Agricoltura “verticale” e sostenibile: “Risparmiamo il 95% delle risorse” - QdS

Agricoltura “verticale” e sostenibile: “Risparmiamo il 95% delle risorse”

redazione

Agricoltura “verticale” e sostenibile: “Risparmiamo il 95% delle risorse”

Biagio Tinghino  |
martedì 14 Marzo 2023

In Sicilia la sfida innovativa dell’ingegnere Parrinello e del professore David: “In 300 m² riusciamo ad avere la produttività media di una cultura di oltre 10.000 m², senza nessun costo energetico

Le coltivazioni fuori suolo non sono soltanto confinate all’estero, ma anche in Sicilia. Infatti sono sempre più diffusi progetti che prevedono la coltivazione delle piante fuori dal terreno, in ambiente protetto, con un controllo delle condizioni di crescita tramite l’applicazione all’agricoltura di innovazioni tratte dal mondo dell’informatica e dell’ingegneria. Le coltivazioni sono contraddistinte da numerosi benefici, per esempio godono di una maggiore indipendenza dal clima e dalla stagionalità, perché la produzione si protrae per tutto l’anno, con rese non influenzate dagli eventi atmosferici. È la tecnologia che gestisce l’impianto e permette di evitare gli sprechi. Grazie al vertical farming ci si avvicina sempre di più alle tematiche di sostenibilità produttiva, di razionalizzazione delle risorse, e di risparmio energetico. Per approfondire la questione, abbiamo intervistato Graziano Parrinello e Giuseppe David, rispettivamente un ingegnere e un professore, che hanno brevettato un sistema che consente di avere la stessa produttività delle già blasonate vertical farm ma senza i gravosi costi energetici derivanti dall’illuminazione artificiale.

Vertical farm in Sicilia, quali sono le prospettive sostenibili dell’agricoltura fuori suolo?
“-Vertical farm in Sicilia? E perché no! – questa è stata la nostra prima espressione quando abbiamo dovuto scegliere quale fosse il campo ottimale per lo sviluppo della nostra tecnologia. Vertical farm è una tecnologia dal potenziale immenso e ancor di più quando lo si sviluppa con delle logiche come l’acquaponica, ormai riconosciuta anche dalla Fao (Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura) come una delle logiche produttive di maggiore interesse per il futuro del mondo. La Sicilia è sicuramente uno di quei pochi posti al mondo che potrebbe esprimere al massimo le potenzialità di questa tecnologia grazie al clima e da una costante presenza del Sole. Poiché seppur vero che questa tecnologia può essere sviluppata in qualsiasi posto del mondo, verrà facile comprendere che i costi di gestione sono notevolmente inferiori in un sito geografico perennemente soleggiato come il nostro”.

Qual è il sistema che avete brevettato, come funziona e quali sono le peculiarità?
“Il nostro progetto dal nome ‘Biorganise’ ha un ampio respiro e tratta della reinterpretazione del sistema produttivo alimentare ed agroalimentare nello specifico. Oggi noi abbiamo messo in campo un paio delle nostre tecnologie brevettate che sviluppano coltivazione di orticole a foglia, ma che abbracciano anche un’ampia gamma di orticole a frutto. Attualmente siamo operativi con un prototipo che è in marcia da quasi due anni e che è il frutto di sette anni di sperimentazione con il quale produciamo oltre 40 varietà di orticole a foglia contemporaneamente e sperimentiamo le logiche di funzionamento. In 300 m² riusciamo ad avere la produttività media di una cultura di oltre 10.000 m² ma con l’utilizzo di appena 100 litri di acqua al giorno e sostanzialmente senza nessun costo energetico poiché il tutto è alimentato da un sistema di pannelli solari da appena due Kilowatt. Per trarre le somme, risparmiamo il 95% di superficie il 95% di risorse idriche e quasi il 95% di risorse energetiche, ma non è tutto! Inoltre il ‘motore chimico’ di tutto l’apparato è costituito da un allevamento ittico di appena 10.000 litri, dove alleviamo oltre 600 kg di persico trota. Da questo impianto di itticoltura ricaviamo l’energia chimica per alimentare il campo di coltivazione. In sostanza, dalle acque dell’allevamento ittico ricaviamo i nutrienti che ci servono per far crescere oltre 35.000 kg di ortaggi a foglia l’anno. Grazie all’alto tenore tecnologico del sistema si risparmia tantissimo anche nella gestione manodopera”.

Quali sono i vantaggi del vertical farming? Ci sono dei limiti?
“Ma in realtà questa è solo una delle interpretazioni a cui l’acquaponica e il vertical farm si prestano in maniera eccezionale. Il nostro sogno è quello di coinvolgere un’intera generazione di cittadini ormai ‘urban’, e riportarli a quelle attività di produzione del cibo che erano caratteristici di due generazioni fa. Per noi riacquisire in maniera soggettiva la responsabilità sulla produzione alimentare non farà altro che migliorare la qualità di quello che mangiamo. Il fenomeno del vertical farming oggi sta veramente assumendo una dimensione importante anche se in realtà non è tutto oro quello che luccica. La maggior parte dei sistemi in campo, un po’ in giro per il mondo, hanno la pecca di essere altamente energivori, generando un prodotto finale di sicura qualità ma con costi elevatissimi, traducendosi nella non sostenibilità del sistema produttivo che resta un’eccellenza ma che ha poco margine di sviluppo e di competizione con la produzione classica. La peculiarità dei nostri sistemi è proprio quella dell’approccio progettuale mirato all’assoluta sostenibilità del sistema produttivo”.

Si può incentivare lo sviluppo dell’agricoltura nelle aree urbane? In che modo?
“Investire oggi in acquaponica e in vertical farm potrebbe sembrare un capriccio da ricchi, in realtà, io, lo qualificherei come un investimento sicuro. È sempre più redditizio. Ci si è resi facilmente conto, specie negli ultimi tempi, che i costi dei generi alimentari di prima necessità, soprattutto quelli provenienti dalle attività agroalimentari, subiscono notevoli variazioni di prezzi dovute ad una molteplicità di fattori. Stabilizzare, quindi, e governare questo fenomeno è sicuramente uno dei focus principali delle generazione del futuro. Oggi il vertical farm è un mondo di chi ha la necessità di attingere ad un’immensa varietà di competenze e di alta professionalità. Il cibo del domani sarà fatto da ingegneri, programmatori informatici, biologi, economisti e probabilmente anche agronomi, di sicuro non sarà una nicchia produttiva destinata a pochi come, lo è oggi”.

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