Adottare un cane in Sicilia è un'esperienza bellissima, ma può trasformarsi in un incubo, a spiegarlo a QdS.it è Laura Corigliano, educatrice cinofila. Ecco tutto quello che devi sapere
Adottare un cane in Sicilia significa darsi l’opportunità di una felicità incondizionata e di offrire un contributo concreto nel salvataggio di un’anima gentile condannata alla morte da esseri umani insensibili. Che si scelga di aprire le porte di casa propria o di fare volontariato per dare in adozione un cane precedentemente salvato, ci sono delle cose importantissime da sapere e a cui prestare molta attenzione.
A spiegarlo a QdS.it è Laura Corigliano, educatrice e istruttrice cinofila con certificazione SIUA (Scuola d’Interazione Uomo-Animale con approccio cognitivo-zooantropologico) con un vasto bagaglio di esperienza in canili del nord e del sud Italia.
L’iter di adozione di un cane in Sicilia: le tre fasi indispensabili
Quando vuoi adottare un cucciolo, devi sapere che non basta sottrarlo dalla strada per garantire la sua felicità. Occorre far sì che tutti i suoi bisogni vengano soddisfatti, assicurarsi che arrivi nel modo e nel posto giusto, verificare che non venga esposto a nuovi rischi successivi.
“L’adozione è un processo, non un singolo fatto. Un iter di adozione serio – spiega Laura Corigliano – è composto da almeno tre fasi, da rispettare rigorosamente se si vuole davvero aiutare il cane. Chi non lo rispetta, non può essere considerato né un volontario competente, né un adottante responsabile:
1. Prima fase preadottiva. Il rifugio, il canile o l’ associazione deve servirsi di un educatore cinofilo per valutare l’esemplare attraverso test scientifici, che tengono conto sia di caratteristiche fisiche che di temperamento, nonché la sua personalità, delineando così il profilo che deve possedere il suo adottante ideale e il contesto di vita idoneo ad accoglierlo. Bisogna capire come il cane sia stato gestito fino a quel momento, se sia o meno abituato a un ambiente urbano, alla macchina, se abbia subìto grandi traumi, se abbia vissuto le esperienze di socializzazione necessarie al suo equilibrio con i suoi simili e con altri umani, se sia opportuno un percorso rieducativo al fine di migliorare l’indice di adottabilità, etc. Se ad esempio il soggetto è nato in un contesto rurale, è figlio di randagi o addirittura semiselvatici, bisogna evitare di affidarlo a persone che vivono in un contesto urbanizzato iperstimolante e che magari siano alla loro prima esperienza; se si tratta di un cane sottratto alle sevizie di bambini poco educati al rispetto, bisogna invece evitare o assistere al meglio il suo ingresso in una famiglia in cui siano presenti minori, e così via.
D’altro canto in questa fase bisogna fare tutte le valutazioni e le indagini necessarie per capire quali siano le esigenze della famiglia, quanti e quali soggetti avranno a che fare con il cane, il tempo a disposizione da dedicargli, il loro stile di vita, la loro motivazione nell’adottare, le aspettative su tale gesto. Tutto ciò attraverso dei colloqui conosciti e con l’aiuto di questionari pre adottivi che servono appunto a raccogliere dati utili per la scelta del cane idoneo. In questa fase è opportuno verificare di persona il luogo in cui andrà a stare l’animale.
Senza queste valutazioni preliminari, viene meno l’obiettivo primario di abbinare il cane alla giusta famiglia, affinché l’adozione sia un’esperienza piacevole per tutti.
Infatti non sempre il cane che scegliamo, magari attraverso una foto sul web selezionata in base a canoni estetici, è il cane adatto alla nostra famiglia e alla nostra routine quotidiana.
2. Seconda fase: percorso di inserimento e adozione. Intercettati dei possibili adottanti, il rifugio – per mezzo di un educatore cinofilo – deve fornire tutte le indicazioni appropriate che bisognerà seguire per facilitare l’inserimento a casa. L’educatore imposterà un percorso fatto di esperienze positive, graduali e costanti che permetterà di creare una base relazionale tra le parti. Il cane deve ogni volta vivere per poche ore i potenziali nuovi compagni umani di riferimento e tornare al suo contesto abituale, per non stravolgere la sua quotidianità. In questo modo, inoltre, tutte le parti hanno modo di valutare le possibili criticità dell’ambiente in cui dovrebbe vivere il cane, nonché l’impegno necessario e l’interessante. Questa fase è indispensabile pure per abbassare i rischi connessi all’adozione e la possibilità di rientro in canile. Finito il percorso d’inserimento, che varia da cane a cane e da famiglia a famiglia, viene accolto l’individuo nel nuovo contesto familiare.
In questa fase, la più delicata, l’aiuto di un educatore cinofilo è importante sia per i cuccioli che hanno bisogno di essere guidati nelle loro fasi evolutive ma soprattutto per i cani che hanno un trascorso problematico fatto di canile, abbandono e/o maltrattamenti. Se si interviene subito e in modo adeguato, qualsiasi difficoltà può essere risolta.
Il cane dovrebbe essere affidato alla nuova famiglia soltanto dopo aver seguito l’iter sanitario quindi vaccinazioni e sverminazione e consegnato con documenti attestanti l’adozione effettiva.
In certi casi il contratto d’affido può contenere delle clausole che servono a tutelare il cane in caso di difficoltà. In alcuni canili in cui ho lavorato i cani erano affidati agli adottanti per un mese dopo il quale, se tutto andava bene, si poteva procedere con l’adozione vera e propria, con il passaggio di proprietà del cucciolo al suo nuovo umano di riferimento. Ciò avviene dopo delle visite post affido che hanno l’obbiettivo di verificare che il cane stia bene e che tutte le sue esigenze psicofisiche siano soddisfatte”.
Contrastare i rischi di torture e abbandoni con microchip e sterilizzazioni
Per mitigare i rischi dell’adozione di un cucciolo priva di consapevolezza, che può sfociare non solo nell’infelicità delle parti, ma anche nell’esposizione dell’amico a quattro zampe a potenziali torture e altre ambigue “cessioni di proprietà”, si devono adottare ulteriori accorgimenti.
“I cani devono sempre avere il microchip, come per legge – aggiunge l’esperta -. Se trovatelli, devono essere intestati all’associazione o alla volontaria che per legge non può farli adottare prima dei 60 gg, ma può solo affidarli. Se passati i due mesi nessuno ne reclama il possesso si può procedere all’adozione e sempre e solo alla fine del percorso, deve fare il passaggio di proprietà. Altrimenti non può esserci rintracciabilità e non si può dire di combattere né il randagismo, né le cattive esperienze.
Inoltre dovrebbero essere sterilizzati o castrati, affinché nessuno possa sfruttarli a fini di lucro e non si possano ulteriormente riprodurre. C’è un numero incredibile di cani abbandonati in tutto il mondo, inutile farne nascere ancora, senza prima aver aiutato tutti quelli esistenti. I veterinari per primi dovrebbero favorire queste buone pratiche. Mi preme però specificare che in alcuni soggetti (soprattutto in fase prepuberale e in soggetti molto paurosi) la sterilizzazione/ castrazione può portare a dei cambiamenti comportamentali di non poco conto che potrebbero non favorirne l’equilibrio psicofisico e l’inserimento in un sistema familiare, quindi bisognerebbe sempre valutare la situazione con un educatore o istruttore coadiuvato da un veterinario”.
Adottare un cane in Sicilia: i falsi miti
Prima di adottare un cane in Sicilia è utile anche analizzare le false convinzioni comuni che troppo spesso impediscono che i padroni possano scegliere effettivamente l’esemplare che faccia al caso loro.
1. Meglio adottare un cucciolo che un cane adulto
“Adottare un cucciolo è un’idea allettante, ma bisogna interrogarsi sulla qualità del tempo da dedicargli e sull’effettiva possibilità dar lui le attenzioni che merita un soggetto in fase di crescita. A differenza di ciò che si pensa, il cucciolo è più problematico, più impegnativo ed economicamente più dispendioso di un cane adulto – fa sapere Laura Corigliano -. Si tratta di un essere vivente che va accompagnato nel mondo umano pieno di stimoli nel modo corretto, dalla gestione dei bisogni alle regole dell’ambiente circostante. Per questo non sempre è la scelta giusta per chi è alle prime esperienze. Il cane adulto o anziano, invece, ha un profilo caratteriale già formato, non cambia nelle sue dimensioni, meno irrequieto, più indipendente, non richiede troppo impegno, è più tranquillo e distrugge meno gli oggetti di casa. Inoltre, gli adulti e gli anziani possono amare e un umano incontrato in tarda età, esattamente come i cuccioli”.
2. I cani malati di leishmaniosi sono pericolosi ed economicamente dispendiosi
“Avere un quadro clinico del cane prima dell’adozione è importante – continua Corigliano – per comprendere la sua corretta gestione. Bisogna testare anche la positività a erlichia, leishmania e altre malattie. Ma questo non significa che i cani affetti da malattie debbano essere scartati o siano più problematici. Ad esempio, la leishmaniosi è una malattia considerata rara in passato che ormai è diventata endemica in tutta Italia. Un gran numero di cani la contrae nel corso della propria vita, tanto al nord quanto al sud Italia, durante una normale passeggiata al parco. Viene trasmessa da un particolare tipo di zanzara infetta e, una volta contratta, resta. Tuttavia, alcuni casi non gravi possono essere facilmente negativizzati per sempre, abbassando la titolazione, con una semplice terapia farmacologica a basso costo. Nel caso ci fossero altri cani conviventi, sarebbe davvero difficile il loro contagio, perché la zanzara dovrebbe pungere il cane malato, far passare il tempo d’incubazione per la malattia e pungere nello gli altri. Molto più semplice che il cane non malato si infetti da solo. Basta semplicemente prevenire la malattia con antiparassitario repellente ai pappataci, 12 mesi l’anno, come si dovrebbe fare per tutti. In caso di positività al test per leishmania, o anche soltanto per una corretta informazione, consiglio di leggere i contenuti gratuiti promossi da un medico esperto in materia, Gianluca Barbato”.
3. I cani educati rispondono ai comandi
“Ancora l’idea che i cani intelligenti e ubbidienti siano quelli che rispondono a comandi come ‘seduto’ e ‘zampa’, che consentano all’umano di riferimento di togliere l’amato osso dalle loro fauci o che mangino soltanto quando sentono ‘adesso puoi mangiare’ è lenta a morire – aggiunge l’educatrice cinofila -. Un cane educato, invece, non è un cane che risponde ai comandi, ma un cane che ascolta il padrone perché è sicuro della loro relazione, perché riesce a comunicare con lui, perché capisce di essere compreso nel suo linguaggio. Troppo spesso si attribuiscono ai cani emozioni esclusivamente umane come il risentimento, la gelosia, il dispetto che, in verità, non esistono. E nessun campo di addestramento serve per migliorare la relazione tra cane ed essere umano, anche perché la casa e la routine è ben diversa dal campo di addestramento e l’animale comprende perfettamente il codice di comportamento da adottare nei diversi luoghi. La scienza ci dimostra come cane e uomo siano menti che si sono coevolute nel corso della storia, che hanno camminato insieme. Tale percorso, inizialmente fatto di simbiosi e condivisione, è andato alla deriva, prima a favore dell’utilità del cane (es. caccia) e poi con la pretesa che addirittura debba rimanere in solitudine, senza soddisfare i propri bisogni, facendo soltanto ciò che il padrone desideri. Gli studi scientifici dimostrano anche che i cani siano assolutamente capaci di comprendere espressioni facciali umane e di associare parole a significati precisi. Noi tuttavia abbiamo perso completamente l’abilità di comprenderli. È per questa ragione che servono esperti con approccio cognitivo zooantropologico e non quelli da ‘campo di addestramento’ inclini alla coercizione. Anche perché, per fortuna, non tutti siamo capaci di usare la forza, la vessazione, il dolore e le punizione per comunicare”.
4. I cani non sono igienici per bambini
“Molti genitori temono che i cani possano essere pericolosi per la salute dei più piccoli. Così, quando arriva un neonato, possono decidere di tenerlo fuori dalla camera, di isolarlo, di impedirgli di avvinarsi al bambino. Ci sono studi scientifici che dimostrano invece come la presenza di animali domestici (non solo cani) incrementi in modo importante le difese immunitarie dei bambini che, più vengono esposti da piccoli ai cani, meno avranno la possibilità di sviluppare virus e allergie in futuro – precisa Corigliano -. Tengo a precisare che ovviamente i cani dovrebbero essere seguiti, curati e trattati per la prevenzione di varie malattie. E’ ovvio che se non ci curiamo di loro si potrebbero ammalare e diventare veicolo d’infezione. Ciò che non si tiene in conto mai è anche quanto possa far bene crescere insieme a un animale domestico, in termini di sostegno durante la crescita, appagando bisogni fondamentali come quelli di affetto, vicinanza e rispecchianento empatico”.
5. Acquistare cani presenti su annunci o da “allevamenti privati” è sicuro
“Chi desidera un cucciolo può essere invogliato a chiamare uno di quei numeri che si trovano su giornali o gruppi sui social e che ‘offrono cuccioli’. Bisogna considerare, però, che questi cani sono per lo più figli di esemplari tenuti segregati dai padroni e costretti fisicamente alla produzione continua di cuccioli da vendere. Tali ‘allevamenti domestici’ sono abominevoli e vietati dalla legge – conclude -. Capita molto spesso, infatti, che i volontari salvino povere ‘fattrici’ dalle mani dei loro aguzzini, le sterilizzino e cerchino loro famiglia. Se nessuno acquistasse più cani e se tutti adottassero dal canile o dal rifugio, probabilmente il mondo sarebbe migliore, senza considerare che per me nessuna vita può avere un prezzo”.