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VIDEO | Allarme dal report Cna: pressione fiscale alle stelle per le Pmi siciliane

Le Pmi siciliane subiscono una pressione fiscale superiore alla media nazionale. A riferirlo è l’ultimo rapporto “Comune che vai, fisco che trovi”, redatto dall’Osservatorio sulla tassazione delle piccole imprese della Cna. Una fotografia impietosa quella che emerge dalle statistiche, perché è proprio in Sicilia, secondo la Cna, che si registra la città con la pressione fiscale più alta d’Italia: Agrigento.  Qui il Total tax rate è pari al 57,4%. Un dato che diventa simbolico dell’intera questione: laddove si produce poco, si paga di più; e dove si paga di più, si produce ancora meno, alimentando un circolo vizioso che indebolisce il tessuto economico dell’Isola. Tradotto: fare impresa nell’Isola non conviene, soprattutto per le piccol e medie imprese, la spina dorsale dell’economia italiana. 

La Sicilia e il peso del fisco: un divario strutturale che penalizza le imprese 

Questo perché in Sicilia il Total tax rate medio si attesta al 53,1%, quasi un punto percentuale sopra la media nazionale del 52,3%. È una differenza apparentemente contenuta, ma che nel quotidiano si traduce in un carico fiscale superiore per aziende che già operano in un contesto competitivo molto più fragile di quello del Centro-Nord. Il fisco, in Sicilia, pesa di più perché si aggiunge a una serie di criticità ormai croniche: infrastrutture carenti, collegamenti deboli, logistica costosa, servizi pubblici spesso inefficienti, tempi di autorizzazione più lunghi, minore accesso al credito. Il mercato interno, poi, è meno dinamico: consumi più bassi, minore densità industriale, maggiori difficoltà nel reperire manodopera qualificata. Tutti questi elementi concorrono a rendere il carico fiscale non solo più pesante, ma anche più difficile da sostenere.  L’Imu sugli immobili produttivi è una delle voci più gravose: edificio, laboratorio e negozio incidono in modo significativo sui conti di un’impresa già provata dall’aumento generale dei costi. Le addizionali regionali e comunali rappresentano un’altra parte consistente del prelievo, spesso più alta rispetto a quella praticata in altre regioni. Così come la Tari. Il risultato è che una piccola impresa siciliana produce ricchezza in un contesto che non solo offre meno opportunità, ma che allo stesso tempo ne assorbe una quota maggiore sotto forma di tributi. Il Tax free day, cioè il giorno simbolico in cui l’imprenditore inizia a lavorare per sé stesso, arriva generalmente più tardi rispetto alla media italiana: la stima partirebbe dalla metà luglio in poi. 

L’analisi dei capoluoghi: la mappa siciliana della pressione fiscale 

Il rapporto Cna dedica un focus dettagliato ai capoluoghi siciliani. I risultati mostrano una distribuzione disomogenea, con divari anche superiori a 6 punti percentuali tra città vicine.  Agrigento rappresenta il caso più eclatante: con un Total tax rate del 57,4%, è il capoluogo più tassato d’Italia. Il Tax free day arriva il 28 luglio, cioè dopo quasi sette mesi di lavoro destinati solo a coprire imposte e contributi. Catania segue con un Total tax rate del 54,9% e un Tax free day il 19 luglio. Anche qui si lavora oltre metà anno prima di vedere un margine per l’impresa. Poi troviamo Messina, con il 53,9% di pressione fiscale e un Tax free day fissato al 15 luglio. La città dello Stretto paga soprattutto Irpef e addizionali, oltre a un’imposta sugli immobili produttivi più alta della media nazionale. Trapani, al 52,7%, con Tax free day l’11 luglio, si avvicina alla media nazionale pur restando sopra la soglia del 52,3%. La struttura produttiva trapanese, fatta di microimprese, artigianato e turismo stagionale, vive un equilibrio delicato tra costi fissi e ricavi altalenanti.  Siracusa e Caltanissetta condividono lo stesso livello di pressione fiscale: 52,4%, con Tax free day il 10 luglio. Nel siracusano il peso dei tributi locali e della Tari è noto da anni; nel nisseno i costi immobiliari e la tassazione sui servizi incidono pesantemente. Sotto la media nazionale si collocano invece EnnaPalermo e Ragusa. Enna, con il 50,9%, fissa il Tax free day il 4 luglio. È la città meno tassata dell’Isola e una delle meno gravose del Mezzogiorno. Palermo si ferma al 51,7%, con un Tax free day il 7 luglio: un dato in parte attenuato da una struttura tributaria comunale più equilibrata rispetto ad altri capoluoghi.  Ragusa, con il 51,9% e un Tax free day l’8 luglio, beneficia da anni di un sistema più favorevole agli investimenti, frutto anche di una tradizione amministrativa più attenta alla programmazione economica. 

Come va nel resto d’Italia 

A livello nazionale, il 2024 registra un lieve arretramento della pressione fiscale media sulle piccole e medie imprese: il Total tax rate passa dal 52,8% al 52,3%. Un miglioramento marginale che non modifica il quadro d’insieme, perché le differenze tra territori restano molto ampie e spesso arrivano a superare i 10 punti percentuali. In Italia, la piccola impresa continua a essere l’ossatura del sistema produttivo: un modello diffuso, polverizzato, spesso a conduzione familiare, che sostiene l’occupazione locale ma che allo stesso tempo risulta più esposto ai costi strutturali – energetici, logistici, burocratici – e meno attrezzato per reggere un prelievo fiscale così elevato. Il report della Cna utilizza un’“impresa tipo” per calcolare la pressione effettiva: una realtà artigiana individuale con laboratorio di 350 metri quadrati, negozio di 175 metri quadrati, un valore immobiliare pari a 500 mila euro, macchinari e un automezzo per il trasporto conto proprio. Su questa base vengono misurati tributi erariali, regionali, comunali e contributi previdenziali, inclusi Irpef, Irap, addizionali locali, Imu e Tari. L’Italia che emerge dal report è un Paese in cui la pressione fiscale continua a essere particolarmente onerosa per chi produce reddito attraverso attività artigiane o commerciali. I segnali di alleggerimento, pur rilevanti sul piano statistico, non bastano a compensare il peso crescente di altre voci di spesa obbligatoria. Il risultato è che, anche nelle aree più dinamiche del Paese, la soglia di sostenibilità resta labile. 

Le possibili soluzioni e la sfida del riequilibrio territoriale 

Nel report, la Cna propone alcune direzioni di intervento per allentare la morsa della tassazione sulle Pmi, soprattutto nel Mezzogiorno. La riduzione delle imposte locali sugli immobili e sui rifiuti resta una priorità: Comuni e Regioni potrebbero adottare misure temporanee o permanenti per ridurre il carico fiscale in aree svantaggiate. La revisione dell’Irap per micro e piccole imprese – o la sua abolizione – rappresenterebbe un altro importante alleggerimento, soprattutto per le attività individuali. La semplificazione fiscale, con l’obiettivo di rendere più omogeneo il prelievo tra territori, è una delle richieste principali della Cna. Il nodo più complesso resta quello strutturale: la Sicilia non soffre solo per un livello di tassazione più alto, ma per un sistema economico meno competitivo che rende il peso dei tributi ancora più gravoso. Le soluzioni possibili non riguardano solo il fisco, ma l’intero contesto produttivo: infrastrutture logistiche più efficienti, impianti per il trattamento dei rifiuti più moderni, servizi pubblici più efficaci, un sistema di trasporti integrato, un miglior accesso al credito, incentivi all’innovazione. 

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