Le risorse idriche siciliane sono sempre più scarse, e nonostante le politiche di razionamento e di intervento in termini strutturali, non si riesce a trovare una strada per un vero recupero. A luglio 2025, secondo i dati messi a disposizione dall’Autorità del bacino idrografico della Sicilia, negli invasi siciliani sono presenti soltanto 346 milioni di metri cubi d’acqua, contro i 263 milioni di metri cubi dello stesso mese nel 2024. Sicuramente un grande recupero, ma ben lontano dal dato rilevato a luglio del 2023, quando sono stati contati negli invasi 527 milioni di metri cubi d’acqua.
Gli invasi che presentano i volumi maggiori sono Lentini, con 93,6 milioni di metri cubi d’acqua, Pozzillo con 29 milioni, Don Sturzo/Ogliastro con 40 milioni e Poma a 25 milioni.
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Grande aumento per la diga Ancipa, grazie al bypass del fiume Cuto
Interessante anche il valore registrato alla diga Ancipa, una delle più importanti per l’uso potabile, pari a quasi 24 milioni di metri cubi d’acqua. In questo caso si tratta di un valore “falsato”, perché il riempimento non è dovuto soltanto alle piogge, ma anche al maggiore lavoro di bypass del fiume Cuto, recentemente ripulito da Enel. Questi cinque invasi da soli coprono oltre il 60% del volume utile regionale, a conferma della loro importanza strategica. D’altra parte, alcuni invasi come Comunelli, Gorgo, Disueri e Zaffarana presentano ancora volumi fin troppo bassi, in alcuni casi prossimi allo zero, segnando una criticità permanente o una capacità di raccolta ormai compromessa. L’accumulo avvenuto nei mesi invernali e primaverili, quindi non ha permesso un vero recupero della condizione di emergenza deliberata a marzo 2024, che ha portato all’istituzione della Cabina di regia regionale per coordinare gli interventi urgenti necessari a fronteggiare la crisi.
Dal 2024 troppo poco è cambiato
Lo stato di emergenza nazionale è stato riconosciuto sempre nel 2024 dal Consiglio dei ministri, per un periodo di 12 mesi, con un stanziamento iniziale di 20 milioni di euro. I dati diventano ancora più allarmanti se si considera che, rispetto al volume totale, circa un terzo non è utilizzabile, per cui, a luglio 2025, le acque effettivamente disponibili sono soltanto 205 milioni di metri cubi d’acqua. Inoltre, sono molti gli invasi le cui acque sono utilizzate sia per scopi irrigui che potabili, senza dimenticare gli usi industriali e le centrali elettriche. Non è un caso che una delle ultime decisioni degli uffici regionali riguarda proprio le quote destinate all’agricoltura. Il provvedimento, firmato dal Commissario delegato alll’emergenza idrica in agricoltura e zootecnia, Fulvio Bellomo, riguarda in particolare cinque grandi invasi siciliani, Trinità, Poma, Rosamarina, Castello e Garcia, da cui sarà possibile prelevare volumi limitati di acqua destinati all’irrigazione dei campi.
Forti limitazioni per l’uso nell’irrigazione delle campagne
Le quantità assegnate sono inferiori rispetto al passato, e rappresentano il minimo indispensabile per non compromettere del tutto la produzione agricola nelle zone coinvolte. In altre parole, si potrà irrigare solo se l’acqua sarà sufficiente per rifornire prima di tutto i serbatoi per il consumo umano. Se da un lato, quindi, i dati di gennaio 2025 offrono un piccolo segnale di speranza, dall’altro non devono illudere. La Sicilia ha bisogno di una strategia strutturale per affrontare il futuro climatico, e le possibilità sono tante e tali da permette, insieme, di affrontare con maggiore serenità il futuro. Innanzitutto, una maggiore manutenzione degli invasi esistenti, la riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione, investimenti in impianti di desalinizzazione e riciclo. D’altra parte, bisogna lavorare all’uso consapevole delle risorse idriche, sia nel privato che nel settore agricolo, che può sperimentare nuove forme di attività più sostenibili.

