Spighe Verdi 2022, Sicilia esclusa: potrebbe diventare la "El Dorado d'Europa" - QdS

Spighe Verdi 2022, Sicilia esclusa: potrebbe diventare la “El Dorado d’Europa”

Spighe Verdi 2022, Sicilia esclusa: potrebbe diventare la “El Dorado d’Europa”

Chiara Gangemi  |
sabato 06 Agosto 2022

L'analisi dell’imprenditore agricolo catanese Maurizio Torrisi. Dalla disorganizzazione dei consorzi di bonifica, ai furti e alla scarsità idrica, per passare all'assenza della Politica

Dovrebbe essere il settore trainante dell’intera regione ma arranca. L’agricoltura, gioia e dolore dei siciliani, sconta una serie di problemi per i quali le imprese chiedono soluzioni adeguate. Di queste ultime settimane è la notizia dell’eliminazione della Sicilia dal riconoscimento delle Spighe Verdi 2022, come abbiamo raccontano su Qds.it .

Alle affermazioni di Confagricoltura si aggiungono quelle dell’imprenditore agricolo catanese dott. Maurizio Torrisi (nonché vicepresidente del Comitato spontaneo degli agricoltori della Piana di Catania).

Quest’ultimo racconta: “Le difficoltà di fare impresa in Sicilia vanno dalle difficoltà di campo a quelle amministrative fino alle criticità della commercializzazione. Per quanto riguarda quelle di campo, è chiaro che abbiamo in primis una forte criticità che causata dalla disorganizzazione dei consorzi di bonifica, parlo perché consorziato al Consorzio 9. Con questo non voglio additare o demonizzare nessuno però oggettivamente è un vero e proprio dramma sapere che l’acqua è invasata ma non possiamo distribuirla. Questo perché abbiamo una rete scolante che è fatiscente, retaggio di anni e anni di lassismo e di mancati interventi.

Poca acqua, tanti furti: agricoltori sotto pressione

Il fattore acqua, parlo da agronomo, è il fattore vitale: non si può fare agricoltura prescindendo dall’acqua. Questo quindi è un fattore estremamente limitante.

Le criticità di campo, di vita quotidiana, provengono anche dai furti e dalla pressione psicologica che abbiamo sulle aziende: diventa frustrante e umiliante pensare che dopo un anno di sacrifici e capitali che vengono investiti, improvvisamente in alcune aziende grosse fette di produzione scompaiono nel volgere di pochi giorni. Parlando da imprenditore, queste due problematiche le imputo a delle dinamiche superiori che investono la politica e le forze dell’ordine: ma non nella misura in cui costoro non volessero o non potessero fare, bensì perché le leggi non permettono determinate azioni di repressione e anche per mancanza oggettiva di personale.

“La Sicilia potrebbe diventare l’El Dorado dell’Europa”

Per cui il vasto territorio agricolo difficilmente può essere controllato. Per quanto riguarda la valorizzazione del prodotto, la Sicilia potrebbe diventare l’El Dorado dell’Europa, abbiamo un meraviglioso clima che copre 14 mesi l’anno. Ma la politica non ci aiuta a valorizzare il prodotto sui mercati e quindi non abbiamo premio alle produzioni (inteso come valore aggiunto che possa competere rispetto a quello che i competitors europei o mondiali ci portano sul mercato)”.

Dalla guerra all’aumento dei costi, le grandi difficolta per il settore primario

Lo stesso prosegue: “Abbiamo una serie di pressioni che, nonostante da imprenditore ottimista, comunque ci stimolano a fare. Chiaro che se tutto questo venisse alleggerito sicuramente sarebbe una diffusione di ricchezza molto più capillare. Per quanto concerne quello che il consumatore chiama con molta pomposità ed enfasi il biologico, anche qui abbiamo una coscienza dettata dall’aumento dei costi (quindi l’impossibilità oggettiva di fare trattamenti ormai a calendario perché i mezzi tecnici costano veramente tantissimo).

Quest’anno con la guerra ci sono prodotti, mezzi tecnici e concimi schizzati anche del 120% in più ed erbicidi schizzati anche del 300%/400% in più. Ci rendiamo conto solo numericamente che è impossibile farlo. Poi c’è una coscienza green che ci porta ad avere maggiore consapevolezza nei confronti del consumatore che poi è l’utente finale del nostro prodotto ed è chiaro che se noi non intercettiamo il mercato non avrebbe senso andare a produrre. Quindi voglio rassicurare il consumatore che abbiamo l’indole di rispettare la natura”.

“Economicamente non siamo supportati”

Economicamente non siamo supportati perché, come già ribadito, abbiamo una fortissima pressione di prodotto proveniente dall’estero anche con scellerate triangolazioni (Africa-Europa occidentale-Spagna-Portogallo), merce che viene importata nell’Europa centrale europeo quando in realtà non è prodotto in Europa. Purtroppo la globalizzazione ci pressa: il nostro olio italiano soffre la concorrenza sugli scaffali, una competizione forte perché nelle bottiglie sugli scaffali quando si va a leggere, non interessa tanto la tipicità del prodotto quanto la provenienza dell’olio.

I prezzi di vendita dei prodotti “viziati” da troppe dinamiche

Poi il prezzo dei nostri prodotti sui mercati è viziato da dinamiche: ci sono intermediazioni che fanno levitare il costo dal campo agli scaffali o comunque alla vendita che deprime i volumi di assorbimento al mercato e quindi per legge di domanda e offerta ci sono prodotti con prezzi alla vendita che sono proibitivi per le masse e che quindi determinano consumi molto esigui che poi si scaricano sul produttore. Non avendo richiesta dai mercati i nostri prodotti a volte languono sulle piante o sul terreno. Questa sarebbe forse la problematica per eccellenza da affrontare, questo determinerebbe una cascata di valori che si ripercuoterebbe su tutta la piramide commerciale”.

Chiara Gangemi

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