Alitalia, 534 lavoratori del Servizio clienti tra Palermo e Rende appesi a un filo

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Alitalia, 534 lavoratori del Servizio clienti tra Palermo e Rende appesi a un filo

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domenica 17 Aprile 2022

Una “costola” delle vicende dell’ex compagnia di bandiera che Salvo Ugliarolo, segretario generale Uilcom, racconta al Qds

Ad innestarsi nell’eterna querelle Alitalia, ce n’è un’altra, altrettanto spinosa e che riguarda più direttamente la Sicilia. Si tratta della gestione del Servizio Clienti, da vent’anni affidato in outsourcing e che ha avuto la sua base a Palermo, con una “appendice” calabrese a Rende, alle porte di Cosenza. Una “costola” delle vicende dell’ex compagnia di bandiera che Salvo Ugliarolo, 46 anni, palermitano e dal 2014 Segretario Generale Uilcom (dove “com” sta per “comunicazione”: in pratica, il settore dell’Unione Italiana del Lavoro che si occupa di tutto ciò che gravita attorno all’orbita dell’informazione e della telefonia) racconta al Quotidiano di Sicilia.

Segretario Ugliarolo, 534 lavoratori, in maggioranza di stanza a Palermo, ma alcuni anche in Calabria. stanno vivendo una situazione difficile.

“Lo scorso mese di agosto è scaduta la commessa che Alitalia aveva con Almaviva (l’importante realtà imprenditoriale italiana che opera nel settore della tecnologia dell’informazione e dei servizi di esternalizzazione) per la fornitura del Customer Service dell’ex compagnia di bandiera. A quel punto è la neocostituita Ita Airways ad indire il nuovo bando di gara. Ad aggiudicarselo, Covisian, altra azienda che opera nel settore delle telecomunicazioni. La quale, però, così come prevede la normativa, recepita successivamente anche con una clausola sociale inserita nell’ultimo contratto collettivo delle tlc – ha l’obbligo di assorbire i dipendenti del precedente fornitore che operavano su quella commessa, alle stesse condizioni, generando quindi continuità occupazionale. Oltre che territoriale. Ne scaturisce un faticoso accordo con Ita, sottoscritto lo scorso mese di ottobre presso il Ministero del Lavoro, che prevedeva l’immediato inserimento di circa 230 addetti su 534. I restanti (al momento ancora in carico ad Almaviva e in cassa integrazione a zero ore, ndr) avrebbero dovuto prendere servizio una parte nel mese in corso e un’ultima tranche dopo l’estate. Ma questi step li avevamo messi in conto: in fondo Ita è un’azienda in modalità start up, partita con 56 vettori aerei, diventati 76 a inizio 2022 per operare poi, in corso di anno, a pieno regime. È evidente che se aumentano i voli, la bigliettazione subisce un incremento e con essa le chiamate al call center”.

Adesso, invece, la doccia fredda.

“Esattamente. Di punto in bianco, circa dieci giorni fa, arriva la notizia della cessazione della commessa fra Ita e Covisian. Quale il motivo? Ovviamente ciascuno dei due “contendenti” sostiene che le responsabilità stanno dall’altra parte: Covisian dice che è colpa di Ita e viceversa. Nel mezzo, fra l’incudine e il martello, 534 lavoratori e lavoratrici (e altrettante famiglie) nuovamente in bilico dopo soli sei mesi”.

Ma Ita, dunque, in questo momento come sta gestendo il Servizio Clienti?

“E qui siamo al paradosso: in questi giorni la compagnia aerea ha incaricato un’importante società di selezione del personale di reclutare dipendenti per attività di inbound, outbound e back office da inserire presso la sede di Roma, offrendo un contratto a tempo determinato di tre settimane e un contributo una tantum per vitto e alloggio per coloro i quali provengano da fuori regione. Ma se il tuo intendimento è quello di reinternalizzare un servizio, perché ad agosto bandisci una gara per mantenerlo in outsourcing e poi ci ‘ripensi’, andando, oltretutto, a generare un dramma sociale per due territori come Calabria e Sicilia già devastati dalla piaga della disoccupazione? Una vertenza e un braccio di ferro che auspichiamo possa sfociare in un esito positivo nell’incontro previsto presso il Ministero del Lavoro (che, ricordo, è il garante dell’accordo di ottobre), tra Ita, sigle sindacali, Covisian e Almaviva, la prossima settimana. È inconcepibile in un Paese come l’Italia che una società a capitale pubblico crei, in un momento storico come questo, simili tensioni al mondo del lavoro”.

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