CATANIA – I traguardi raggiunti sono più grandi dei sogni da bambino a Tel Aviv. La sua carriera un viaggio entusiasmante attraverso diverse forme d’arte, un esempio illuminante di come la passione e la dedizione possano condurre a risultati straordinari. Dal carisma potentissimo e dall’istinto scenico assolutamente personale, le sue esibizioni sono una miscela di puro talento e versatilità. Attore, regista, cantante, Alessandro Haber ha quella naturale inclinazione alla verità emotiva, che lo rende il fascinoso interprete amato dal pubblico e rispettato dalla critica.
Nei panni del protagonista con l’inconscio fuori fuoco, porta in scena Italo Svevo e le inquietudini del Novecento. Il suo ‘La coscienza di Zeno’ arriva da martedì 10 dicembre allo Stabile di Catania. Un adattamento di Monica Codena e Paolo Valerio, che firma anche la regia, per una produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Goldenart production.
“È uno spettacolo che vogliono tutti. Questo è il secondo anno che lo replichiamo e sta riscuotendo un successo enorme. Il merito va sicuramente a Monica Codena e Paolo Valerio che hanno fatto una riduzione straordinaria, riuscendo a raccontare il complesso mondo di Zeno Cosini in un’ora e quaranta. La messa in scena, poi, sembra un film in bianco e nero, affascinante, con un formidabile cast di attori uno più bravo dell’altro”.
Si alza il sipario sul capoluogo etneo, che frequenta da oltre vent’anni.
“Amo il fermento culturale che si respira a Catania, dove sono sempre ospite del mio carissimo amico Franco Sgalambro. Persona generosissima, com’è tipico dei siciliani, imparentata con il compianto Manlio, filoso e autore degli ultimi testi di Battiato”.
Cos’è per lei la Sicilia?
“È una terra magica, fuori da tutte le logiche, con una natura prorompente e donne di una bellezza ammaliante”.
In fondo, recitare a teatro è un po’ come fare l’amore. Non trova?
“Il teatro è carnalità. È un continuo abbracciarsi, guardarsi negli occhi, toccarsi. Senti il respiro della gente. È un evento catartico, che non viene mai edulcorato. Nel teatro le bugie diventano concrete e comunicano emozioni”.
C’è una menzogna a cui non ha mai smesso di credere, pur di andare avanti?
“Talvolta si bluffa con i sentimenti e non si è capaci di essere sinceri fino in fondo, nemmeno con sé stessi”.
Qual è il sentimento che frequenta con maggiore intensità?
“L’amicizia più dell’amore. Quei pochi amici veri che mi ritrovo sanno di poter sempre contare su di me, ed io su di loro”.
Proprio come a casa, fra palcoscenico e camerini.
“Arrivo sempre un’ora e mezza prima dello spettacolo. Stare in teatro mi fa sentire protetto. È lì che veramente mi realizzo, è lì che convoglio tutti i miei sogni”.
Interprete minimalista, cerca la crisi. La trova sempre nei personaggi che interpreta?
“Nella crisi, cerco di uscire da me stesso per meglio comprendermi e comprendere. La crisi mi permette di trovare improvvisamente qualcosa che prima non c’era, portandomi a riflettere dentro e fuori dal personaggio, con l’unico obiettivo di essere vero”.
Si è mai sentito inadatto al ruolo?
“Devo ammettere che, quando mi proposero lo spettacolo, accettai in maniera istintiva. Ma le prime due settimane di prove furono un inferno, speravo di ammalarmi, cadere… per evitare di andare in scena. È stata una delle poche volte nella mia vita, in cui non avevo le idee per nulla chiare. Non riuscivo a catturare l’essenza del mio personaggio. Mi sentivo inadeguato, confessando al regista il profondo disagio che provavo. Poi, finalmente, ho capito: Zeno è in ognuno di noi, con tutti i suoi difetti, le ansie, le indecisioni”.
Il suo Zeno Cosini è fuori dalle righe, molto ‘haberiano’.
“C’è dentro tutto me stesso. Mi metto talmente in gioco come Haber da aver inserito nello spettacolo due episodi che mi sono realmente accaduti: uno da ragazzino, a scuola a Tel Aviv, e l’altro uno strano incontro con mio padre. Sono andato in profondità, scavando nei ricordi più intimi”.
“La vita non è né brutta né bella, ma è originale”. E, in quella originalità, risiedono tutte le sue molteplici sfaccettature. Meglio, dunque, essere non allineati?
“È da quando ho vent’anni che sono contro le regole. Uno che ha sempre detto ciò che pensava, pagando di persona per le proprie invettive, ma senza mai ferire nessuno. Mi va stretta l’ipocrisia, l’essere subdoli, la doppiezza. Vorrei tornare a vedere le persone disarmanti, come purtroppo non ce ne sono più”.
Al centro dell’attenzione, anche quando resta in silenzio. Un predestinato con il dono del talento.
“O ce l’hai o niente, non lo puoi costruire in accademia. E forse proprio per quello ho avuto così tanto, nonostante un carattere come il mio”.
Le sue problematiche, gli errori, i dubbi, le ferite. Ma anche l’ironia, le gioie, le fantasie. Oggi Alessandro Haber cosa mette dentro la valigia dell’attore?
“L’onestà intellettuale. Quella non deve mai mancare”.

