CATANIA – C’è qualcosa che puzza di bruciato nella lettera che il sindaco di Aci Castello, Carmelo Scandurra, ha inviato pochi giorni fa a tutti gli attori del costruendo collettore fognario della riviera castellese, opera decennale che secondo i programmi dovrebbe trasportare i liquami dalla costa sino al depuratore di Pantano D’arci, a oltre 25 km di distanza. Come altra puzza emanano, da 30 anni, le migliaia di litri putridi che ogni giorno vengono sversati in mare dagli scarichi fognari della riviera e dei paesi a monte in rivoli che talvolta per l’abbondanza fanno lo stesso rumore dei ruscelli che si buttano in mare. Se n’è parlato sulla stampa anche questa estate.
Il sindaco Scandurra ha convocato le parti per fare il punto
Perché il sindaco, dopo i continui ed ennesimi incontri annuali sulla realizzazione di un’opera “monstre” ha convocato ancora le parti per fare il punto della situazione? Evidentemente perché ci sono alcune questioni che lasciano perplessa la sua amministrazione, lacune non soltanto per l’ultimazione dell’opera – il progetto della Regione risale al 2013, con cantiere avviato dal 2017 – ma soprattutto per la sua gestione una volta che il cantiere sarà ultimato. È come se il primo cittadino voglia mettere le mani avanti una volta che l’opera sarà ultimata, per evitare forse quello che teme di più, uno scaricabarile delle autorità che potrebbero lasciare sul tavolo dell’amministrazione castellese il cerino acceso in fatto di gestione di un’opera faraonica i cui costi non sono semplici da quantificare.
Una delle opere fognarie più complicate di tutta l’Italia
Così il sindaco Scandurra chiama in causa tutti i protagonisti di questa vicenda che rischia di passare alla storia come una delle opere fognarie più complicate di tutta l’Italia e con un destino ancora non chiaro. Scrive il sindaco nella sua nota inviata anche al commissario unico della depurazione Fabio Fatuzzo e ai sindaci di Catania, Acireale e Acicatena e al dipartimento acqua rifiuti, al Rup dei lavori e al Genio civile regionale: “Com’è noto a quanti in indirizzo la realizzazione dell’opera volge alla conclusione, prevista per la fine del corrente anno… In questi anni di realizzazione (dal 2013!) questa amministrazione ha coadiuvato fattivamente la Regione, Ente appaltante, e ciò anche a discapito della difficoltà manifestata dai nostri cittadini di convivere con la realizzazione di questa imponente opera pubblica che ha prevalentemente inciso sulla rete stradale con grandi disagi…”.
E aggiunge: “Sappiamo benissimo che il completamento del collettore in oggetto non potrà portare all’efficienza e funzionalità dell’intero sistema fognario del nostro territorio, stante che parte di esso è sprovvisto delle reti secondarie e terziarie. Ma siamo anche a conoscenza che il commissario straordinario sta avviando quanto necessario per la realizzazione della rete Lotto 1 (Castello-Cannizzaro-Scogliera) e lotto 5 (frazioni di Cannizzaro e Ficarazzi). Viceversa la rete fognaria di Acitrezza e della collina di Vampolieri e parte della rete di Acicastello sono esistenti e quindi collegabili al realizzando sistema fognario per il convogliamento dei reflui a Pantano D’arci attraverso il vecchio allacciante. Ad oggi mettendo in funzione il collettore di salvaguardia si potrebbe garantire che i reflui di Acitrezza e parte di Acicastello non sverserebbero più in mare… Il funzionamento del collettore, ancorché parziale, rappresenterebbe la risposta concreta agli sforzi di tutti gli enti pubblici che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera e ripagherebbe la nostra comunità dai disagi subiti…”
Le azioni necessarie per attivare l’opera fognaria
“In relazione a queste considerazioni – conclude il sindaco Scandurra – quanti in indirizzo sono invitati al tavolo tecnico per individuare quali azioni è necessario porre in essere al fine di attivare l’opera fognaria. Il tavolo si terrà al Comune di Aci Castello il 17 settembre”.
Cosa potrebbe accadere dopo l’ultimazione dell’opera
Dietro questa lettera ci sarebbe il risultato di una recente conferenza di servizi che si sarebbe tenuta in Prefettura, nel corso della quale i tecnici avrebbero concordato la chiusura totale, a partire dal primo giorno di questo ottobre, del lungomare dei Ciclopi al Acitrezza, da via Fontana Vecchia, per all’incirca 3-4 mesi, per permettere di ultimare l’ultima stazione di sollevamento con scavi che dovrebbero raggiungere i 4-5 metri di profondità. Nel corso di quella riunione l’amministrazione castellese avrebbe cercato di capire cosa potrebbe accadere dopo l’ultimazione dell’opera, ottenendo risposte vaghe.
Insomma l’opera finalmente potrebbe essere ultimata entro quest’anno, (almeno così pare), ma nessuno ancora sa chi andrà a gestirla e soprattutto chi si farà carico delle costose bollette di energia elettrica per sollevare parte dei liquami dalle aree inferiori sin alla condotta principale. Di sicuro saranno i cittadini serviti a farsi carico delle spese atraverso il canone di depurazione, ma non si sa con quale onere. Ma soprattutto chi coordinerà e monitorerà il convogliamento di questi liquami nel vecchio allacciante di Catania per poi farli confluire sino al depuratore di Pantano D’Arci? Insomma un’Odissea che rischia già di puzzare lontano chilometri se non si metterà un punto fermo a questa lunga vicenda.
Piazza Galatea, dubbi sulla pendenza: quel rischio “tappo” lungo il percorso
Il commissario Fatuzzo: “Non è una situazione facile”
Mentre l’opera continua ad andare avanti si moltiplicano i dubbi dei tecnici. Lo scoglio principale per la piena funzionalità dell’opera è Catania. E il suo vecchio allacciante fognario. Facciamo un itinerario ipotetico dei liquami. Quando questi finiscono nelle vasche di accumulo realizzate in tutto il comprensorio castellese, attraverso potenti pompe elettriche di sollevamento, finiscono nella condotta principale che arriva sino alle porte di Catania, a Ognina, dove sono stati realizzati alcuni lavori del vecchio e nuovo allacciante, compresi, sembra con buon risultato, quelli che dovrebbero servire proprio il collettore castellese.
Presa la strada del lungomare i liquami attraversano, tra varie vicissitudini e difficoltà, piazza Europa e lì dovrebbero arrivare allo scoglio “madre” della situazione, il sifone di piazza Galatea. Qui la storia si interrompe perché da decenni, sostengono diversi tecnici privati, con dati alla mano che quel sifone, costruito per consentire alla Fce di realizzare la galleria della Metro, sembra abbia una pendenza al contrario che può essere da intoppo per il cammino dei liquami sino al depuratore. Se tutto dovesse rimanere così saranno le “Sette fatiche di Ercole” per attraversare la zona.
Del sifone di piazza Galatea si parla da decenni. Nel 2008, durante la sindacatura Stancanelli, l’allora assessore Gaetano Tafuri, fu costretto a ripulire la zona con numerosi camion spurgo per rendere quantomeno ispezionabile il sifone. Ma che ci sia ancora oggi qualcosa che non va lo sostiene anche il commissario nazionale per la depurazione Fabio Fatuzzo che tempo fa aveva dichiarato: “Il sifone modificato per consentire il transito della linea metropolitana – spiega – è stato però realizzato in contropendenza. Cioè la condotta che deve poi proseguire il suo percorso verso il depuratore, a piazza Galatea, è più alta della condotta che arriva da Ognina. In questo modo il collettore non funziona a dovere e sulla piazza si crea un intoppo. Questo è il dato che mi riferiscono i tecnici. Devo dire, comunque, che i pareri sono diversi e gli studi di altri tecnici sostengono che la pendenza in difetto non è proprio sul sifone, ma nel tragitto della condotta che va da piazza Galatea a piazza dei Martiri. Sono stati fatti già alcuni interventi, ma anche in questo caso, quando faremo i lavori sul vecchio allacciante, provvederemo a modificare questa problematica”.
Sui tempi di questa modifica però Fatuzzo non si era sbilanciato. Questo era quanto dichiarato l’anno scorso dal commissario, quando ancora era anche presidente della Sidra. Oggi raggiunto per telefono mette le mani avanti e dice: “Non sono più presidente della Sidra. Il problema adesso è loro e non sono a conoscenza che sia stata fatta qualcosa. Io oltre un anno fa feci ripulire il sifone come anche il vecchio allacciante sotto via Crociferi. Quando saranno appaltati i nuovo lavori del vecchio allacciante vedremo…”. Ma alla domanda su quanto cominceranno questi lavori Fatuzzo si trincera dietro… “vedremo, non è una situazione facile”.
L’Italia ha molte infrazioni comunitarie in fatto di depurazione per le quali paga oltre 60 milioni all’anno di multe. La maggior parte di esse si registra in tre regioni, tutte del sud: Campania, Calabria e Sicilia. E proprio in Sicilia, nel Catanese, si pagano penali per circa 500 mila euro all’anno, ormai da un bel po’ anche per i ritardi della costruzione del collettore fognario di Aci Trezza. Il dubbio oggi del sindaco Scandurra è proprio quello che una volta ultimata l’opera questa non entrerà in funzione per difficoltà tecnico-logistiche e anche perché al momento non si capisce chi dovrebbe andare a gestire. Forse la Sie, la nascente Società idrica etnea? Oppure un altro ente? Fatuzzo sostiene che anche sulla Sie e il collettore bisognerà mettere in chiaro molte cose.
Il sindaco Scandurra interpellato non aggiunge altro a questa convocazione e si trincera dietro un secco ”Attendiamo i risultati della riunione del 17”. Alcuni mesi fa aveva dichiarato: “Non vorrei sbilanciarmi, ma mi auguro che entro il 2025, le opere siano completate. Ma una volta ultimata l’opera pubblica si passerà alla gestione del collettore fognario e io spero che i tempi non siano lunghi perché si tratta del futuro della nostra riviera. Per questo incontrerò presto il commissario Fatuzzo per capire come avverrà l’allaccio e chi poi gestirà tutta l’opera. Non vorrei proprio che dopo il completamento dell’opera un nuovo intoppo arrivi dallo stato del vecchio allacciante di Catania”. “Mi auguro – ha proseguito – che i tecnici che hanno progettato tutto il collettore abbiano ragione quando hanno a suo tempo garantito sulla piena funzionalità dell’opera”.
Tra vecchi progetti e ritardi, una storia che sembra infinita
Parlano gli ex sindaci Drago e Castorina
Sui lavori infiniti del collettore non va per il sottile, invece, l’ex sindaco di Aci Castello, Filippo Drago. Nel 2017 quando venne aperto il cantiere, per una spesa allora di circa 17 milioni complessivi, c’era lui alla guida dell’amministrazione. “Il collettore doveva essere ultimato in tre anni – precisa Drago – ma ne sono passati oltre otto e ancora non abbiamo una data certa per la messa in funzione. C’è qualcosa che non va. Ora è una cosa fuori dal mondo che al di là del funzionamento del vecchio allacciante di Catania, un progetto che si doveva realizzare in tre anni dopo otto è a rilento. Con l’aggravante che nessuno ne parla più da tempo. E sarebbe utile sapere anche se è stata fatta la revisione dei prezzi e chi gestirà questa condotta perché questo silenzio lascia perplessi”. Drago quindi insinua il dubbio che questa opera, già partita con grandi difficoltà, visto il percorso da effettuare per far depurare i liquami adesso finisca ancor peggio con un conflitto di competenze burocratiche che non lasciano sperare nulla di buono.
In questo vortice di tubazioni che salgono, scendono, si intersecano lungo un percorso di molti chilometri, con vasche di contenimento, gruppi elettrogeni e pompe di sollevamento per portare i liquami dalle zone basse alla condotta che corre più alta, riecheggiano le parole dell’ex sindaco castellese, Paolo Castorina, oggi “visiting professor” di Fisica quantistica all’estero. Con lui alla guida dell’amministrazione, quasi 30 anni fa, l’opera fognaria della riviera aveva avuto inizio, ma allora il sindaco presentò anche con una conferenza stampa un progetto di condotta sottomarina che doveva convogliare i liquami un paio di chilometri fuori dall’isola Lachea. Si trattava di un’opera senza troppo dispendio di fondi. Ma il piano venne poi bocciato in sede Comunitaria perché per tutta l’operazione la Ue aveva disposto che bisognava realizzare un depuratore nella zona. Ma in effetti in un’area fortemente edificata come quella trezzota e castellese non fu affatto possibile reperire un’area che rispondesse alle norme in materia di depurazione e tutto fini per essere archiviato. “Noi nel 1996 – spiega oggi l’ex primo cittadino – eravamo già pronti per stipulare il mutuo e dare il via libera ai lavori della condotta sottomarina. Ma all’improvviso cambiò la normativa sul trattamento biologico dei reflui prima di sversarli in mare e tutto si fermò. Da allora sono passati 30 anni. Nel 2002 venni intervistato sui tempi di realizzazione della nuova condotta Aci Castello-Pantano D’Arci e dissi che ci sarebbero voluti almeno 20 anni. Ne sono trascorsi 23 e ancora siamo qui”.
Secondo lei, in conclusione, il trasporto dei reflui sino al depuratore di Pantano D’Arci, nella piana di Catania, è stata la soluzione più idonea?
“Quello che posso dire – risponde oggi secco – è che la scelta allora è stata fatta. A questo punto non si può certo tornare indietro”.

