Inchiesta

Abusi da abbattere, Comuni inadempienti. Solo un’ordinanza su 5

Troppi abusi, altrettante sanatorie e poche demolizioni. Potrebbe essere riassunta in questo modo la lotta all’abusivismo edilizio siciliano. Un fenomeno che conta, in totale, 7.339.981 metri cubi di cemento illegale e circa 32 mila abusi sparsi su tutto il territorio dell’Isola, secondo l’ultimo aggiornamento del Siab (Sistema informativo abusivismo del dipartimento regionale Urbanistica) risalente al 30 marzo scorso. Un fenomeno così vasto che ha relegato la Sicilia a terza regione italiana per presenza di immobili abusivi. Non a caso “il cemento illegale è il secondo ecoreato, dopo lo smaltimento illecito dei rifiuti, consumato nella regione”, ricorda Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia.

LE DEMOLIZIONI

L’unico modo possibile per eliminare questa piaga dalla Sicilia è demolire le costruzioni illegali. Purtroppo, sotto questo aspetto, le amministrazioni locali hanno dimostrato negli anni scarsi risultati. Sì, perché secondo la normativa vigente, le operazioni di demolizione devono essere a carico dei Comuni che, la maggior parte delle volte, a causa delle scarse risorse finanziarie, si trovano costretti a demolire poco o a non demolire affatto. Lo mostra chiaramente il risultato del report pubblicato alcune settimane fa da Legambiente: in Sicilia, tra il 2004 e il 2020, su 4.537 ordinanze emesse ne sono state eseguite solamente 950. Appena il 20,9%. Uno dei risultati peggiori d’Italia. Infatti, peggio dell’Isola fanno solo la Campania (che ha effettivamente eseguito il 19,6% delle ordinanze di demolizione emesse), la Calabria (che ne ha eseguito l’11,2%) e la Puglia (che ha demolito solo il 4% delle costruzioni abusive da distruggere).

A livello provinciale ci sono situazioni ben peggiori di quelle riscontrate a livello regionale. Infatti, se da un lato ci sono province come Palermo e Agrigento in cui sono state eseguite rispettivamente il 34,6% e il 33,5% delle ordinanze di demolizione emesse (comunque un risultato tutt’altro che positivo), dall’altro ci sono province come quella di Siracusa in cui sono state demolite solo due costruzioni illegali su 470 ordinanze di demolizione emesse. Vale a dire lo 0,4%.

Ma a cosa è dovuta questa inerzia delle amministrazioni comunali nelle demolizioni? Secondo il presidente di Legambiente Sicilia “le demolizioni non creano consenso e quindi i sindaci si guardano bene dall’avviarle. Per questo abbiamo proposto una norma (che adesso è legge) che vede i prefetti sostituirsi ai Comuni inadempienti”. A sostegno del ripristino della legalità nell’edilizia siciliana si è da poco espresso anche il Cga. Infatti, con la sentenza numero 622 del 28 giugno, il Consiglio di giustizia amministrativa ha stabilito che gli abusi edilizi realizzati dopo il 31 dicembre 1976 nella fascia di 150 metri dalla battigia, non sono sanabili neanche se l’area è di fatto interamente edificata. Di conseguenza tutti questi immobili sarebbero da abbattere, con migliaia di ruspe in azione lungo la costa siciliana. “In Sicilia gli abusi edilizi sono più diffusi nei comuni costieri – spiega Zanna – ma dubito che la sentenza del Cga possa essere applicata in breve tempo. Purtroppo, queste procedure sono partite raramente come evidenzia il nostro report”.

LE STRADE ALTERNATIVE ALLE DEMOLIZIONI

Secondo il Dpr 380/2001, se un immobile abusivo non è stato abbattuto dal proprietario entro 90 giorni dall’accertamento dell’illegittimità da parte del Comune, quest’ultimo può seguire due strade diverse: procedere con la demolizione a spese proprie (e solo in un secondo momento rifarsi nei confronti del responsabile dell’abuso) oppure acquisire la costruzione nel proprio patrimonio immobiliare perché ne ravvede la pubblica utilità. Questa seconda possibilità è particolarmente preferita dai sindaci siciliani. Infatti, dal 2004 al 2020 (sempre secondo il report di Legambiente) l’Isola è la regione italiana che ha trascritto più immobili ai patrimoni comunali: ben 873, il 19,2% del totale delle ordinanze emesse.

In ogni caso, secondo la legge 120 del 2020, se i Comuni non ottemperano a nessuna delle due opzioni entro 180 giorni, le pratiche devono essere trasmesse alle prefetture. Una misura fortemente voluta da Legambiente stesso, come ha ricordato Zanna. “Purtroppo – spiega il presidente siciliano dell’associazione – una circolare interpretativa del ministero degli Interni, che noi abbiamo contestato, sostiene che questa norma riguarda i nuovi abusi. Non è assolutamente vero: l’intento del legislatore è quello di fare intervenire da subito i prefetti, vista la scarsa azione da parte dei sindaci nell’eliminare l’abusivismo edilizio. Il grosso degli abusi ha qualche decina di anni, fermarci solo a quelli nuovi sarebbe un controsenso. Noi auspichiamo, invece, che questa norma venga applicata correttamente”.

Comunque, anche in questo caso, la Sicilia è tra le regioni italiane quella con le Amministrazioni comunali più inadempienti. Infatti, da settembre 2020 (quando è entrata in vigore la norma) a marzo 2021 su 3.587 ordinanze di demolizione non eseguite, solo 454 sono state trasmesse ai prefetti. Se da un lato gli uffici comunali hanno ben applicato la nuova norma, dall’altro è stata evidenziata, ancora una volta, l’incapacità degli Enti locali di contrastare l’abusivismo edilizio.

POCA TRASPARENZA DEI COMUNI

Un altro dato che salta all’occhio dal report dell’associazione del cigno è la percentuale dei comuni siciliani che ha risposto al questionario utile per la realizzazione del report stesso, dove venivano richiesti quattro numeri: le ordinanze di demolizione emesse dal 2004, le ordinanze effettivamente eseguite, gli immobili trascritti al patrimonio pubblico e le pratiche trasmesse alle Prefetture in caso di inottemperanza entro 180 giorni. Solamente il 13,6% delle Amministrazioni locali ha fornito delle risposte complete. “I Comuni preferiscono non parlare, nascondono i dati perché hanno gravi responsabilità – accusa Zanna -: nella stragrande maggioranza dei casi non hanno attivato le azioni per eliminare questa piaga e queste forme di illegalità. Procedere in questa direzione probabilmente si ritiene che non crei consenso e quindi i sindaci si guardano bene dall’avviare gli iter necessari. Pochi sindaci operano in tal senso e spesso lo fanno su input delle procure”.

Tra i comuni che hanno ignorato il questionario di Legambiente ci sono quelli che sono più colpiti dal fenomeno dell’abusivismo: Palermo (1.237 abusi al 30 marzo 2021) e Catania (1.832 abusi al 30 marzo 2021). Se a Palermo l’assessore ai Lavori pubblici, Maria Prestigiacomo, dichiara che il “questionario è sconosciuto” ai suoi uffici, a Catania l’assessore al ramo, Enrico Trantino, sostiene di non aver risposto a Legambiente “solo per l’impossibilità fisica di farlo” in quanto “in direzione sono oberati con una quantità di lavoro inverosimile, considerata l’esiguità del personale: disponiamo di soli tre tecnici istruttori; una volta ce n’erano 70”.

Il retroscena

Ddl edilizia, quel condono nascosto e il pressing del partito “pro abusi”

PALERMO – Sul fronte politico regionale è battaglia aperta tra l’invisibile “partito del cemento” che vorrebbe nuove sanatorie e nuovi condoni e chi vorrebbe eliminare l’abusivismo in Sicilia. Al centro dello scontro gli ultimi articoli del Ddl edilizia. In particolare, il numero 12 che prevede una sanatoria giurisprudenziale, il numero 20 in cui (secondo i cinque stelle) è previsto un condono straordinario e una serie di emendamenti aggiuntivi ancora sconosciuti ad una parte degli stessi deputati siciliani.

Dopo l’ennesimo rinvio, avvenuto mercoledì scorso, adesso la discussione di questi articoli è prevista per martedì prossimo. Un giorno in cui la classe politica siciliana dovrà dare prova di sé stessa. “Noi vorremmo la soppressione dell’articolo 12 – dichiara al Qds il deputato pentastellato Trizzino – in quanto non condividiamo la sanatoria giurisprudenziale. Ci sono numerose sentenze, anche della Corte costituzionale, che dicono che la sanatoria ordinaria, nelle regioni, deve muoversi allo stesso modo di come è stabilito dallo Stato: con la doppia conformità”. Il M5s è pronto a dare battaglia anche sull’articolo 20.

“Noi continuiamo a sostenere – continua Trizzino – che sia un condono straordinario a tutti gli effetti. Non si fa altro che prendere il terzo condono edilizio, quello di Berlusconi, ed estenderlo a tutti gli abusi commessi anche su immobili che gravano su aree a vincolo relativo. Per esempio, su immobili che si trovano in aree paesaggistiche o in aree a dissesto idrogeologico. Noi siamo assolutamente contrari e abbiamo richiesto il soppressivo o eventualmente una modifica: quella di interpretare il terzo condono edilizio negli stessi termini in cui è stato fatto per le altre regioni. Cioè darlo solo per le opere minori”.

In ogni caso, come giustamente spiega il presidente di Legambiente Sicilia, il danno è già fatto. “Quello che continua ad avvenire tra la classe politica siciliana, in particolare tra i deputati, è che a ogni occasione possibile numerosi deputati approfittano di Ddl riferiti al territorio o all’edilizia per proporre emendamenti incostituzionali improponibili come quelli che sono stati presentati sul Ddl edilizia – afferma Zanna -. Ma sono norme incostituzionali che quasi sicuramente il parlamento regionale non approverà. E qualora venissero approvate verrebbero, come è sempre avvenuto, impugnate e quindi cancellate. A maggior ragione dopo la sentenza del Cga. Purtroppo, quello che abbiamo sottolineato noi come Legambiente, è che quando si fanno questi emendamenti, anche se vengono ritirati o non approvati, il danno è fatto perché qualcuno si sente legittimato a fare un nuovo abuso. Il danno non è l’approvazione della norma, che non può avvenire, ma la proposta della norma”. Purtroppo, su questo c’è una grave responsabilità dei deputati siciliani che negli anni, presentando condoni e sanatorie, non hanno fatto altro che strizzare l’occhio all’abusivo o a chi delle costruzioni illegali ne ha fatto un mestiere.

Maria Prestigiacomo

QUI PALERMO

Parla l’assessore Maria Prestigiacomo

PALERMO – Da quando si è insediata la Giunta Orlando, secondo l’assessore Maria Prestigiacomo, “il Comune ha svolto un’attività che non aveva mai avuto precedenti: sono state eseguite una ventina di demolizioni realizzate direttamente o, in alcuni casi, autoeseguite dai responsabili degli abusi”. Un limite all’operato dell’Amministrazione comunale, tuttavia, è la cosiddetta emergenza abitativa.

“In realtà – spiega l’assessore ai Lavori pubblici del Comune – potremmo eseguire fin da subito circa un’altra decina di demolizioni se si riuscisse a sgomberare gli immobili abusivi dagli occupanti che in gran parte dei casi hanno fatto di quegli immobili, sia pur indebitamente, la loro prima casa: l’emergenza abitativa è un problema cronico che ha ripercussioni rilevanti anche sulla possibilità di eseguire le demolizioni. Infatti, si tratta di situazioni in cui occorre procedere con sgomberi coattivi, ovvero con l’ausilio della Polizia di Stato, e che a causa delle frequenti condizioni di disagio dei soggetti occupanti, implicano il preventivo intervento di carattere sociale la cui attuazione si è rivelata avere tempi lunghi”.

Per il numero di abusi registrati sul suolo di Palermo, in ogni caso, il contrasto del comune dal 2015 ad oggi non sembra avere avuto un enorme impatto. Ma non a causa dell’esiguità delle risorse.

“Il Comune di Palermo – continua Prestigiacomo – quanto meno fino ad adesso, non ha avuto particolari problemi a reperire nel proprio bilancio fondi da destinare alle demolizioni, per cui quasi mai ha avuto l’esigenza di attingere a fondi di rotazione, come quello approvato con l’ultima finanziaria. A titolo di esempio, presso la Cassa Depositi e Prestiti esiste permanentemente un fondo di tale tipo, ma in realtà esso è utilizzabile comunque a titolo oneroso (sia pur in misura ridotta) e comunque è prevista la restituzione: considerato che il recupero delle somme nei confronti dei responsabili degli abusi è molto difficoltoso, per cui diviene a cascata difficoltosa la restituzione all’ente erogante, è preferibile utilizzare, se disponibili, direttamente fondi comunali piuttosto che attingere ai fondi di rotazione”.

Comunque, qualche fondo in più da destinare alle demolizioni è sempre utile vista la vastità del fenomeno nel territorio comunale e infatti “poche settimane fa – spiega l’assessore – il Comune ha partecipato ad un bando di finanziamento ministeriale per circa 100.000 euro di cui si attende l’esito”.

Enrico Trantino

QUI CATANIA

Interviene l’assessore Enrico Trantino

CATANIA – All’aumentare del numero di abusi edilizi sembra proprio che diminuisca il numero di demolizioni. Ne dà prova il Comune di Catania che, nei fatti, da quando si è insediata la Giunta Pogliese, non ha ancora abbattuto un immobile abusivo. “Abbiamo un rapporto con la procura in atto – spiega l’assessore ai Lavori pubblici, Enrico Trantino – per la demolizione di 460 immobili. Abbiamo ultimato le procedure di verifica per nove immobili che entro uno o due mesi saranno demoliti ad opera del Genio militare”.

Un risultato essenzialmente dettato, a dir dell’assessore, dalle tempistiche dei tribunali amministrativi. “Per ogni ordinanza di demolizione e per ogni sentenza passata in giudicato – continua l’assessore -, i titolari degli immobili interrompono i termini impugnando i provvedimenti al tribunale amministrativo che, se ricorrono le condizioni di legge, concede le sospensive allungando inevitabilmente i termini”. Oltre alle lungaggini della giustizia amministrativa, sulla lotta all’abusivismo del Comune di Catania pesa anche la condizione di dissesto finanziario, che non ha consentito, va detto, di preventivare in bilancio un capitolo di spesa per le demolizioni. In questo caso, il fondo di rotazione per le demolizioni destinato agli enti locali e approvato con l’ultima finanziaria dall’Ars può essere una grossa opportunità. “Siamo a conoscenza del fondo di rotazione – dichiara Trantino – e stiamo cercando di verificare quali sono le procedure amministrative per potere accedere a tale fondo. È una novità e stiamo verificando come poter procedere. Sicuramente darà i soldi necessari per poter abbattere gli immobili. Ma l’accelerazione degli abbattimenti non l’assicuro perché dipende dalle attività amministrative e non dai soldi”.

Francesco Italia

QUI SIRACUSA

Intervista al sindaco Francesco Italia

SIRACUSA – Secondo i dati del report sulle demolizioni di Legambiente, il siracusano è l’area dove si demolisce di meno. In tutta la provincia sarebbero stati abbattuti solo due immobili su 470 ordinanze di demolizione emesse: lo 0,4%. Tutto questo nonostante Siracusa sia uno dei primi cinque comuni siciliani per numero di abusi edilizi sul suo territorio (718 con una volumetria di cemento illegale pari 118.177,19 metri cubi, secondo i dati Siab).

Questa condizione di inerzia, per il sindaco aretuseo Francesco Italia, è stata causata dalle amministrazioni precedenti alla sua. E lui, pur non essendo a conoscenza della vastità del fenomeno sul suo territorio comunale (“devo approfondire i dati del Siab”, ci ha dichiarato) sostiene di avere un’altissima attenzione sul contrasto all’abusivismo edilizio.

“Per quanto riguarda la mia Amministrazione – spiega al QdS Francesco Italia -, che guido da luglio 2018, le posso riferire che siamo intervenuti su almeno quattro questioni su cui nessuno era riuscito a intervenire prima. Il campo rom ai Pantanelli, attivo nel silenzio generale da almeno 25 anni; un edificio abusivo su viale Tica, il manufatto abusivo al molo Sant’Antonio e il villaggio dei lavoratori stagionali a Cassibile che per la prima volta in più di trent’anni abbiamo evitato con una soluzione speriamo definitiva. Parlare quindi di un ritardo o disinteresse della mia amministrazione dopo l’assoluta inattività delle precedenti mi sembra quanto meno singolare. Politicamente la mia amministrazione è stata tutt’altro che inerte nei confronti degli abusi, riportando alla legalità situazioni ferme da anni. In alcuni casi da decenni”. In ogni caso, ben poco cambia se le demolizioni sono state due o quattro di fronte alla vastità del fenomeno sul territorio siracusano.