Subito dopo il Festival di Sanremo, Alex Wyse ha deciso di riabbracciare il suo pubblico con un Instore tour partito da Milano il 28 febbraio e con il quale è arrivato in Sicilia con ben due date: la prima del 2 marzo a Catania e la prossima il 9 marzo a Palermo.
Alex Wyse ha raggiunto il secondo posto nella categoria “Nuove Proposte” del Festival di Sanremo con “Rockstar”, il brano con il quale ha conquistato il 51% dei voti del pubblico, confermando la sua straordinaria capacità di emozionare e coinvolgere e il grande legame d’affetto e di supporto tra lui e il pubblico.
Tra la data dell’instore a Catania e quella del 9 marzo a Palermo, abbiamo intervistato Alex Wyse. Ci siamo detti di darci subito del tu, mi ha confermato di stare bene e di essere rimasto affascinato da Catania e poi abbiamo parlato del Festival, delle canzoni e dei live che lo aspettano sia in Nord America con il progetto “Sanremo Giovani World Tour” sia in Italia il 24 maggio e il 26 settembre a Roma e Milano.
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L’intervista ad Alex Wyse
Sei reduce dalla data dell’instore tour a Catania, il 9 marzo sarai a Palermo. La Sicilia è da sempre presente nei tuoi tour. Cosa hai imparato ad apprezzare dell’Isola che ti è piaciuto?
La Sicilia mi è sempre stata a cuore perché tutti i miei nonni sono siciliani. Ho avuto un po’ di tempo, dopo la data dell’Instore, per fare un giro a Catania. Ho visto il centro ed è davvero una bellissima città.
Ti sei fatto catturare anche dai sapori tipicamente siciliani?
Mi hanno offerto degli arancini. Sono stato contentissimo di mangiarli perché al nord non sono come qui.
Quasi subito dopo il Festival di Sanremo sei partito con l’Instore tour per abbracciarti con il tuo pubblico. E il pubblico non è mancato nella tua prima esperienza sanremese, sostenendoti al televoto. Come spieghi questo flusso di affetto tra te e loro che negli anni è sempre più forte e inossidabile?
A me piace pensare che sia l’essere se stessi a premiare sempre. Penso che dipenda anche dal dare valore alle cose giuste come possono essere le persone che fanno questo percorso con te e vengono agli instore e ai concerti. Secondo me quelle devono essere trattate come le persone principali di tutto perché io, alla fine, faccio questo insieme a loro. Il mio rapporto è sempre stato il più vicino possibile. Da una parte sono anche le canzoni e cosa dico dentro le canzoni.
Parliamo del Festival di Sanremo. A distanza di settimane, qual è il tuo bilancio? C’è qualcosa di cui ti penti?
Assolutamente no! È stato un percorso lungo, partito da novembre. È stato tutto bello, rifarei tutto allo stesso modo. Per me è già una vittoria essere arrivato sul palco dell’Ariston, averci cantato sopra e aver dedicato la partecipazione a mia nonna che è siciliana e che non mi ha potuto vedere sul palco perché mi ha lasciato recentemente. Sono contento di tutto. Per me ho vinto, anche se non è successo.
Come canti in “Ammirare tutto”, credo sia quello il mood…
Esatto! L’avere tutto per ammirarlo senza per forza possederlo.
Sei arrivato secondo. Non è la prima volta per te in una competizione artistica. Questo numero due è una croce o una delizia?
Non la vivo come una sconfitta. Il Festival di Sanremo è una competizione gigantesca, però la vita e le cose grandi sono tutte fuori come gli instore e i live. Alla fine, la vittoria è sempre e sarà sempre quella. Sull’arrivare secondo, penso anche che sul palco di Sanremo abbia portato “Rockstar” in cui dico che “le rockstar non vincono mai”. Ed è un po’ quella cosa, sto usando quel motto per darmi forza. In realtà, non mi serve forza, al di là di quello che vivo. La forza sono tutte le persone.
A proposito di “Rockstar”, chi o cosa per te è rockstar?
Ho usato il termine rockstar per raffigurare la libertà. È un urlo a lasciarci andare, ad inseguire i nostri sogni e ad andare oltre ogni tipo di giudizio. Oggi, con i social, siamo molto sotto i riflettori sempre. Il paradosso è che abbiamo tantissima liberà dentro i social, ma a volte ci dimentichiamo il fattore principale della libertà ossia il rispetto delle persone e delle cose, soprattutto quando non le conosciamo. Rockstar è l’invito a quelle persone che si sentono giudicate, in generale in qualsiasi punto della loro vita, ad oltrepassare tutto perché bastiamo già per come siamo.
Ascoltando “Rockstar” e anche la precedente “Amando si impara”, si avverte qualcosa di diverso per musica e testo. È cambiato il modo di approcciare a scrivere canzoni? Cosa ha influito?
Una delle cose che influisce di più è proprio la crescita nella vita. Ascoltando cose nuove e vivendo anche nuovi momenti, ti vengono con naturalezza nuove parole e nuovi modi per dire qualcosa, anche con sonorità diverse. Sono sempre stato alla ricerca di nuovi suoni, nuove emozioni e nuove canzoni. Mi piace crescere insieme alle canzoni. Tante volte non rimango magari fermo a fare lo stesso tipo di musica. Mi piace evolvermi e sperimentare per quanto magari il mio essere rimarrà sempre fare canzoni ballad. Anche se mi piace spaziare, sperimentare e fare tanta ricerca.
Si è evoluto anche il tuo modo di stare sul palco. È come se tu abbia più consapevolezza di voler fare l’artista da grande. Mi sbaglio?
Penso che, come tutte le cose, più le fai e più prendi consapevolezza a tirar fuori tutto. È cambiato il mio approccio nel lasciarmi andare su un palcoscenico per quanto internamente mi senta sempre uguale, soltanto che piano piano riesco a mostrarmi sempre di più e dare più spazio alla mia libertà mentale e fare un po’ di tutto.
In “Rockstar” canti “odio quelle canzoni che non riesco a scrivere”. Quali sono?
Sono quelle canzoni già edite di artisti grandi che sarebbe stato bello scrivere e magari dedicare a quella persona. Per esempio “L’emozione non ha voce” di Celentano o tante canzoni di Battisti. Non è che le odio, però, è più una frase detta ad una persona che, quasi ascoltandole, sarebbe stato bello dedicartele e scrivertele per te come se fossero tue. Le odio perché non le posso dedicare come se fosse un’emozione mia che dedico, ma di un’altra persona che ha scritto per te. Non è odiare nel senso letterale.
Oltre a far musica, sei anche un ascoltatore. Quali sono le canzoni del Festival che hai in playlist perché ti sono piaciute o perché avresti voluto scriverle tu?
Me ne piacciono tante. Mi piacciono le canzoni di Lucio Corsi e di Olly. Mi piace anche la canzone di Rkomi che non ha avuto il credito che doveva avere mentre, secondo me, è una canzone scritta molto bene. E anche “Viva la vita” di Francesco Gabbani. Queste sono quelle che ho salvato.
Si parla tanto di giovani artisti, di musica “fast food” e di quali direzioni intraprendere per far sì che i giovani artisti non vengano schiacciati dal contesto e dalle pressioni per la performance e per la prestazione che possano esserci da più parti. Sei un giovane artista, come la vedi?
Al di là di tutto, la cosa principale rimarrà sempre essere sé stessi. Finchè insegui il tuo essere e alla base c’è sempre la tua personalità e la tua essenza artistica non sbagli mai – per quanto a volte ci possano essere degli sbagli legati all’uscita di una canzone – però, fino a che sei convinto e contento di quello che fai, non dovremmo guardare a tutte le cose attorno. Penso anche semplicemente che si debba far musica perché è una parte importante di quella persona, non perché la fanno tutti. Deve essere qualcosa che fai perché ne senti davvero la necessità. Quando le persone sentono quell’urgenza e quella necessità di far musica, forse riescono di più ad entrare dentro le tue canzoni.
So che sono passati tanti anni, ma credo che “Amici” resti sempre casa. Di questa edizione, c’è qualcuno che ti piace?
Non ho potuto seguire tantissimo perché preso da tante cose (nda. ride). “Amici” è stata la mia partenza per quanto musicalmente parlando, ho studiato e scritto tanto prima, però il mio inizio al pubblico è stato quello. Ed è stata una nascita, quindi, sarà sempre una mia casa. Ho guardato vagamente e, a pelle, mi piace Francesca, la ballerina.
Qualche giorno fa, hai aperto il concerto degli Zero Assoluto al Forum di Milano. Com’è nata la collaborazione con Matteo e Thomas? E com’è stato affacciarsi ad un pubblico che non è il tuo?
Affacciarsi ad un pubblico, come anche è stato con quello di Sanremo, è sempre una scoperta. Penso anche di portare delle canzoni che facciano bene a qualcuno. Spero di aver lasciato delle emozioni belle e un bel ricordo. Ho conosciuto gli Zero Assoluto un po’ di tempo fa. In realtà li ascoltavo. Conoscevo le loro canzoni perché mia madre le metteva in macchina e cantava. Tramite Claudio Ferrante, sono riuscito a mettermi in contatto con loro e ho avuto l’opportunità di aprire il forum.
Parliamo di concerti, da maggio partirà il “Sanremo Giovani World Tour”, un’opportunità sostenuta dal Ministero degli Affari Esteri e dalla Rai, grazie alla quale canterai in Nord America.
È bellissimo viaggiare in generale, vedere culture nuove e andare in posti nuovi. Prenderò qualcosa anche da quei posti per canzoni mie. È un’emozione gigantesca poter cantare fuori dall’Italia. Mi sprona anche a volerci ritornare un giorno e magari fare qualcosa di mondiale, canzoni anche in inglese.
A proposito di live, il 24 maggio sarai al Fabrique di Milano e il 26 settembre all’Atlantino di Roma. Come ti stai preparando? Cosa deve aspettarsi il pubblico da queste due date?
Questo è un segreto gigantesco! (nda ride) Ci saranno tante sorprese perché sono due live a cui tengo molto e non vedo l’ora di fare. Io, sicuramente, non me li dimenticherò. Ci metterò tutto l’amore che ho per far sì che rimangano indelebili.
Usciranno canzoni prima dei due live?
Io faccio canzoni per poi chiudere un album, ovviamente, perché questo è sempre stato il mio modo di fare le cose. Uscirà una canzone, ma non so bene quando.

