L’Amministrazione studia un Piano di risanamento lacrime e sangue per evitare il default, ma i margini di manovra all’interno del Bilancio comunale sono davvero minimi
PALERMO – Si fa sempre più drammatica la situazione delle casse del Comune. L’Amministrazione si trova davanti a un bivio: o il dissesto, che chiuderebbe con una macchia indelebile la carriera (da sindaco, non politica) di Leoluca Orlando; o un Piano di risanamento lacrime e sangue da 800 milioni di tagli in dieci anni.
È questa la poco allegra prospettiva emersa durante una delle ultime sedute della Commissione Bilancio, cui hanno partecipato anche l’assessore Sergio Marino e il ragioniere generale Paolo Bohuslav Basile. E mentre prosegue l’interlocuzione tra l’Anci Sicilia e il Governo per chiedere uno slittamento dei termini per l’approvazione del Bilancio di previsione 2021 (la richiesta, che riguarderebbe anche le tariffe Tari 2021, è di un rinvio al 30 novembre), in Commissione è arrivata la delibera di Giunta che mette nero su bianco i numeri del baratro in cui è precipitata la quinta città d’Italia.
La procedura di risanamento è alternativa al dissesto e si divide in due fasi: “Il Consiglio – ha spiegato Basile – decide con una delibera di avvalersi della procedura di risanamento, dopodiché, entro il termine perentorio di novanta giorni dal momento in cui la delibera è esecutiva, l’Aula deve approvare il Piano di riequilibrio, altrimenti scatta automaticamente il dissesto. Sarebbe la Ragioneria a individuare con una relazione i fattori che hanno determinato lo squilibrio strutturale del bilancio, e che sono a tutti noti, e a quantificare le misure finanziarie necessarie per ripristinare l’equilibrio. Per legge il Piano di rientro può avere una durata massima di vent’anni, dieci nel caso di Palermo”.
Il problema è che il Bilancio di piazza Pretoria è già ridotto all’osso e che bisognerebbe trovare (non si sa ancora dove) tra gli 80 e i 90 milioni l’anno per dieci anni, per un totale di 800-900 milioni di euro. “Il Comune – ha affermato il ragioniere generale – ha sia un deficit strutturale che una tantum. Per quanto attiene il deficit strutturale, è legato principalmente all’incapacità di accantonare interamente le somme necessarie per il Fondo crediti dubbia esigibilità. Al momento l’obbligo di accantonamento per il 2021 supera i 181 milioni rispetto a un ammontare complessivo delle entrate di 318 milioni, quindi ben oltre il 57% delle entrate complessive. In questo caso lo squilibrio strutturale oscilla tra i 70 e i 78 milioni all’anno, a meno che non migliori la capacità di riscossione fiscale del Comune. Poi ci sono i deficit una tantum, come l’obbligo di accantonamento per il Fondo rischi spese legali causato dalle sentenze di condanna a sfavore del Comune nei contenziosi Amia e Immobiliare Strasburgo, che vale 73 milioni”.
“A questo buco di bilancio – ha avvertito Basile – si aggiunge lo squilibrio determinato dalla mancata approvazione delle tariffe Tari 2021, per circa 18 milioni. Non bisogna dimenticare che già da anni il Comune è sottoposto a una rigorosissima revisione della spesa: nel bilancio sostanzialmente non ci sono margini”.
L’unica boccata di ossigeno potrebbe arrivare dallo slittamento al 30 novembre del Bilancio di previsione, “che consentirebbe al Consiglio di ridiscutere nuovamente le tariffe Tari 2021 alla luce dei costi definiti dal Pef Tari approvato dalla Srr, la cui mancata approvazione causa un disallineamento di 18 milioni tra entrate e uscite”.
Cifre insostenibili, secondo Ugo Forello del gruppo Oso, a meno di mettere in vendita tutto: “Il Covid – ha attaccato – ha soltanto peggiorato una situazione che si trascina da tempo. Sono anni che il Collegio dei revisori lancia l’allarme sugli accantonamenti. Ormai nel Bilancio del Comune si raschia il fondo: i soldi per questo Piano non ci sono perché parliamo di un totale di 800-900 milioni. È impossibile trovare queste somme, neanche vendendo una partecipata o le quote della Gesap, perché ormai si è tagliato tutto il possibile e non si può rinunciare all’erogazione dei servizi fondamentali”.
“A meno che – ha proseguito – non si vogliano privatizzare trasporti, raccolta dei rifiuti e aeroporto. Voglio ricordare inoltre che il problema del Bilancio di previsione, anche se viene rappresentato come un problema di tutti i Comuni siciliani, non lo è. Gli altri capoluoghi siciliani, con la sola eccezione di Trapani, hanno approvato il Bilancio di previsione 2021-2023, e lo stesso hanno fatto grandi Comuni come Mazara del Vallo. Forse l’idea del sindaco è di non votare l’immediata esecutività della procedura di risanamento, allungare la minestra di qualche mese e arrivare sotto le elezioni senza né il dissesto né un impopolare piano di tagli da 800 milioni”.
“Non sono candidato – ha replicato l’assessore Marino – né come assessore, perché ormai ho fatto il mio tempo, né come sindaco, né come consigliere comunale. Questo piano non è stato pensato nella vaga speranza di un sostegno dal Governo o per prendere tempo per chissà quale strategia. Poi se un sostegno arriverà ben venga, fermo restando che il nuovo sindaco avrà la facoltà di cambiare strategia. A me sembra che questa sia l’unica strada percorribile, nonché la procedura più corretta da seguire da un punto di vista tecnico: non c’è molto spazio per la discrezionalità. Ricordo inoltre che i servizi essenziali, dai rifiuti all’acqua, non possono essere toccati. Siamo disponibili a presentare all’Aula un primo screening prima di approvare la procedura di risanamento. Se i 90 milioni l’anno non si troveranno sarò il primo a fermarmi. Ma la vendita della Gesap e delle altre partecipate è l’ultima delle soluzioni possibili”.