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Afghanistan, a Kabul studentesse femministe resistono ai talebani, ecco come

Afghanistan, a Kabul studentesse femministe resistono ai talebani, ecco come
Gul Pana, 1 year old is with her mother are now in Kandahar Haji IDP camp. Gul Pana born in Helmand and now lives with her mother and brother in Haji Camp in Mirwais Maina District 7. Her father died in Helmand during recent war. She has two sisters and four brothers. In the last few months, the conflict has escalated and there are over 18 million people in need of humanitarian assistance. 4 million children are out of school. Around 400,000 people have left their homes to seek refuge; over half are children. We’ve prepositioned essential supplies, such as ready-to-use therapeutic food (RUTF) and vaccines throughout the country so that our partners can deliver We’re scaling-up lifesaving water & sanitation efforts, such as water trucking and hygiene kits However, as fighting intensifies and spreads, the operating space for humanitarians providing life-saving assistance continues to shrink dramatically. ANSA/US UNICEF +++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++

Ecco cosa stanno facendo a Kabul in queste ore alcune donne coraggiose.

A Kabul è sbocciata una piccola, in termini numerici, ma tenace resistenza ai talebani animata da un gruppo di studentesse femministe. Fatta di gesti semplici eppure cruciali come la distribuzione casa per casa di burqa a chi non ce l’ha e rischia per questo di suscitare la ferocia dei talebani e assorbenti per il ciclo mestruale.

La racconta all’AGI Antonella, collaboratrice della ‘Casa delle Donne’ di Milano, che in questi giorni sta mantenendo un contatto telefonico quotidiano con un’amica afghana. 

Il nucleo femminista dell’Università di Kabul 

“Vive nella periferia della capitale con la sua famiglia, ha 26 anni ed è iscritta a Scienze Politiche. Ha creato nell’università un nucleo femminista che ha come modelli i movimenti europei e americani ma anche la Rawa, l’organizzazione afghana nata negli anni Settanta che ha come obbiettivo la tutela dei diritti delle donne”. Quando i talebani hanno occupato i palazzi del governo e poi anche l’università, è iniziata un’opposizione silenziosa e strenua “fatta di piccoli gesti di solidarietà”. “Le ragazze hanno distribuito casa per casa i burqa alle donne, quelli delle loro nonne perché da anni non li indossano, gli assorbenti perché a Kabul uscire di casa per una donna è diventato impossibile e si stanno impegnando per tutelare le studentesse più esposte che dalla capitale hanno fatto rientro in famiglie che vivono alla periferia del Paese”.

I controlli ginecologici per verificare la verginità 

Quello che l’amica ripete a Nicoletta è che proprio qui, lontano dal “finto buonismo dei talebani a Kabul, città che è sotto gli occhi di tutti”, si stanno consumando le peggiori atrocità. “Le ragazze che stanno fuori città riferiscono di stupri, controlli ginecologici per accertare la verginità, liste in formazione delle donne in età fertile papabili comefuture mogli dei talebani”.

“La mia amica mantiene il contatto con le altre femministe che vivono nel suo quartiere – prosegue la coetanea italiana -. Esce pochissimo, anche perché è in vigore l’ordinanza che vieta di uscire di casa alle donne senza essere accompagnate da un uomo di famiglia. I suoi genitori sono entrati in contatto con associazioni che stanno provando a organizzare dei corridoi umanitari. Mi riferisce anche di piccole insorgenze a cui lei per ora non partecipa perché ha timore di essere nel mirino per i suoi contatti con realtà occidentali, come la Casa delle Donne”.

Per la giovane afghana il dolore più grande è stata l’occupazione talebana dell’ateneo che “in questi anni è diventato molto internazionale perché tanti studenti hanno fatto esperienze all’estero e ora rischia di tornare indietro di 20 anni. Ma dai messaggi che mi manda sento più ancora che  il terrore la forza e la voglia di resistere”. “Cosa posso fare per te?”, le ha chiesto Antonella in un whatsapp. “Parla più che puoi, voglio che non ci lasciate soli”.