Alessandra Scimone, da Messina a New York per realizzare il suo sogno
Professionista siciliana, mamma di cinque figli. Da Messina è volata a Pittsford (NY) per realizzare il suo american dream: quella che vi raccontiamo oggi è la storia di Alessandra Scimone. Sin dal primo approccio con il mondo del lavoro, Alessandra capisce che le opportunità non giocano a suo favore. Nonostante una Laurea in Lingue e Letterature Straniere conseguita con la lode all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e due master, in Mediazione Culturale e in Traduzione Editoriale, in ogni colloquio l’accento cade sul suo forte istinto materno che, alla giovane età di 23 anni la vede già madre di Vanessa, la sua primogenita.
Oggi Alessandra è titolare di una società americana solida che offre programmi di scambio culturale situata a Pittsford, New York (USA), con una filiale italiana a Merate, LC, (Italia). L’abbiamo intervistata
Una laurea, due master. Poi il confronto con una società ed un mercato del lavoro poco inclusivo: quando ha capito che l’essere mamma era un ostacolo alla sua carriera?
“Durante il mio primo colloquio post laurea. Le domande non riguardano i miei studi, le mie ambizioni o il perché mi stavo candidando, domande che una qualsiasi persona si sarebbe aspettata in una prima fase conoscitiva. Tutto ruotava attorno a Vanessa, la mia primogenita. Con una bambina piccola come pensa di coniugare lavoro e vita privata? Riuscirebbe ad organizzarsi per trasferte e straordinari? Pensa che vorrà altri figli? Essendo una persona trasparente non ho mai mentito su nulla e non ho mai negato di volere una famiglia numerosa. A posteriori mi sono domandata: se fossi stata un uomo, mi avrebbero chiesto le stesse cose? E lì ho capito che l’essere mamma sarebbe stato un ostacolo per la carriera”.
Quando ha deciso di dare una svolta, cosa è successo attorno a lei? Ha incontrato scetticismo?
“Le nostre famiglie, la mia e quella di mio marito Mauro, ci hanno sempre sostenuto, anche se la paura che fosse un passo rischioso, un salto nel buio e la lontananza non hanno reso le cose semplici. Il distacco, nonostante sia motivato dal volere realizzare i propri sogni, è sempre difficile e doloroso. Pensi al fatto che nei momenti importanti non potrai essere presente. Ho riscontrato invece del scetticismo nelle famiglie che seguivano le mie lezioni in presenza che, di fronte all’opzione dell’online hanno fatto un passo indietro. 10 anni fa internet non era così presente nelle nostre vite. Ricordo che alla partenza il pensiero era di aver fatto il passo più lungo della gamba. Fortunatamente in questo caso il tempo non ci ha dato ragione. Tenacia, passione e pazienza ci hanno premiati”.
La scrittrice americana Mary McCarthy dice: “Il lieto fine è la nostra fede nazionale”. Cosa si sente di dire a tutte quelle donne che smettono di lottare per la propria affermazione professionale e sociale?
“Quello che mi sento di dire è di seguire le proprie passioni e il proprio cuore. Non arrendersi, soprattutto alle prime difficoltà e noi di difficoltà ne abbiamo avute tante e ne abbiamo tuttora ma non abbiamo mai smesso di crederci. Mauro è stato fondamentale. Nei periodi in cui mettevo tutto in discussione lui è stato la mia roccia.
Le donne hanno molto talento ma siamo ancora ferme al punto di dover dimostrare di valere, di doverci impegnare di più rispetto agli uomini. Io ho imparato a non lasciare che siano gli altri a giudicare se valgo o meno. Credete in voi stesse, nelle vostre forze. Cercate un ambiente, famiglia e amici, che vi possa supportare. Non è facile ma non è neanche impossibile!”
Esiste secondo lei una narrazione di una parte dei media e dell’opinione pubblica che va contro le donne, che racconta una verità distorta, di comodo? Come contrastarla?
“Penso che opinione pubblica e media diano ancora più risalto agli uomini in carriera. Per avere spazio dobbiamo dimostrare cento volte di più il nostro valore e di aver meritato quella posizione. Ci sono due pesi e due misure. Questo vale in qualsiasi campo. Penso alla precedente first lady americana spesso criticata per il suo modo di vestire, quando mai una figura politica maschile viene criticata per il suo abbigliamento? Come contrastarla. Non è facile. Lo si può fare dando più spazio alle donne in posizioni di potere. Anche nei media ci dovrebbero essere più donne a rappresentare il punto di vista femminile”.
Cosa pensa delle quote rosa?
“Non sono favorevole. Non perché non voglio che alle donne venga data una rappresentanza, semplicemente penso che sia triste e frustrante che debba essere una legge a garantirci i giusti ruoli e riconoscimenti. Ruth Bader Ginsburg, giudice della Corte Suprema, ha detto ‘the pedestal you put women on is a cage’ (Quando si mette una donna su un piedistallo in realtà le si costruisce una gabbia). Siamo noi donne che abbiamo il compito, non facile, di cambiare questa mentalità. Come? Innanzitutto educando i figli maschi all’uguaglianza. Ognuno deve poter crescere sentendosi libero di esprimere se stesso e il proprio talento. Il cambiamento deve partire dal basso, non possiamo più pensare e aspettare che questo avvenga dall’alto, da chi governa un paese. A volte vedo una sorta di rassegnazione e questo non va bene. Se mi fossi rassegnata non avrei mai realizzato il mio sogno!”.