Nessun miracolo per salvare l’Acr Messina dal baratro, che è sempre più vicino. La corsa contro il tempo per trovare le somme necessarie al pagamento da rispettare entro le scadenze federali è terminato. Sarà a mezzanotte, ma – per via della chiusura delle banche – si sarebbe dovuto ottemperare entro il primo pomeriggio di oggi, nonostante le proroghe sulla dead line all’interno degli uffici del notaio Maiorana. E’ lì che si è recato oggi il presidente Alaimo, che ha firmato le procure per procedere agli eventuali pagamenti e poi ha annunciato che stasera si dimetterà.
Inutile appello
Le sue firme, però, non varranno a nulla. L’appello lanciato dal sindaco Basile, per raccogliere le somme necessarie chiedendo aiuto a imprenditori e professionisti, è stato solo parzialmente accolto. Non tutti hanno risposto e così è stata raccolta solo la metà circa dell’importo necessario, oltre 300 mila euro, circa 150mila. Queste somme avrebbero garantito il pagamento di stipendi e contributi ai calciatori, con la speranza che questi ultimi potessero portare a termine un obiettivo che resta complesso: la salvezza.
Inutile agonia
Se anche la squadra dovesse disputare il playout e salvarsi (ricordiamo che giocherebbe il ritorno fuori casa e con due pareggi dopo 180 minuti retrocederebbe, per effetto del regolamento che premia la migliore classificata), infatti, l’anno prossimo dovrebbe iscriversi in Serie C, con tanti debiti e con diversi punti di penalizzazione. Il deferimento in cui incorrerà per via dei mancati pagamenti di oggi, infatti, comporterà una penalizzazione da scontare eventualmente nella prossima stagione. Verosimile che, chi vorrà far rinascere il calcio a Messina, sia disposto a farlo con una società nuova, senza alcun debito e ripartendo anche dall’Eccellenza, con l’immediata risalita in Serie D. Non è la prima volta, nella storia della squadra dello Stretto.

