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Abbiamo fatto l’Europa facciamo gli europei

Abbiamo fatto l’Europa facciamo gli europei
PARLAMENTO EUROPEO UE EU SEDE DI STRASBURGO EUROPARLAMENTO AULA

Pensarsi come un popolo

Ricordate la frase di Massimo D’Azeglio: “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”?
Ci richiama l’attuale situazione dell’Unione europea, i cui diversi Trattati hanno stabilito regole, organizzazione e funzionamento sulla Carta, che poi non sono stati trasferiti nella realtà, a eccezione del trattato di Maastricht che ha istituito l’Unione economica e monetaria, la quale, avendo affidato il compito di gestione della moneta unificata alla Banca centrale europea (Bce), ha funzionato, nel bene e nel male.

La Bce ha lavorato in parallelo con la Federal reserve (Fed) statunitense. I due istituti centrali hanno gestito l’enorme inflazione di oltre il 20% scattata negli anni 2021, 2022 e 2023. Cosicché oggi essa è stata ricondotta nell’alveo ed è scesa sotto la soglia fisiologica del 2%.

Ma per il resto l’Unione non funziona perché non è altro che la somma algebrica di ventisette capi di Stato e di Governo, i quali hanno il potere di veto, per cui è difficile che una decisione giunga a conclusione in quanto abbisogna dell’unanimità, salvo casi appositamente elencati per cui basta l’approvazione a maggioranza qualificata (65% della popolazione).

La questione vera che oggi riportiamo in rassegna è che la Commissione europea di questi decenni non ha fatto nulla sul piano culturale e sociale per far comprendere ai 448 milioni di europei/e la necessità primaria di considerarsi cittadini/e dell’intero perimetro; e, necessità forse non secondaria, di adottare tutti i provvedimenti consequenziali. Per cui quando si interpellano i/le cittadini/e di Stoccolma, questi/e non hanno nulla a che vedere con quelli/e di Ragusa: non vi è alcun elemento identificativo di tipo europeo.

Quando l’opinione pubblica è composta da modi di sentire (sentimentals), da modi di vedere, da modi di ragionare assolutamente diversi, non si produce la necessaria amalgama che deve esserci in un’unione di popoli, che attraverso questo processo culturale dovrebbe diventare un popolo unico.
Quanto diciamo non è un’illazione o una velleità, perché esistono realtà come quella da noi prospettata, e precisamente gli Stati Uniti e la Russia, anch’essa confederazione di Stati, ma per nulla democratica secondo i canoni occidentali.

È vero che la Commissione europea si deve preoccupare della crescita economica delle popolazioni dei ventisette Stati, ma è anche vero che dovrebbe svolgere un’intensa attività di sensibilizzazione culturale per trasmettere il principio unificante prima descritto, che porti nel volgere di qualche anno o decennio ad avere la sensibilità di appartenere a un popolo unico, seppure con diverse o diversissime radici, abitudini, modi di fare e modi di intendere.

Ma questa azione culturale non è mai stata iniziata se non con piccole, insignificanti e modeste iniziative, per cui in ogni popolo è rimasta la propria identità nazionale che non consente ai propri vertici istituzionali di ragionare come un componente dell’Unione, bensì come una nazione a sé stante.
Insistiamo molto su questa carenza perché quando si verifica un caso di emergenza come quello attuale, e cioè affrontare la difesa comune, le difficoltà per varare un piano sono insormontabili.

Riteniamo, infatti, che la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, avrà enormi difficoltà per passare dall’annuncio ReArm a una concreta elaborazione di un piano, perché troverà molti capi di Stato e di Governo dissenzienti e forse il suo piano potrebbe non vedere mai la luce.

Si dirà che il Parlamento (che è una delle due Camere attraverso cui si approvano le norme), non ha la possibilità di approvare in via definitiva le leggi – perché esse debbono passare dall’approvazione della seconda Camera, che è il Consiglio d’Europa – in quanto ha un margine d’azione monco, quindi inefficace. C’è da augurarsi che le istituzioni europee prima indicate (Parlamento e Consiglio d’Europa) prendano in esame, su iniziativa della Commissione, un programma di acculturamento e di informazione nei confronti di tutti/e i/le cittadini/e dei diversi Stati con l’intento primario di farli/e diventare cittadini/e europei/e.

Parafrasando: “Abbiamo fatto l’Europa, ora dobbiamo fare gli europei”.