Intesa Sanpaolo e sindacati superano l'impasse e siglano l'accordo sulla settimana corta e smart working nel gruppo.
Dopo il blocco subito a dicembre, le sigle Fabi, First Cisl, Uilca, Fisac e Unisin si dicono soddisfatte di aver firmato un accordo che riporta la materia nella contrattazione collettiva e, nei suoi punti principali, prevede la settimana corta di 4 giorni di 9 ore ciascuno, un tetto allo smart working fissato a 120 giorni annui, che sale a 140 giorni per alcune tipologie di lavorazioni.
Opzioni che saranno estese anche mano a mano alla rete delle filiali. Il gruppo, dal canto suo ricorda come l’accordo “integra e amplia le misure, fortemente innovative, del nuovo modello di organizzazione in corso dal primo gennaio 2023”, con 40mila persone che hanno già aderito al lavoro flessibile.
Cosa cambia con il nuovo accordo
Le principali novità in materia di settimana corta vedono, rileva il gruppo, “40 le filiali di grandi dimensioni della Banca dei Territori dove può essere applicata la settimana corta: 9 ore su 4 giorni con una riduzione di orario da 37,5 a 36 ore, su base volontaria, a parità di retribuzione secondo le esigenze tecnico-operative dell’azienda”.
Dal primo novembre prossimo, inoltre, “il personale di oltre 250 filiali di piccole dimensioni potrà richiedere e fruire volontariamente della settimana corta, nel giorno di chiusura della filiale (ricompreso tra martedì, mercoledì e giovedì)”. In pochi mesi, dal primo gennaio quando le nuove misure sono state avviate, hanno aderito al nuovo lavoro flessibile 40.000 persone pari a circa il 70% di chi poteva essere abilitato prima dell’accordo odierno – strutture di governance e filiali – e alla settimana corta circa 17.000 persone, pari al 60% del personale full time delle strutture di governance e di 12 grandi filiali”, conclude Intesa con dati aggiornati al 30 aprile scorso. Ora l’attenzione si sposta al rinnovo del contratto nazionale di categoria le cui trattative iniziano a entrare nel vivo.