L’Ordine dei medici di Catania sta predisponendo una richiesta ufficiale, da trasmettere alla Prefettura, per chiedere un incontro col prefetto Maria Carmela Librizzi sul nodo delle aggressioni negli ospedali.
L’incontro
La notizia arriva dai vertici dell’organismo di rappresentanza dei medici catanesi, che intendono chiedere al titolare del governo sul territorio un intervento che tragga spunto dalla situazione emergenziale delle aggressioni a medici e infermieri che si verificano ormai con una costante molto preoccupante.
L’ultimo episodio
L’ultimo episodio, di pochi giorni fa, della pediatra aggredita da una venticinquenne all’ospedale di Biancavilla è considerato come un punto di non ritorno, soprattutto perché gli ospedali dell’Asp non hanno alcun presidio delle forze dell’ordine, ma soltanto un servizio di vigilantes che, però, non essendo forza di polizia non possono intervenire con interventi di fermo. Proprio perché è evidente che sarebbe impossibile blindare gli ospedali con molti agenti l’Ordine dei medici intende chiedere al prefetto l’applicazione di azioni emergenziali che prevedano anche l’ausilio dei militari dell’esercito.
Le parole di Liberti
“Mi sembra evidente – spiega il vicepresidente dell’ordine Pino Liberti che parla anche a titolo del presidente Alfio Saggio – che a fronte di una situazione che ormai sta diventando emergenziale occorrono interventi immediati per evitare che un giorno ci si trovi davanti a un episodio molto grave con vittime medici e infermieri. Quindi l’Ordine dei medici ritiene utile chiedere al prefetto di prendere in considerazione di ricorrere per la tutela degli ospedali all’ausilio di militari dell’esercito che potrebbero quindi fungere da forza di controllo e repressione qualora di verifichi un’altra aggressione”.
Non le sembra che una tale richiesta possa essere letta come eccessiva?
“Partiamo da una premessa. Le gente, probabilmente, ha in parte ragione di essere esasperata. Si attende troppe cose che la sanità pubblica di oggi non può fornire. Ma se un cittadino ritiene di essere stato in qualche modo danneggiato ha tutti gli strumenti legali per potere reagire, non certo quello di aggredire e fare del male a chi è in ospedale per aiutare il prossimo e soccorrerlo. Inoltre si consideri che ormai troppi medici e infermieri non vogliono più lavorare nel settore dell’emergenza urgenza in cui rischiano l’incolumità tutti i giorni oltre alle denunce. E questo non fa altro che ridurre il numero del personale che è al lavoro nei reparti di primo soccorso. Quindi siamo davanti a un settore che sembra un gatto che cerca di mordersi la coda. A questo punto davanti a una situazione di emergenza occorrono provvedimenti di emergenza. Quindi perché no i militari dell’esercito? In fondo sono stati utilizzati per il controllo durante la pandemia Covid, ma questo non ha significato la militarizzazione delle città. Anzi i militari ci hanno dato una grande mano anche per le vaccinazioni. Oggi il loro utilizzo negli ospedali servirebbe a dare una mano a tutto il settore sanitario in termini di sicurezza e a tranquillizzare soprattutto il personale medico che ogni giorno lavora in settori delicati come i pronto soccorso”.
Le ultime aggressioni in città e provincia si sono verificate, però, in alcuni reparti. L’Ugl sanità ha chiesto di studiare l’installazione di un bottone rosso in ogni reparto per dare l’allarme qualora arrivi qualcuno che voglia aggredire…
“Non è una cattiva idea. Ma c’è da considerare che il tempo occorrente tra l’allarme e l’arrivo delle forze dell’ordine potrebbe non bastare per evitare l’aggressione. Invece i militari all’interno dell’ospedale sarebbero già un elemento di deterrenza per chi si reca nei reparti con l’intento di farsi giustizia da sé”.

