La storia di Aldo Viola non è la storia lineare di un vignaiolo che segue una tradizione familiare. È, piuttosto, il percorso irregolare e istintivo di un uomo che ha cercato altrove se stesso, per poi ritornare alla sua terra e trasformare quel ritorno in un atto d’amore. Un amore complesso, fatto di libertà, fatica, intuizioni e un forte senso di verità.
A vent’anni Aldo lascia la Sicilia “per incomprensioni familiari”, come racconta con sincerità. Parte senza un progetto preciso, ma con il desiderio urgente di capire chi fosse davvero. Passa dieci anni in giro per il mondo: Danimarca, poi in Centro e Sud America. È un viaggio personale e spirituale, più che professionale. “Volevo capire chi ero”, dice. E quel cammino lo segna profondamente, soprattutto l’esperienza in India, che gli apre un modo diverso di percepire energia, ciclicità e relazione con la natura.
Il ritorno a casa grazie ad una telefonata del padre
Il ritorno a casa avviene grazie a una telefonata del padre: ha trovato una parcella di terra promettente a Guarini (vicino Trapani), e pensa – a ragione – che Aldo possa farne qualcosa di grande. Quella frase mette una “pulce nell’orecchio”, come dice lui stesso, e da lì inizia lentamente un percorso che non era pianificato, non era frutto di strategia, ma quasi una chiamata silenziosa: “Non è che un giorno decidi: voglio fare vino. È qualcosa che fa parte di te. Mio padre lo faceva, mio nonno lo faceva: era già dentro di me”.
La famiglia Viola aveva sempre vinificato in proprio, fino a quando l’evoluzione del mercato non li spinse a vendere uva anziché produrre vino. Aldo cresce nella cantina, ma negli anni dell’adolescenza quello spazio non esiste più. Eppure l’attrazione per la terra resta, potente. Inizia così, nel 2000, con una sola barrique, quasi per gioco. Poi riparte per l’India, ritorna, riparte ancora. Nel frattempo il suo primo vino è realtà ed inizia a commercializzarlo nel 2005 e inizia anche a frequentare Biologia all’Università, perché si rende conto che “l’amore non basta, serve conoscenza”.
La visione di Aldo è semplice e profondissima: il vino non è un prodotto, è energia
La tecnica è necessaria per dare forma a un’idea di vino che non vuole compromessi. La visione di Aldo è semplice e profondissima: il vino non è un prodotto, è energia. È un nutrimento. Nasce dalla terra ma anche dall’aria, e deve conservare entrambe queste dimensioni. Ogni vino è un messaggio, una piccola “pozione magica”, come ama dire scherzando. È un approccio romantico, ma anche rigoroso: lascia libertà alle fermentazioni, ma ne accetta i limiti; interpreta la natura, non la forza; accoglie la variabilità dell’annata, senza inseguire la ripetibilità industriale. “La libertà è bella finché corrisponde”, dice. E nei suoi vini la libertà è sempre un dialogo tra ciò che la natura offre e ciò che il vignaiolo può accettare.
Oggi, con una nuova cantina ad Alcamo e strumenti più adeguati, il processo è più lineare, ma la filosofia non cambia: il vino deve essere buono per chi lo beve, ma prima ancora per chi lo fa. La produzione resta piccola, la cura maniacale, l’identità integro-rurale. Ogni annata è una storia, ogni parcella un mondo da ascoltare.
Aldo Viola ha costruito una realtà unica, fuori dalle mode, profondamente sincera
“Non voglio seguire nessuno: chi ama ciò che facciamo viene da noi”, afferma con fermezza. Ed è così che Aldo Viola ha costruito una realtà unica, fuori dalle mode, profondamente sincera: un’azienda che non vuole stupire, ma nutrire; non vuole apparire, ma restare. Una via a senso unico, che però continua ad attirare chi cerca nel vino qualcosa di più di un semplice bicchiere: un frammento di verità.

