La novità sul futuro del reddito di cittadinanza sono i corsi di formazione retribuita. Il sussidio va in soffitta, secondo i piani del governo. Resterà soltanto per chi non ha la possibilità di lavorare, come ha già accennato Giorgia Meloni. Ma tutti gli altri, coloro che ne hanno beneficiato fino a ora, dovranno rassegnarsi a perderlo. Il reddito di cittadinanza ha ormai le ore contate.
Nel nuovo libro di Bruno Vespa, alla domanda su come riformare il reddito di cittadinanza, il presidente del Consiglio ha ribadito che sarà garantito “un dignitoso sussidio a chi realmente non ha la possibilità di lavorare e, in alcuni casi, migliorandolo (si pensi agli invalidi). Per gli altri intendiamo attingere al fondo sociale europeo per avviare al lavoro chi può attraverso corsi di formazione retribuita“.
Ed è più di una intenzione, quella del governo. Lo dimostra lo stop ai navigator, con polemica annessa, i cui contratti non saranno prorogati. Dopo quasi 4 anni dalla sua introduzione, dunque, il reddito di cittadinanza si appresta a tramontare. Istituito col decreto-legge del 28 gennaio 2019, come misura di contrasto alla povertà, è nato come “sostegno economico finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale”. Un obiettivo che, secondo il governo di centrodestra, non è stato raggiunto.
La priorità del governo è quella di fronteggiare il caro bollette. Ma per farlo occorre recuperare risorse. Il conto complessivo della legge di bilancio potrebbe alla fine salire fino a circa 40 miliardi, con possibili entrate dalla modifica della norma sugli extraprofitti e dalla revisione del superbonus, ma anche dalla rivisitazione del reddito di cittadinanza.
“Le poche risorse che ci sono – ha spiegato Giorgia Meloni – serviranno a coprire il taglio delle bollette per chi è in difficoltà. Dobbiamo vedere come superare l’inverno senza che le bollette esplodano, sperando di tranquillizzarci da marzo in poi. Se l’Europa non riuscisse a tagliare l’allineamento del costo del gas da quello dell’energia elettrica, che è fonte di grandi speculazioni, lo faremo noi”.
Al momento restano solo “briciole” per altre eventuali misure. “Poche, ma vogliamo dare qualche segnale, come la tassazione al 15% sugli aumenti di reddito – ha spiegato – e il passaggio da 65.000 a 100.000 euro della quota di fatturato delle partite Iva tassate anch’esse al 15%”.