Il quadro nell’indagine “Mai dati” di Chiara Lalli e Sonia Montegione con l’Associazione Luca Coscioni. Dieci regioni, tra cui la Sicilia, non hanno fornito i numeri 2021 di obiettori e Ivg
ROMA – Piccolo aggiornamento nell’indagine Mai Dati curata da Chiara Lalli e Sonia Montegiove insieme all’Associazione Luca Coscioni riguardante il numero degli obiettori di coscienza all’interno delle strutture sanitarie italiane.
Dieci Regioni hanno infatti risposto alla richiesta di accesso civico generalizzato ai numeri regionali fornendo i dati relativi all’anno 2021, mentre altre dieci, tra cui la Sicilia, non hanno ancora reso pubblici i loro numeri. Insieme all’isola, anche Lazio, Calabria, Toscana, Basilicata, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Trentino Alto Adige. I dati ministeriali restano invece aggiornati al 2020.
A tal proposito, Lalli e Montegiove hanno rinnovato la richiesta di aggiornamento, dapprima indirizzata al ministro Roberto Speranza e caduta nel vuoto, anche al neo ministro della Sanità Orazio Schillaci sottolineando la necessità di “un’azione di discontinuità rispetto al precedente Governo: pubblicare dati aperti e dettagliati sulle singole strutture, così come previsto dal codice dell’amministrazione digitale. Aprire i dati è fondamentale per poter conoscere lo stato di salute della legge 194/1978, per evitare sospensioni del servizio di Ivg ed erogazioni con tempi dilatati che mettono a rischio la salute della donna. È fondamentale, inoltre, che ogni donna sappia in maniera chiara e tempestiva dove rivolgersi per accedere all’Ivg. Solo conoscendo nel dettaglio questi dati si possono programmare interventi per una corretta applicazione della 194/1978 a beneficio della tutela della salute di tante donne”.
“Queste mappe purtroppo sono solo parzialmente utili – continuano – perché senza un flusso continuo i dati ricevuti invecchiano subito, ma sono la direzione verso cui dovrebbe andare il Ministero invece di continuare a pubblicare un lungo documento in formato pdf. La recente pubblicazione da parte del Ministero delle tabelle in formato excel non risolve i difetti principali: i dati sono vecchi (2020), aggregati per Regione e non per singola struttura. Rinnoviamo dunque la nostra richiesta all’attuale Ministero: sarebbe davvero un piccolo sforzo per la Pubblica amministrazione, ma uno sforzo dovuto e che avrebbe molte conseguenze positive”.
L’indagine ha confermato l’alto numero di obiettori di coscienza in Molise, il quale registra nella prima struttura ospedaliera, non punto Ivg, il 100% di medici ginecologici obiettori, mentre nella seconda, punto Ivg, otto obiettori su dieci ginecologi. Seguono la Puglia (otto ospedali con obiezione al 100% su 35 totali, di cui sette non sono punti Ivg e uno è punto Ivg) e le Marche (due ospedali su 17 totali, dei quali non si sa quali siano punti Ivg e quali no).
Le Regioni con la più bassa percentuale di punti Ivg sono invece la Campania (28,4%, 19 su 67 punti Ivg), l’Abruzzo (33,3%, 5 su 15 sono punti Ivg), e il Molise con due sole strutture ospedaliere, una punto Ivg e una no. Il Molise si conferma quindi la Regione con la situazione più drammatica. Almeno secondo un’indagine parziale, a cui mancano i dati di mezza Italia.
La Sicilia rimane un oggetto misterioso. Gli unici dati a disposizione sono infatti quelli forniti dal ministero relativi all’anno 2020 e non suddivisi per struttura ospedaliera, come hanno già sottolineato Lalli e Montegiove. I numeri sono infatti aggregati e generici, oltre che vecchi, e non restituiscono la reale situazione dello stato di salute della 194/1978 nella nostra regione.
Si tratta comunque di dati abbastanza drammatici: secondo il Ministero, infatti, in Sicilia l’81,6% dei medici ginecologi, il 73,1% degli anestesisti e l’86,1% del personale non medico è obiettore; percentuali, le più alte del Meridione, che rendono l’isola una delle regioni in cui è più difficile applicare la 194, insieme al Molise, all’Abruzzo e alla Basilicata. Nella nostra isola, inoltre, poco più della metà delle strutture ospedaliere è un punto Ivg (54%), mentre nulla è specificato sul nome e sulla provincia di riferimento di tali strutture.