Da "Amici" al rapporto con la Sicilia, Alex si racconta - QdS

Da “Amici” alle date di Catania e Palermo, Alex Wyse si racconta: “Sicilia mia patria, il mio nuovo disco…”

Da “Amici” alle date di Catania e Palermo, Alex Wyse si racconta: “Sicilia mia patria, il mio nuovo disco…”

Sandy Sciuto  |
domenica 04 Dicembre 2022

Alex Wyse, talento di "Amici", si racconta in un'intervista a QdS.it parlando del suo rapporto con la Sicilia e del futuro.

Il 6 e il 7 dicembre Alex tornerà in Sicilia per le due date a Catania e a Palermo dell’instore tour collegato all’album “Ciò che abbiamo dentro”.

Il disco è stato rilasciato il 4 novembre scorso per 21co e distribuito da Artist First. Contiene undici canzoni inedite ed è il primo vero album dell’artista dopo l’uscita dell’Ep.

Dalla fine di Amici, in cui è arrivato in finale conquistando plausi e attestati di stima, è passato un anno e Alex ha costruito giorno dopo giorno il suo percorso. Ha all’attivo un tour andato bene, due album, apprezzamenti da parte di tanti artisti della scena musicale italiana e l’affetto smisurato delle sue persone.

“Come stai?” mi chiede quando risponde dall’altro capo del telefono. Gli dico “Io sto bene e tu?”. Risponde “Bene” e così inizia l’intervista.

Alex, il 6 e 7 dicembre l’instore tour per il disco “Ciò che abbiamo dentro” fa tappa a Catania e a Palermo. Non è la prima volta per te in Sicilia, c’è qualcosa che ti affascina e che ti lega all’isola?

“Sono contento di tornare e di avere aggiunto dopo queste date all’instore tour così da passare anche in Sicilia con cui c’è un legame particolare: i miei nonni sia paterni che materni sono tutti siciliani. Mentre crescevo a casa si parlava un po’ di dialetto siciliano, quindi, la Sicilia è un po’ una mia patria”.

Quindi il dialetto siciliano lo conosci abbastanza bene.

“Beh, sì, quando ci provo, però, sembro uno straniero che parla in siciliano. Un “tanticchia”, come si dice, lo conosco”.

Saranno due occasioni per incontrare i fan che chiami “persone”. Come mai hai scelto la parola “persone” per parlare con la tua community?

“Ho scelto “persone” perché la parola fan non mi piace. È come se io fossi un’autorità più importante, mentre mi piace rimanere come una persona qualunque che è quello che sono. Non mi ritengo nessuno. “Persone” nasce perché quando lo dico è come se parlassi a tutti, non soltanto a chi mi segue ma a chiunque. Nella parola persone non c’è un livello di chi è più fan di un altro. C’è chi conosce tutte le mie canzoni o chi solo una o è rimasto incuriosito da una cosa che ho detto. Con persone, essendo generico, mi rivolgo a tutti”.

Un anno fa eri nella scuola di Amici, un anno dopo ci sono due dischi all’attivo (di cui uno è un ep), tanti apprezzamenti da artisti, un tour andato bene. Nel frattempo, cosa è rimasto di Alex entrato ad Amici e cosa hai scoperto di te da portare nella tua musica?

“Sono cambiate le cose attorno e la mia vita è completamente diversa da prima. I modi di fare rimangono sempre i miei. Tutto quello che mi è successo in questo anno è difficile da metabolizzare perché sono tante cose. La crescita all’interno della scuola mi ha dato gli attrezzi per affrontare tutto quello che sto facendo adesso. Sono davvero contento di aver fatto uscire due album in poco tempo. Non è una cosa scontata per me”.

Non solo non è una cosa scontata, ma si nota da subito la scelta di pubblicare il primo album con undici canzoni nuove senza singoli già usciti.

“Ragionando con la mia testa, molte cose le faccio in maniera umana e genuina. Fare il repack sarebbe stato solo ripresentare cose che le persone già conoscono. Mi piace dare cose nuove in questo momento”.

Al centro dell’instore tour c’è “Ciò che abbiamo dentro”, il tuo primo album di cui sei anche autore. Undici canzoni inedite. Da cosa nasce una tua canzone?

“Dipende dal tipo di canzone. Ad esempio “Ciò che abbiamo dentro” (nda. la canzone omonima al titolo dell’album) nasce tutta di getto e così come la senti adesso al pianoforte. L’ho scritta subito dopo esser tornato da Catania, dal mio primo live lì. Parla di ciò che sentiamo tutti insieme durante un live. È nata da cosa ho sentito e intendevo incollare in quella canzone. Ogni canzone ha il suo perché e il suo modo di nascere, un po’ come tutte le cose nel mondo. Non c’è una risposta precisa e non mi piace pensare che ci possa essere una risposta precisa”.

Qual è il messaggio a cui tenevi e che volessi emergesse dal disco?

“In questo disco ci sono più sfaccettature mie. Penso che in generale il filo che collega le canzoni del disco sono le tante emotività diverse. La cosa importante è che volevo far capire alle persone che mi circondano quanto loro effettivamente siano al centro di tutto questo perché senza loro non potrei fare cosa sto facendo e non potrei parlare a nessuno. Il loro ascolto per quanto loro pensino sia piccolo, in realtà è molto grande ed è una cosa molto importante. Infatti, ho scritto “Noi”, l’ultimo brano dell’album, che parla di noi, di loro e di tutto ciò che si è creato”.

In questo percorso ci sono stati haters? Come ti sei rapportato?

“Non ne ho visti tantissimi e non mi capita spesso. Ne avevo qualcuno quando ero ad Amici. In generale, semmai ci fossero, penso che ognuno sia libero di pensare ciò che vuole e di agire come meglio crede. Non sono pro all’odiare una persona perché non si sa il motivo in fondo. Questa è una parte del social che non mi piace. Fino a che non conosci una persona di presenza, secondo me non si dovrebbe odiare a caso sui social perché non ha un senso logico e non si conosce emotivamente ed empaticamente quella persona. Raramente mi è capitato di avere haters, quindi non posso parlare per me. Sono felice anche di questo”.

Nel disco c’è tanto amore anche se con varie sfumature. Come si declina per te l’Amore adesso?

“Essendo una cosa così grande l’Amore, non te lo saprei spiegare. In generale, vorrei stare bene. Come dico in “Mano ferma”, l’amore dovrebbe essere una cosa libera, senza dipendere da nessuno”.

Non posso fare a meno di chiedertelo: stai seguendo la nuova edizione di Amici? C’è qualcuno che apprezzi artisticamente?

“Sto seguendo anche se non tantissimo per via degli impegni. Ho visto che c’è una ragazza Angelina che per me è molto forte e mi piace”.

Ho visto che per diminuire il distacco tra te e le tue persone hai realizzato una felpa.

“Era nata come una cosa mia. Di solito mi capita di creare cose solo per me come bracciali o collane. Le persone li hanno visti e hanno iniziato a regalarmeli. Con la felpa è stata un po’ la stessa cosa. Mi sono tatuato degli angeli sopra il petto e sotto il collo. Volevo riportare la figura dell’angelo su una felpa che fosse mia. Mettendola, ho riscontrato una richiesta dalle persone. Allora ho cercato di realizzarla. La felpa è fatta con materiali ricercati prestando attenzione anche all’ambiente. Queste felpe sono un po’ un’unione nostra. Dalle felpe guadagno davvero poco perché ci sono tanti costi di mezzo. Le faccio per creare questo legame nostro e avere qualcosa che ci possa unire. Se una persona la indossa, la riconosco per strada ed è come se la conoscessi”.

Perché un angelo come tatuaggio e da mettere su una felpa?

“Da sempre ho visto l’angelo come una figura che non per forza è buona sempre, anche se rispetta tutti. La bontà si collega sempre alla purezza. L’angelo è una figura che nella mia testa è pura e fa quello che vuole con libertà. Nell’angelo c’è libertà di espressione, di modi di fare”.

Hai detto che scrivi in continuazione, mi pare di capire che continui a scrivere

“Sto ancora scrivendo. Scrivo spesso in generale e penso che non intendo smettere”.

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