In quest’anno elettoralistico, i siciliani saranno bombardati dalle promesse dei partiti che li hanno governati e di quegli altri che, essendo stati all’opposizione, effettuano anch’essi tutta una serie di promesse, criticando aspramente l’altra parte che è stata inadempiente.
A nostro sommesso avviso si tratta di parolai che, da un canto, non hanno mantenuto fede agli impegni e, dall’altro, quando erano al governo (ci riferiamo a Crocetta presidente) non hanno combinato niente di positivo.
Ma allora gli elettori siciliani cosa possono fare? Metà di essi non va a votare, disinteressandosi della Cosa pubblica e ritenendo del tutto inutile il suo voto. Dell’altra metà, una parte minoritaria è coscienziosa, cerca di individuare nei possibili candidati delle persone per bene, rispettose degli impegni assunti, quindi meritevoli del consenso elettorale. La più parte di questa metà, invece, voterà secondo la cultura del favore, cioè perché quello o quell’altro gli ha chiesto il voto.
La società civile non è in grado di esprimere un candidato al di fuori delle parti che sia riconosciuto per le sue capacità, per la sua esperienza e per la sua energia, che sia in condizione di ribaltare questa situazione asfittica e fare intraprendere alla nostra Isola – scrigno di immensi tesori non sfruttati – la strada dello sviluppo, della crescita e della massima occupazione. Insomma, occorre che l’economia regionale, oggi dipendente forse per tre quarti dal settore pubblico, si sganci da questa dipendenza e cammini con le proprie gambe.
Per camminare occorrono le infrastrutture, soprattutto quelle ferroviarie, nonché stradali, autostradali e portuali. Poi occorre mettere a reddito il bilancio regionale, cioè facendo una rigorosa spending review, eliminando tutte le sacche di assistenzialismo (che non significa non assistere i veri bisognosi) ed intraprendendo decisamente la via degli investimenti in attività produttrici di ricchezza e occupazione.
Fra queste, bisogna sostenere e sviluppare fortemente il turismo mediante l’attrazione di circa mille fra congressi e convegni nazionali, che porterebbero alla Sicilia fino a dieci milioni di pernottamenti.
L’attività di promozione turistica dovrebbe essere sviluppata anche all’interno dell’Isola, facendo conoscere ai poco meno dei cinque milioni di abitanti tutti i tesori esistenti, fra cui sette siti patrimoni dell’Unesco più quattro siti di patrimonio immateriale.
Come? Promuovendo il turismo interno – l’abbiamo scritto più volte – facendo muovere per attrazioni gli occidentali verso l’oriente, gli orientali verso l’occidente, i nordici verso il sud ed i sudisti verso il nord; ovviamente transitando per il magnifico centro della Sicilia, nel quale vi sono tantissime cose importanti da vedere.
Per fare quanto precede occorre cambiare la mentalità accattona e mendicante di molte decine di migliaia di siciliani e cercare di stimolare negli altri l’orgoglio della nostra storia e della nostra tradizione, esaltare le capacità di chi le possiede, offrire potenzialità e spunti per metterle a profitto.
Anche in questo modo si potrebbero attrarre tutti quei giovani che, invece, se ne vanno, depauperando la potenzialità dell’Isola.
Occorre, quindi, una personalità al di fuori delle politiche spartitorie e degli inutili partiti, capace di prendere in mano la situazione: un Draghi bis.
Ce ne sono in Sicilia? Noi ne abbiamo individuati almeno due o tre, ma bisognerebbe andare da questi e chiedere loro il sacrificio di spendere le proprie capacità, il proprio tempo e le proprie energie per la Sicilia. Siamo convinti che se qualcuno di essi accettasse, lo farebbe a titolo gratuito, non pretendendo alcun compenso e sapendo che il proprio sacrificio sarebbe utile non solo agli attuali abitanti dell’Isola, ma anche alle future generazioni.
Siamo altrettanto convinti che a questi partiti non passi neanche per la testa la soluzione prospettata, ma noi l’abbiamo voluta scrivere perché non si possa dire in futuro che non c’era alternativa a prendere un qualunque caprone e a farlo diventare presidente della Regione (ovviamente non ci riferiamo all’attuale).