamo la ripartenza. Abbiamo chiesto autonomia e questo vuol dire soprattutto responsabilità, significa capacità di assumere l’onere delle conseguenze, sia positive che negative. Il governo su questa tesi ha tergiversato, ha perso tempo e abbiamo perso una notte insonne nel confronto con Roma, ma alla fine le linee guida che noi regioni avevamo proposto al presidente del Consiglio sono diventate materia del premier. L’Italia non è un territorio omogeneo, anche dal punto di vista del dato epidemiologico e questo è sotto gli occhi di tutti. Il Mezzogiorno se l’è passata meglio. La riapertura rappresenta una molla psicologica, qui siamo al deserto dell’economia, ognuno spera di poter guardare avanti con un minimo di prospettiva. Credo sarà necessario rapportarci con il dato epidemiologico e se il dato dovesse subire variazioni si dovrà intervenire subito, senza aspettare Roma, ma oggi in Sicilia respiro un’aria nuova, è tornato il sorriso”.
Raffaella Pessina

