La futura classe dirigente deriva dagli/dalle attuali giovani, che studiano, si formano e si creano una mentalità, anche riguardo al senso delle Comunità. Costoro, crescendo, ascoltando, osservando e imparando dovrebbero diventare idonei/e a svolgere sia il ruolo di dirigenti sia quello di cittadini/e.
Nella classe dirigente è compresa quella istituzionale, cioè quella che deve gestire l’intera Comunità con equità e imparzialità, onore ed altre caratteristiche etiche fondamentali per osservare i principi di buon governo.
La prima educazione dei/delle giovani avviene in famiglia e non deve essere data a parole, bensì con l’esempio, più educativo di mille discorsi.
Tuttavia, nonostante il buonsenso e i buoni principi che i genitori adottano nei confronti dei/delle figli/e, questi/e, nelle scuole, nelle università, sui siti web o nei luoghi di svago sono a contatto con altri/e, per cui i luoghi comuni e i modi di intendere si condividono e si diffondono naturalmente.
Purtroppo si deve ricordare che si diffondono più i cattivi esempi e i cattivi modi di ragionare e di pensare piuttosto che quelli buoni, con la conseguenza che tutta la comunità giovanile è portata ad andare verso obbiettivi ludici piuttosto che verso obbiettivi di crescita.
La regola etica dovrebbe essere quella di sempre: prima il dovere e poi il piacere. Ma non sempre viene eseguita e spesso anzi viene contrastata.
In ogni caso, la crescita morale e civile dei/delle giovani dipende molto dai genitori, quando ci sono in senso reale, ma anche quando sono separati per diverse ragioni. Questi genitori, oltre che con l’esempio cui prima si accennava, dovrebbero essere nelle condizioni di far comprendere ai/alle propri/e figli/e qual è la strada maestra per diventare buoni/e cittadini/e ed essere coinvolti/e in un sistema positivo che consenta equità.
Dunque, i genitori non dovrebbero accontentare i/le propri/e figli/e, ma dar loro solo quello che meritano: più sono bravi/e a scuola o all’università, più acquisiscono conoscenze, più si impegnano, più ragionano con buonsenso ed equilibrio e più si deve dare loro quello che chiedono.
Difficile è quando i/le figli/e non sono meritevoli, ma i genitori, pur di non impegnarsi in discussioni pacate e in ragionamenti adeguati, danno loro quello che chiedono anche se non c’è il merito. Tali genitori non si rendono conto che così agendo intossicano i/le figli/e perché è come dar loro veleno, quel veleno che distorce la loro mentalità e li/le fa deragliare dal binario del buonsenso e del rispetto che devono avere nei confronti di tutti i terzi con cui convivono.
Non è un caso che il declino di scuola e università, e il declino della famiglia, facciano diffondere principi negativi, secondo i quali tutto è consentito, “tutto è dovuto”, mentre invece nulla è dovuto salvo quello che si merita.
Ci dev’essere sempre un rapporto fra quello che si fa positivamente e quello che si ottiene, una sorta di do ut des che fa precedere il dare rispetto all’avere.
La questione così enunciata è semplice nella sua esposizione, ma molto complessa nella sua attuazione perché anche per formare i/le propri/e figli/e, oltre a dare l’esempio, bisogna percorrere il binario dell’equità e della probità.
La questione che proponiamo non deve sembrare noiosa perché è estremamente importante guardando avanti di anni o di decenni. Si può costruire una società migliore per chi verrà dopo di noi sotto tutti gli aspetti della stessa.
Non si deve pensare all’oggi, ma al domani e al dopodomani. Il futuro, infatti, si costruisce giorno dopo giorno, anno dopo anno, percorrendo la giusta strada, senza deviazioni e senza tentennamenti.
Ci auguriamo che si voglia riflettere sulla materia che commentiamo oggi, ma non in modo superficiale, bensì in modo concreto, perché è essenziale che i fatti certifichino i nostri comportamenti, che devono guardare avanti per fare crescere questa società abbastanza caotica e che spesso non ha le idee chiare.
Non è facile pensarla così e agire in conseguenza, ma è utile farlo.

